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Intramoenia e liste d’attesa. Riflessioni a margine sulla proposta toscana

di Corrado Catalani

13 MAG - Gentile Direttore,
la delibera della Giunta della Regione Toscana sulla Gestione Operativa finalizzata ad affrontare il problema delle liste d'attesa in chirurgia ed in particolare nella chirurgia oncologica è diventato il tema principale di discussione nella corrente settimana. Presentato dall'Assessore Stefania Saccardi come un “meccanismo nuovo” e dal Presidente Enrico Rossi come “una risposta a quanti dicono che la Toscana sta privatizzando la sanità” contiene molti elementi di interesse.
 
L'analisi sviluppata tempestivamente da Carlo Palermo, vicepresidente dell'Anaao, su alcuni aspetti generali è pienamente condivisibile. In particolare, sembrano rilevanti due punti: il fatto che, dati alla mano, si affermi che la causa dei lunghi tempi di attesa non è identificabile con l'attività intramoenia; la decisione di mettere risorse economiche all'interno del sistema pubblico per affrontare il problema.
 
Entrambi questi elementi corrispondono pienamente a quanto personalmente provo ad affermare da tempo: che le opinioni e le scelte in un ambito complesso come la sanità debbano essere supportate da dati e che, di conseguenza, anche l'interlocuzione sindacale debba poggiare su coordinate culturali e linguaggi nuovi; che il sistema pubblico ha al proprio interno riserve cui attingere tramite la riorganizzazione dei percorsi e la valorizzazione delle risorse professionali.

Non avendo avuto la possibilità di sviluppare un confronto nelle sedi qualificate con l'interlocutore istituzionale, potrebbe risultare utile esporre qui alcune considerazioni che integrino, sugli aspetti più specifici del provvedimento, quanto già detto da Palermo.

Aspetti generali. Chi ha consuetudine con la pubblicistica di carattere medico che ha ricadute anche sugli aspetti organizzativi dei processi assistenziali (linee guida, protocolli, sperimentazioni ecc.) non trova nel materiale al momento reperibile informazioni relative al gruppo di lavoro, al metodo impiegato ed una biografia consistente. Forse questo è meglio specificato nelle linee di indirizzo che, però, al momento non è dato di conoscere.

Il linguaggio. Il linguaggio impiegato è abbastanza distante da quello proprio dell'health project management e molto ispirato all'organizzazione industriale ed al marketing, al punto da riproporre abbastanza fedelmente la traduzione di alcuni testi classici. Qualche asperità è avvertibile soprattutto nei passaggi in cui sono affrontati gli aspetti più strettamente operativi. Il rischio è che si percepisca una certa distanza fra chi ha strutturato il progetto e gli operatori coinvolti fino ad avvertire, soprattutto ad una analisi non troppo puntuale, il senso di trovarsi di fronte ad una ulteriore sovrastruttura. E questo è uno dei principali fattori interferenti nella riorganizzazione di processi complessi che coinvolgono un numero elevato di operatori per di più dotati di alti profili formativi e professionali.

Una nota di storia. L'Operations Management o Gestione Operativa (GO), come è stata ribattezzata, nella storia dell'organizzazione dei processi produttivi industriali non è roba nuova e nemmeno recente. Non è cosa nuova e nemmeno troppo recente anche nell'organizzazione dei servizi in generale (che sono qualcosa di molto diverso da un prodotto destinato al mercato) ed in particolare di servizi finalizzati a concorrere inmaniera determinante alla fruizione di un diritto come la salute.
 
Un fattore imprescindibile potrebbe essere il coinvolgimento reale (non formale!) che è leva motivazionale potentissima, non solo in senso strategico. Di rilievo il fatto che il finanziamento venga erogato con l'impiego di risorse della collettività da un decisore politico che dichiara esplicitamente di perseguire una finalità di potenziamento, appunto, del servizio pubblico e non da un imprenditore che investe capitali propri e di finaziatori. Altro elemento da considerare è il ruolo cruciale dei cosiddetti subsistemi i cui corrispondenti in sanità possono risultare di difficile integrazione.

Le domande. Se queste sono alcune osservazioni di carattere generale sul provvedimento adottato, contestualizzando all'attuale situazione, in particolare relativa alla rete ospedaliera toscana, emergono alcune domande ispirate al buon senso e a qualche elemento analitico più volte ribadito negli ultimi anni.
Perchè questo provvedimento nasce ora? Il problema delle liste d'attesa è noto da tempo; al punto che anche l'Agenzia Regionale di Sanità (A.R.S.) nel 2015 segnalò nel report annuale gravi carenze di risposta ai bisogni dei cittadini come elemento causale di disuguaglianza.
 
1) Perchè questo ritardo che fa assumere all'atto di giunta carattere emergenziale (rimarcato anche dall'ulteriore allungamento dei tempi di accesso agli interventi chirurgici nell'ultimo report della A.R.S.)? Il Sistema Sanitario Toscano (S.S.T.) negli ultimi anni si è dotato di quattro nuovi nosocomi ed ha modificato l'assetto organizzativo degli ospedali secondo il modello “per intensità di cure” senza pervenire ad un adeguato utilizzo delle modernissime sale operatorie. Poichè materiale relativo all'Operations Management in sanità circola in Italia da dieci anni ed oltre perchè non adottare il sistema prima?

2) Se la gestione di questo “insieme di procedure, di strumenti e di ruoli” definito appunto Gestione Operativa, richiede una forte spinta innovativa esiste in questo provvedimento adottato dalla Regione una collimazione con gli strumenti forniti dai contratti vigenti? E' opinione personale che la contrattazione nazionale, per quanto ferma da tempi biblici, abbia istituti adeguati per la extra-retribuzione delle prestazioni e per l'incentivazione (che non sono la stessa cosa) ma che i secondi siano stati largamente sottoutilizzati – in alcuni casi addiritttura non applicati – o impiegati fino ad ora in maniera difforme nelle diverse aziende, producendo sperequazioni che hanno toccato gli 8.000 euro pro-capite/anno per il fondo di posizione dei medici (ultimi dati forniti) ed in alcune aziende avanzi consistenti e documentati negli anni precedenti, nel fondo di risultato.

3) In altre sedi sono stati evidenziati importanti squilibri strutturali relativamente alla dotazione di posti letto per la degenza ordinaria e la degenza a ciclo breve nonché di personale dei vari profili fra le strutture ospedaliere. L'applicazione di questo sistema gestionale, considerato il sottodimensionamento soprattutto delle aziende territoriali rispetto alle aziende ospedaliero-universitarie, accentuerà ulteriormente la diversa capacità di risposta ai bisogni assistenziali chirurgici dei cittadini nelle diverse strutture? Il “bed management” in chirurgia reggerà, ad esempio, l'impatto delle ricorrenti epidemie influenzali che inevitabilmente dilatano il fabbisogno di posti letto nelle unità operative di area medica a svantaggio delle degenze chirurgiche?

4) Si ha notizia di alcune sperimentazioni di Gestione Operativa condotte nel Sistema Toscano. E' stata effettuata una valutazione puntuale dei risultati? Il fatto che in sede sindacale non ci sia notizia non esclude che ciò sia stato fatto. Ma se così è, perché i risultati non sono stati divulgati se anche non si è voluto portarli alla discussione?

Per concludere, alcune considerazioni che vorrebbero essere anche delle proposte di riflessione. Ci sembra utile arrivare a delineare con chiarezza l'orientamento che si vuole imprimere al Sistema Sanitario pubblico. Un fattore rilevante per tentare di compensare con le risorse disponibili la carenza di finanziamento potrebbe essere la rimodulazione strategica del binomio accentramento/ decentramento di alcune attività assistenziali.
 
Sullo sfondo l'annosa questione della distinzione fra eccellenza ed alta specializzazione, della rispettiva allocazione e del vitale miglioramento continuo delle competenze. In una regione dotata di tre sedi formative di livello universitario e sulla base dei moderni indirizzi della cultura medica occidentale sembrerebbe scontato un indirizzo che promuova con decisione una diffusione delle eccellenze in tutta la rete ospedaliera.
 
Per fare questo potrebbe essere necessario: analizzare e rivedere i profili concreti di svolgimento dell'attività nelle strutture operative al fine di rivedere e porre mano a vecchi schemi sopravvissuti che potrebbero ostacolare il pieno impiego del personale e le sinergie indispensabili (diagnostica a tutto i livelli, gestione della fase pre e post-operatoria, riabilitazione, follow-up ecc.), aumentare il numero di chirurghi operatori in grado di fare interventi complessi, finanziare progetti formativi di valenza professionale, rivedere l'accesso alla chirurgia robotica ed il suo impiego integrato con altre tecniche.
 
Il tutto richiederebbe una robusta ed incisiva programmazione che dovrebbe, però, guardare ed intervenire sull'intero percorso del paziente affetto da patologia oncologica piuttosto che su di un singolo processo.
 
Corrado Catalani
Segretario Regionale FP-CGIL Medici e
Dirigenza S.S.N. della Toscana  


13 maggio 2018
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