Gli Opg, le Rems e il Marchese del Grillo
di Franco Vatrini
22 MAR -
Gentile Direttore,
in tema di malattia mentale, e senza bisogno di dover andare a scomodare alcune sentenze della Corte Costituzionale che lo affermano, nell'anno di grazia 2017 dovrebbe essere ormai del tutto evidente che non si possono giustificare misure tali da recare danno, anziché vantaggio, alla salute di un paziente. Non solo sono importantissimi i luoghi di cura, ma anche ciò che viene fatto per ridurre il carico della sofferenza mentale documentata.
Nel caso degli Ospedali psichiatrici giudiziari, durante il prolungato periodo transitorio prima della loro chiusura, si è intensificata l'attività convincitiva di quanti intendevano e intendono, a tutti i costi, far “pagare” penalmente il conto ai disabili psichici se autori pur inconsapevoli di un reato compiuto contro vittime innocenti e appartenenti, non di rado, alla medesima cerchia familiare.
Sia chiaro che i promotori di tale radicale innovazione del nostro Codice penale
non la chiedono per motivi di vendetta verso i rei/folli, ma affinché venga loro attribuita “pari dignità” con i rei/sani. Il diritto, insomma, di essere riconosciuti colpevoli, e liberi (in cella) di non assumere i farmaci (eventualmente) prescritti che, al contrario, nelle Rems sono meglio calibrati sul singolo paziente e, soprattutto, sono obbligatori!
Vorrei proporre due autorevoli esempi.
Il Dottor Franco Corleone (ex parlamentare ed ex Commissario governativo) non ha più cambiato idea rispetto a quando vent'anni or sono depositò, come unico firmatario, il suo disegno di legge n.151 che recitava: " Art.1 “
L'articolo 88 del codice penale è sostituito dal presente: Art.88 (Vizio totale di mente) - L'infermità psichica non esclude, né diminuisce l'imputabilità...L'articolo 89 - (Vizio parziale di mente) del codice penale è abrogato”.
Il tutto si basava, e ancora si basa, sulla pretesa transitorietà dei disturbi mentali. Molti familiari vorrebbero che fosse vero, ma non è così perché la malattia può evolversi presentando segni di recupero, stabilizzazione, regressione, peggioramento. Malattia che il Dottor Corleone nel 1996 affrontava “mediante la previsione di strutture sanitarie, nell'ambito del carcere, idonee alla cura dei disturbi psichici
...”.
Sulla stessa linea si è posta da almeno tre anni la senatrice Nerina Dirindin che dal
proprio sito sostiene che: “
È necessario modificare il codice penale eliminando la non imputabilità per malattia mentale. Le persone con disturbo mentale devono essere imputabili, come gli altri cittadini. Una persona che ha un disturbo mentale e commette reato deve poter essere processata ed eventualmente condannata. Una volta che il processo è avvenuto, deve scontare la pena. Se deve andare in carcere, andrà in carcere...”
Senza nulla togliere all'impegno che il Dottor Corleone e la senatrice Dirindin hanno profuso, insieme ad altri, sul tema degli Ospedali psichiatrici giudiziari, a me pare che l'ago della bussola del loro agire sia rimasto orientato verso l'obiettivo della rottamazione di un principio di civiltà condiviso nel mondo.
Pur non essendo né un sacro né un intangibile dogma. Tanto per dire, nel gennaio 2013 i componenti della Commissione di inchiesta “Marino” nella loro relazione conclusiva hanno indicato la modifica della legge sulla non imputabilità come un “approdo necessario”, ma “
successivo” alla prioritaria “individuazione nell’ambito dei Dipartimenti di salute mentale, di idonei servizi territoriali e comunità protette ad elevato tenore sanitario, caratterizzati dall'applicazione di una misura di sicurezza davvero proporzionale e adeguata al livello di pericolosità sociale, ma anche compatibile con il diritto alla cura più adeguata al recupero della sofferenza mentale, che è il primo e più importante obiettivo”. Servizi territoriali ai quali appartengono le Rems, ma non le celle.
Ciò premesso, e passando alla cronaca di alcuni episodi avvenuti nell'arco degli ultimi mesi, ricordo che per i componenti della Commissione giustizia del Senato il calendario dell'ordine dei lavori, di fine luglio scorso, prevedeva ancora cinque sedute per esaminare e votare gli ultimi emendamenti al testo del disegno di legge riguardante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario.
Ddl corposo e da oltre un anno all'esame del Parlamento, prima alla Camera e in quel momento al Senato. Solo che, tra il lusco e il brusco, com'è come non è, il 26 luglio comparve un emendamento, orientato a dovere, presentato materialmente dal relatore (senatore Cucca) e scritto per imporre la
"destinazione alle sezioni degli istituti penitenziari" di tutte le persone che non fossero state prosciolte in via definitiva. Riservando a queste ultime, ed esclusivamente a loro, la destinazione alle Rems regionali di competenza.
Sul perché i malati sarebbero stati costretti ad attendere la sentenza definitiva in cella, o giù di lì, lo spiegò ufficialmente a voce la Presidente della 12ª Commissione (igiene e sanità) senatrice De Biasi: “
Perché la lunghezza dei processi, insomma le cose che noi sappiamo della giustizia, possono determinare la presenza in una Rems per tempo indefinito delle persone in attesa di giudizio”. Se il motivo è chiaro, la soluzione a me pare semplicemente grottesca.
Per gli altri disabili psichici, come ad esempio i detenuti divenuti tali in carcere per l'aggravarsi della loro malattia mentale, neanche parlarne di poterli curare in una Rems. A loro, oltre che al suicidio, non sarebbe rimasta che l'aleatoria opzione di poter fruire di “strutture sanitarie, nell'ambito del carcere, idonee alla cura dei disturbi psichici dei detenuti.” Come vaticinato dal Dottor Corleone fin dal lontano 1996. Strutture, che però, stando ai più recenti rapporti (di Antigone ad esempio), o non esistono o non possono svolgere il compito loro assegnato, e le poche eccezioni confermano una realtà assurta a regola.
La successiva cronaca racconta che il primo di agosto 2016 il più che sponsorizzato emendamento Cucca si liquefò al sole, e la senatrice Dirindin ne attribuì la causa alla “ concitazione della fine dei lavori delle ultime settimane di luglio”(leggi ferie). Ma forse no, visto che il subemendamento uguale e contrario della senatrice Mussini, subito presentato per contrastare l'emendamento Cucca, ottenne il voto favorevole ed il passaggio in Aula. Tra lo sconcerto e lo stridore di denti della sempre più autorevole coorte di persone che si battono per eliminare quello che chiamano il “doppio binario” che separerebbe i rei sani dai rei/folli. Vale a dire, l'asserito poco dignitoso proscioglimento per incapacità di intendere o di volere di chi al momento del fatto non era in grado di intendere o di volere. Per lo stesso reato, si applichi lo stesso articolo del Codice Penale, ohibò!
Di lì a poco, (il 20 settembre) l'aula Nassirya del Senato ospitò una conferenza (testo allegato ) dove fu data notizia della presentazione di un nuovo emendamento. Del tutto analogo nel primo comma a quello del senatore Cucca, e del tutto gesuitico (in senso figurato) e autolesionista nel secondo. Con la richiesta al Governo di fornire la “
garanzia dell'effettiva idoneità delle sezioni degli istituti penitenziari ad assicurare i trattamenti terapeutici e riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigenze individuali di ciascun soggetto e nel pieno rispetto ecc.ecc.”.
Durante la conferenza, la senatrice Dirindin auspicò che al Senato “qualora fosse messa la fiducia sul procedimento, faccia parte del maxiemendamento”. Auspicio azzeccato a metà perché la fiducia è stata realmente posta il 15 marzo di quest'anno e il maxiemendamento governativo ha ottenuto la maggioranza dei voti . Al comma d) del punto 16 non è però comparso l'emendamento Dirindin, De Biasi, ma è stato confermato il subemendamento Mussini.
Dal giorno successivo, penso di non essere stato il solo a notare la ripresa intensa della campagna mediatica a base di malcelati timori e di slogan. Primo fra tutti quello di tornare indietro di anni (alcuni dicono venti; alcuni dicono trenta) a causa dell'asserito riproporsi dello spirito perverso dei cinque OPG maschili. Sigillati, a dire il vero, da pochi giorni e che altro non erano che delle pessime carceri per prosciolti.
“Ospedali”, si fa per dire, caratterizzati "dall'assenza di cure specifiche, l'inesistenza di qualsiasi attività educativa o ricreativa e la sensazione di completo e disumano abbandono del quale gli stessi degenti si lamentavano. I degenti nella assoluta indifferenza, oltre ad indossare abiti vecchi e sudici, loro malgrado, si presentavano spesso sporchi e maleodoranti” (Commissione di inchiesta “Marino”).
Tanto per saperlo, e concludo: siccome è del tutto probabile un terzo emendamento fotocopia dei primi due, e siccome gli edifici di alcuni dei cinque OPG maschili stanno per essere riproposti come patrie galere: potrà abbastanza facilmente accadere che qualche folle/reo recidivo (pur se autore di un reato “bagatellare” conseguente a un comportamento socialmente inappropriato) ritorni come detenuto nella stessa cella dove tempo prima aveva vissuto, molto male, da internato. Da prosciolto cioè.
La senatrice Mussini afferma che il suo è “un testo aperto per trovare soluzioni alla diversa tipologia di malati nel rispetto però dell’articolo 32 della Costituzione”. Perché non deve ricevere il credito che le appartiene?
Da familiare sono convinto che noi tutti, indistintamente, non dovremmo pensarla o dare l'impressione di pensarla come il Marchese del Grillo.
Franco Vatrini
(Familiare-Brescia)
22 marzo 2017
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