Gelli (Pd): “Ma quale ritorno alle mutue! L'obiettivo è garantire la futura sostenibilità del Ssn”
di Federico Gelli
22 MAR -
Gentile direttore,
ho letto
l’intervento del Prof. Cavicchi su Quotidiano Sanità nel quale si preannunciano scenari nefasti che porteranno, a breve, alla fine del Servizio sanitario nazionale così come lo conosciamo. Ho molto rispetto per la passione con la quale Cavicchi difende il nostro servizio sanitario, ciononostante, non posso non dissentire sulle tesi che un po’ troppo frettolosamente attribuiscono ai Governi italiani, ed in particolare al PD, la volontà di tornare ad un sistema mutualistico.
Questa volontà, in realtà, non c’è mai stata. E, infatti, come
scritto ieri un suo articolo, se si legge con più attenzione la ‘mozione Renzi’, si troverà un passaggio nel quale senza tanti giri di parole si dice sì di ripensare il welfare italiano, ma di farlo attraverso una scelta che vada “contro la categorialità e a favore dell’universalismo”. Le intenzioni mi sembrano evidenti. E penso, anche per il ruolo che ricopro attualmente in Parlamento, di essere nelle condizioni di poter interpretare il pensiero di Renzi sulla sanità in maniera più consona rispetto ad altri.
Ma non bastano certo queste ‘dichiarazioni di intenti’ contenute nella mozione a spiegare come per il nostro partito non ci sia niente di più lontano da una volontà di ricorrere a forme di “anti-universalismo”, come scrive Cavicchi nel suo articolo. Basti dire che, proprio con Renzi premier, il Governo è tornato ad investire nel settore: l’aumento costante del Fondo sanitario nazionale non può non esser visto come un segnale di inversione di tendenza rispetto agli oltre 30 mld di tagli registrati negli anni precedenti.
Stesso discorso possiamo poi fare per l'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza appena pubblicati in Gazzetta Ufficiale con i quali vengono aggiornate ed allargate - non certo ristrette - attività, servizi e prestazioni rese ai cittadini dal Ssn.
Senza poi dilungarmi troppo, ricorderei anche le misure in favore della non autosufficienza, quelle a contrasto della povertà, la riforma del terzo settore, nonché la prima legge nazionale sull'autismo. Il fil rouge di tutti questi interventi appare evidente: allargare la platea dei servizi e della presa in carico da parte dello Stato, e non certo smantellare il nostro sistema di welfare in favore di presunti interessi privati.
Discorso diverso è quello riguardante i cosiddetti fondi integrativi. Oggi siamo già di fronte ad un’ingente mole di spesa ‘out of pocket’, del tutto al di fuori da ogni logica sistemica che potrebbe permettere l’avvio di un Secondo Pilastro Sanitario, da intendersi rigorosamente non come un benefit per pochi o uno strumento attraverso il quale il quale promuovere il ricorso alle cure private, ma come un sistema di finanziamento aggiuntivo con il quale “intermediare” la spesa sanitaria rimasta a carico delle persone.
Affinché il sistema rimanga sostenibile e la qualità delle cure garantite non si riduca pur a fronte dell’aumento dei costi della sanità, si dovrà valutare quindi una diversificazione delle fonti di finanziamento attraverso l’intermediazione della spesa sanitaria già oggi pagata di “tasca propria” dai cittadini da parte di un Secondo Pilastro Sanitario diffuso. Argomento, questo, già avviato dai tempi della riforma Bindi. Costruendo, infatti, un sistema di Sanità Integrativa aperto a tutti, si potrebbe garantire un risparmio a ciascun cittadino dei costi che già oggi sostiene di tasca propria per curarsi privatamente.
L’importante è mettere in chiaro un concetto di base: non si tratta di scardinare il nostro Servizio Sanitario Nazionale ma, al contrario, di assicurarne la sopravvivenza nel futuro attraverso una riorganizzazione che consenta di riarticolarne le fonti di finanziamento. Il fine di tutto questo è la salvaguardia presente, ma soprattutto futura dell’universalismo del sistema, non il suo superamento.
Federico Gelli
Responsabile sanità PD
Commissione Affari Sociali della Camera
22 marzo 2017
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