Sul contratto dei medici avanti e indietro senza costrutto
di Biagio Papotto
27 LUG -
Gentile Direttore,
complimenti, perché il Suo giornale offre quotidianamente temi davvero interessanti. Come accaduto ieri, ad esempio, con il pensiero del
collega Troise e con il resoconto
dell’incontro tra Governo e Regioni. Partiamo dal primo. Articolo valido, ben argomentato e con alcuni spunti condivisibili.
Peccato che…
L’integrazione presume due soggetti diversi, ma nella più comune accezione del termine – aggiungiamo noi – NON eguali o paritari tra loro, giacché si integra qualcosa IN qualcos’altro, se no si dovrebbe parlare più correttamente di “fusione”. Allora anche “sinergia” non dovrebbe essere considerata parola dissimile, atteso che NESSUNO può entrare in sinergia con se stesso. Per noi “sinergia” è la parola giusta. Vogliamo essere INTEGRI, non integrati.
Certo, si parla sempre di medici, ma è persino banale rilevare come la parte comune sia lo studio compiuto, e poi la capacità di rilevare sintomi e stilare diagnosi. I punti in comune, senza voler in alcun modo alimentare sciocche scelte di campo (“Honi soit qui mal y pense…”) e/o farisaiche misure di valenza, finiscono qui.
Ma, torniamo invece al fulcro del problema.
Se parliamo di “corazzate della medicina convenzionata” di fronte ad una “flottiglia di incrociatori leggeri” commettiamo almeno DUE errori.
Il primo è di definire in modo apodittico due realtà dissimili con termini di guerra (ohibò) e comunque di affidare loro un peso stimato in partenza. Iniquamente stimato.
Il secondo è il proclamare che il cambiamento debba riguardare soltanto la rappresentanza dei sindacati della dipendenza. In poche parole: “Il vostro modello è sbagliato”.
Mah… Potrà anche essere frammentato, parcellizzato, se vogliamo poco unito, ma occorre tener presente che esso è rappresentativo di professionisti che svolgono ruoli ben diversi, in realtà ben dissimili e solo vagamente paragonabili per consistenza numerica.
Ma questo, a ben vedere, conta solo fino ad un certo punto, stanti le profondissime – e comprensibili – differenze di impegno lavorativo che le due categorie offrono. Anzi: impongono.
La pluralità, signori, non è un mostro da temere o una patologia da combattere. Noi la pensiamo in modo contrario. E la penseremmo in modo contrario anche se i nostri iscritti fossero meno di quanti sono. E – udite, udite! – se fossero più di quanti sono. Non siamo certo noi quelli a cui fa comodo avere poche persone da convincere. No.
E’ del tutto ovvio che l’unione di forze favorisca il raggiungimento di risultati, ma questo non presuppone in alcun modo che debbano sussistere solo pochi interlocutori che pongono nella loro robustezza numerica il primo valore. I pochi che decidono per i molti richiamano sinistre analogie.
E a volte ottengono risultati pasticciati, mentre tante teste producono ottimi contratti…
E comunque…asserire una cosa come :”…sulle condizioni del nostro lavoro vogliono decidere tutti più di noi” provoca una domanda spontanea: non sarà mica la reazione di qualcuno che pensa “Vogliamo decidere noi per tutti loro”?
Parliamo piuttosto di contratti e di iniziative per appianare le difficoltà che ancora sussistono, per esempio nella CCNL della dipendenza.
Da alcuni mesi, ormai, proseguono a buon ritmo incontri tecnico/politici, ma la mèta sembra comunque non avvicinarsi in modo proporzionale. Lo sforzo, insomma, sembra produrre poco.
A questo punto, leggendo anche ieri, sul Suo giornale, le dichiarazioni del Sottosegretario in risposta alle domande dopo l’incontro presso il Cinsedo, ci viene il dubbio che siamo di fronte a manovre “gattopardesche”. Si agisce, si dichiara, ci si muove, ma le cose cambiano soltanto in teoria. Se non ci sono i soldi, se manca l’intenzione di stanziarne, se ci sono priorità diverse o ritenute più importanti dal Governo che si è da poco insediato…lo si dica apertamente.
I medici dipendenti dal SSN aspettano dal 2009 che si firmi un contratto che non per loro colpa è stato “dimenticato” fino ad oggi. I soldi sono pochi e si pretende anche di “spalmarli” secondo indicazioni politiche che non sono per noi accettabili. Ma noi abbiamo il coraggio di dirlo apertamente. E invece qui si tentenna, si accennano schermaglie, si tende e ritira la mano.
La CISLMediciè sempre pronta a discutere e partecipare ai tavoli di contrattazione, ma non è disponibile a recitare la parte dell’utile idiota per legittimare il trascinamento “sine die” di una contrattazione ormai persino imbarazzante per il ritardo che presenta, la trascuratezza con cui viene gestita e per le somme certo non esaltanti che porta con sé.
Tra pochi mesi dovremo rimetterci al lavoro con le nuove piattaforme e con un modello di SSN che noi da sempre immaginiamo all’altezza del ruolo che l’Italia deve avere e che – a parole – tutti sembrano condividere.
Senza, si badi bene, alcuna nostra apertura verso Regioni che possano marciare a velocità diverse, senza confusione tra i ruoli del personale, senza i pericolosi “vuoti” nelle dotazioni organiche, senza le carenze di posti per le specializzazioni, senza personale precario, senza esodi verso le strutture private.
Attendiamo – come sempre – la comprova delle buone intenzioni con comportamenti conseguenti: aperture politiche, un serio confronto, stanziamenti adeguati.
Perché altrimenti – si sa – di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno.
Biagio Papotto
Segretario generale Cisl Medici
27 luglio 2018
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