Lombardia. Creg e delibere sulla cronicità. Tutti i dubbi dello Smi
di Enzo Scafuro
15 FEB -
Gentile Direttore,
la Lombardia è una regione strategica per i futuri destini della sanità pubblica italiana, un laboratorio dove si misura anche la difficile relazione con la Medicina Generale, tra crisi di identità, azzardate sperimentazioni e difficoltà di comunicazione. Ne è prova evidente
l'ultima delibera regionale, denominata: “Governo della domanda” (6164 del 30-01-2017), nella quale si prevede la presa in carico di pazienti cronici e fragili a “gestori erogatori” privati.
Si compie, così, in Lombardia un ulteriore passo verso lo smantellamento del Servizio Sanitario Regionale pubblico, possibile anticamera di iniziative future che verranno prese anche a livello nazionale.
Questo cambiamento che viene definito “epocale”, è stato favorito dal comportamento complice del Governo Nazionale che nel 2015, non solo non si oppose alla legge della regione Lombardia la n. 23 ma le conferì anche la patente di “sperimentale”.
Si aprirono così le porte a un processo di privatizzazione del SSN e allo strapotere delle singole Regioni in assenza di una cornice nazionale, entro la quale doversi muovere.
Il tutto a scapito dei principi di Uguaglianza, Universalità e Globalità.
In questo contesto matura una ulteriore perdita di ruolo del medico di medicina generale, da tempo considerato dai governanti regionali come figura non più al centro del progetto di salute dei cittadini, ma marginale e forse persino dannoso a queste politiche.
Non possiamo dimenticare, in questa situazione, la battaglia sostenuta da alcuni sindacati fortemente rappresentativi per obbligare le strutture pubbliche e private accreditate ad utilizzare i ricettari del SSR per la prescrizione di esami e non solo. Se da una parte è vero che in tale modo si rendeva possibile individuare i responsabili della spesa sanitaria, dall’altra era innegabile che nello stesso tempo si abdicava al ruolo di governo della domanda, che oggi viene assegnato a soggetti terzi.
Come, infine, non ricordare l'avvento dei CReG. Il progetto sin dalla sua nascita marginalizza la medicina generale, come dai desiderata della politica, perché si considera inadeguata alla presa in carico dei pazienti cronici; anche in quel caso con la complicità di qualche sigla che sostenne l’iniziativa aprendo di fatto la strada alla tariffazione a budget delle patologie croniche che costituisce l’architrave sui cui si basa la legge 23/2015.
Quanto più grandi sono i numeri di rappresentatività sindacale tanto più grandi sono le responsabilità delle scelte che hanno portato all’attuale situazione.
A chi ora si agita e, tardivamente, protesta per impedire la fine della medicina generale consigliamo di leggera “Il principio della rana bollita" di Noam Chomsky e di meditare con attenzione, perché gli errori quando si ripetono in maniera lenta, ma costante nel tempo portano ad una inevitabile deriva.
La gestione della cronicità rappresenta un banco di prova per la medica di famiglia che deve recuperare il suo ruolo senza essere costretta ad aderire a cooperative di dimensioni sempre più ampie per concorrere con i colossi della sanità privata.
Il Medico di Famiglia deve continuare a poter gestire la cronicità anche compilando personalmente il Piano Assistenziale Individualizzato ( PAI ) qualunque essi siano i livelli di stratificazione dei pazienti cronici che sono stati definiti.
Per difendere il sistema sanitario, che deve rimanere pubblico, nella erogazione dei percorsi assistenziali previsti, occorre trovare momenti di collaborazione e di organizzazione con le ATS (Agenzia di Tutela della salute)e le ASST (Azienda Socio Sanitaria Territoriale), anche nella creazione per esempio di un centro servizi e di una piattaforma informatica aziendale che permetta ai vari attori di interagire in tempo reale.
Non è forse questo che la delibera regionale prevede? Presa in carico, accesso alla rete dei servizi, integrazione, evitare la frammentazione dei percorsi di cura. Non è forse sempre quello che abbiamo richiesto ai decisori politici?
Lasciare che i gestori privati, così come definito dalla delibera regionale, concordino con i pazienti il Patto di Cura e predispongano il PAI senza che il medico di medicina generale possa modificarlo, significa, di fatto, abolire una legge nazionale che affida ai MMG la titolarità della scelta operata dal cittadino.
Continueremo a confrontarci con la Regione perché gli errori del passato nella gestione della cronicità non si ripetano, senza tralasciare però di segnalare eventuali profili di incostituzionalità della DGR 6164 sulla cronicità dello scorso 30 gennaio.
Noi siamo pronti a a metterci in gioco per dei servizi sanitari che non rincorrano solo la malattia ma che premi e promuova la salute dei singoli assistiti; purtroppo le delibere regionali che si sono rincorse dal 2015 ad oggi nel nome di una equivoca “sostenibilità economica”, di fatto hanno sempre portato ad un definanziamento del pubblico e della medicina generale.
Enzo Scafuro
Segretario regionale SMI Regione Lombardia
15 febbraio 2017
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