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Regionalismo differenziato. In Germania hanno abbattuto i muri noi li vogliamo alzare

di Davide Sartori

08 MAR - Gentile Direttore,
come cittadino desidero ringraziare coloro che con passione civile si sono spesi per metterci in guardia sui pericoli del regionalismo, mi riferisco agli interventi su queste pagine e all’iniziativa tenutasi a Roma il 23 Febbraio dove si son visti i professionisti della salute uniti in una bella alleanza in difesa del diritto alla salute.
 
L’Italia, nonostante i mali del nostro tempo, rimane una nazione generosa e ricca dei migliori sentimenti di umanità, incapace di rimanere in complice silenzio. Una comunità che comprende l’importanza di includere e tessere trame di convivenza solidale nei momenti di crisi sociale ed economica.
Personalmente ritengo il regionalismo un frutto crudele che scaturisce da emozioni tormentate che serpeggiano nella nostra comunità. L’inquietudine, la paura, la precarietà sono esitati in una concezione solipsistica della società che, scegliendo di ripiegarsi su se stessa, vuole disancorarsi dall’Italia povera.
 
Se andasse in porto, rappresenterebbe una delle più importanti “riforme” di sistema fatte negli ultimi decenni. E’ stato stimato che sposterebbe ingenti risorse a favore di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna a discapito delle altre regioni. Il calcolo per determinare il fabbisogno di spesa, sarà parametrizzato anche al gettito fiscale, alla ricchezza locale. Per godere di diritti sociali di buona qualità, pertanto, non basterà più essere italiani, ma bisognerà avere la fortuna di abitare in una regione ricca.
 
Il regionalismo stravolge le basi giuridiche su cui si è fondata la Repubblica Italiana, in quanto espropria dalla competenza statale la gestione di quei servizi pubblici che tutelano i diritti sociali fondamentali. Prevede una delega totale e al buio al governo da parte del parlamento che invece dovrebbe essere l’unico organo che ha il diritto-dovere di legiferare sulle questioni decisive.
 
Nell’articolo del 2 marzo su QS, Luca Benci ci spiega che il regionalismo è di dubbia costituzionalità in quanto entra in rotta di collisione con i principi fondamentali della Carta.
I sei articoli della Costituzione cui Benci fa riferimento, ci consegnano una panoramica chiara e coerente dove sono definiti con precisione i capisaldi su cui essa si regge e, con altrettanta precisione, vengono indicati gli obbiettivi da perseguire da parte dei cittadini e dalle istituzioni, in primo luogo:l’uguaglianza e la pari dignità sociale.
 
Se si vuol attribuire un merito al regionalismo, è certamente quello di aver scosso le coscienze e portato attenzione sulla sanità. Un’opportunità questa da non dissipare e che dovrebbe esitare in una controproposta che, sulla base valoriale della Carta, ridefinisce la sanità pubblica, caratterizzata dal fatto di essere evoluta ed esente da ansie protezionistiche. Una proposta che la riqualifica e l’allontana dalle logiche politiche e amministrative clientelari o di stampo assistenzialistico che hanno contribuito in questi anni a indebolirla.
 
La sanità pubblica come esempio di “impresa” riformista che si propone come motore che concorre anche alla ripresa economica. Concreta e non demagogica che, partendo dalla definizione di un preciso e reale modello di sanità, lo replica fedelmente e indistintamente su tutte le regioni, perché coscienti del fatto che non ha senso l’esistenza di 20 diversi tipi di sanità. Questa difformità, oltre a generare disuguaglianze, fa lievitare i costi ai danni delle casse dello Stato.
 
Le Regioni, dovrebbero avere la saliente responsabilità di customizzare la sanità mediante appositi interventi, da applicare ai processi più a valle delle organizzazioni. Tale differenziazione sarà d’aiuto per sintonizzarsi con la popolazione di riferimento. La sfera delle competenze delle regioni deve essere funzionale allo sviluppo della prerogativa costituzionale di avvicinare le istituzioni ai cittadini, ma, l’azione di calibratura, non deve essere preponderante rispetto all’azione dello Stato.
 
Lo scopo di delegare alle Regioni precisi compiti è quello di migliorare l’accuratezza ed essere, pertanto, più attenti a cogliere gli elementi distintivi dei cittadini dei diversi territori, così da garantire a tutti il godimento di diritti sociali di qualità. E’ solamente in quest’ottica che deve essere sviluppato il regionalismo ed è quanto ci indica in maniera inequivocabile la Costituzione.
 
Ma all’Italia, al suo sviluppo sociale ed economico, servono ancora le aree disagiate? O serve piuttosto un progetto che miri a superarle. Serve ergere un muro per dividere ancor più l’Italia? La Germania negli anni 90’ ha abbattuto il muro ignominioso ed aveva capito che i dislivelli fra Est ed Ovest del Paese erano superabili esclusivamente con politiche di cooperazione propulsiva e “differenziata”. Oggi le divaricazioni fra Est ed Ovest non esistono più.
 
E’ arrivato il momento di  agire, così da scongiurare il rischio di far seppellire la Sanità Pubblica sotto un cumulo di parole, e soprattutto sotto un cumulo di scelte fallaci che metterebbero a repentaglio il suo futuro. Diamo voce ai cittadini tramite una proposta di legge, così come prevede la Carta nell’art. 71, dato che il Parlamento è stato esautorato.
 
Davide Sartori
Imprenditore di Parma

08 marzo 2019
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