Panti a Pizza: “Idee inconciliabili. Ma il confronto deve continuare”
di Antonio Panti
17 GEN -
Gentile Direttore,
ricorro alla tua abituale cortesia per tentare di chiudere questo scambio di idee
col Presidente di Bologna perché, ahimè, spetta ai soliti posteri l'ardua sentenza. Cessiamo questa disturna uggiosa ai più (quanti interessati? 80 sugli 800.000 tra i medici e gli infermieri che popolano questo nostro beneamato paese?). Tanto più che le cose (i paradigmi) subentrano e si affermano secondo che vuole la tecnica, la scienza e la società, non certo a causa delle nostre aspirazioni.
Confesso di aver sempre desiderato di diventare tralatizio, ma ha fatto velo a questa pretesa l'aver intrecciato una solida cultura storicistica con il desiderio di proiettare nel futuro i principi per me ineludibili di laicità.
Abbiamo idee inconciliabili, le sue fondate su una visione recriminatoria e retrotopica, come se gli accadimenti si conformassero al diritto vigente, mentre accade giusto il contrario. Nei fatti è la normativa vivente che accoglie una visione delle professioni sanitarie e dei loro necessari rapporti che è frutto dell'evoluzione storica della scienza e della tecnica e quindi dei nuovi bisogni sociali.
Cosa ne pensano i medici e gli infermieri? O, meglio, come agiscono nella prassi quotidiana? Ripeto, e son sicuro di essermi spiegato bene, che i protocolli toscani sono stati proposti da medici, che sono stati elaborati in tavoli interprofessionali, che sfido chiunque a dimostrare che abbiamo piegato la normativa alle nostre idee, infine a ragionare sul perché mai cinquecentomila interventi l'anno del 118 da dieci e più anni col "sistema toscano", non abbiano avuto alcuna censura o lamentela. E i medici mancano o no? Dove li troviamo migliaia di anestesisti o di specialisti in emergenza?
Perché un laureato in scienze infermieristiche che ha seguito apposito corso formativo non può praticare un iniezione di morfina su un mezzo di soccorso a chi ha una crisi stenocardica? Le diagnosi sintomatiche algoritmiche le fa anche il tecnico della lavatrice.
Ed ora Direttore, mi consenta di rivolgermi direttamente all'amico Pizza. Caro Giancarlo, tu parli di "oggettiva difficoltà in cui vengono posti i medici nell'espletamento dei loro doveri professionali e deontologici". I medici sarebbero a disagio di fronte a un'ambulanza col solo infermiere a bordo il quale potrebbe inserire una flebo al posto loro. Forse i medici italiani hanno un cuore più duro di quelli emiliani!
Ma mi accorgo di averti seguito in questo diversivo fuori del tempo! Hai, more gialloverde, spostato il problema, che non riguarda il ruolo degli infermieri che appassiona pochi amatori, ma concerne i limiti della giurisdizione disciplinare ordinistica, se superi o no l'architettura dello Stato, e se si possa disconoscere l'articolo 3 della Costituzione per cui gli eletti iscritti a un albo, rispetto a chi non lo è, sarebbero soggetti non solo al giudizio del popolo o all'azione della magistratura ma anche alle sanzioni del proprio Ordine, insomma meno "uguali di fronte alla legge".
Dovremmo ragionare su due cose, uno se i medici decidono loro le leggi dello Stato e le strade su cui cammina il progresso della scienza e della tecnica; due se sia opportuno seguire anche noi dirigenti (io sono un ex) la strada maestra della modernità politica di vellicare gli istinti degli iscritti.
Siccome già circolano le tesi degli Stati Generali della Medicina propongo di smettere di dissertare tra noi, sia pur così amabilmente, ma di predisporsi a un lungo costruttivo democratico confronto.
Antonio Panti
17 gennaio 2019
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