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Il fosforo “portatore di luce” e la ridondanza prescrittiva consapevole

di A. Camerotto, V. Truppo, R.Mencarelli (Progetto Ermete)

27 GIU - Gentile direttore,
il fosforo (P) in natura non esiste allo stato elementare. L’etimologia greca, da phos (luce) e fero (portare), “portatore di luce”, ne chiarisce il motivo: essendo lo ione estremamente reattivo si combina con l’ossigeno formando il fosfato PO43- (determinabile nel sangue) con l’emissione di una radiazione luminosa.
Assente nell’universo, è invece presente per legge con il codice 90.24.5 nel nomenclatore tariffario, un paio di righe sotto il fosfato (codice 90.24.3) e quindi, come LEA, i medici lo prescrivono non afferrando la differenza tra i due.
 
Questo esempio di ridondanza ci introduce alle parole di Ivan Cavicchi in QS 21 giugno 2016 (Salviamo Chirone dalla medicina amministrata): “il medico per fare una diagnosi procede per tentativi ed errori, è costretto a correggere delle scelte, ad aggiornare le sue analisi di fronte a dati inattesi. Quindi nella clinica un grado relativo di ridondanza prescrittiva aumenta la probabilità di fare diagnosi”.
 
Condividiamo completamente l’assunto ma, e Chirone è sicuramente con noi, a condizione che le scelte siano razionali e quindi la ridondanza, fondata su un pensiero logico, sia ridondanza consapevole.
 
Ritorniamo quindi sempre al punto di partenza (QS 6 giugno 2016): alla luce dei fattori che interagiscono e influenzano la decisione (quantità e qualità della conoscenza necessaria in medicina, gestite da un sistema neuronale affetto da bias cognitivi) quanto effettivamente può definirsi libera, autonoma e discrezionale la scelta di prestazioni?
 
E’ un aspetto ovvio, socratico, ma nel riproporlo ci sembra di dover far accettare l’inaccettabile.
 
Nel 1981 GD Lundberg coniò l’espressione “brain to brain”. Con ciò icasticamente aveva evidenziato come la prescrizione nasca nel cervello del medico (dopo l’interazione anche con il cervello del paziente) e alla fine allo stesso cervello ritorni un’informazione strutturata (il risultato del referto) che gli permette una decisione utile al paziente. Concetto in seguito ripreso e riproposto in svariati ambiti del sapere scientifico.
 
In questa loop che la tecnologia ha reso sempre più veloce e con dati sempre più complessi, paradossalmente il punto debole è il brain che da circa centomila anni, dall’uomo di Cro-Magnon, è fondalmentalmente rimasto lo stesso, con una limitatissima capacità di elaborazione, stimata in 120 bit al secondo, assolutamente inadeguata alle necessità conoscitive della  medicina moderna.
 
Le prestazioni nel nomenclatore, nella sola branca di laboratorio, sono circa 700, e nessun medico può governarle ai fini di una scelta consapevole. E’ palese il gap tra conoscenza necessaria e conoscenza effettivamente in possesso del medico prescrittore.

Chi scrive, specialisti della materia e con molti anni di pratica sul campo, stimiamo di cogliere esaurientemente le potenzialità e i limiti diagnostici, ognuno per il proprio ambito,  di circa 40 test di laboratorio.
 
Quanti ne può gestire con cognizione di causa per una corretta e appropriata prescrizione un medico generalista? Quanti uno specialista una volta uscito dal suo alveo specifico?

Quanti fosforo al posto di fosfato vengono prescritti in Italia tutti i giorni per questa impossibilità oggettiva di governance?
 
E per questo che, da medici, consapevoli dei limiti oggettivi delle nostre capacità neuronali e della necessità di avere una conoscenza adeguata, aggiornata e libera abbiamo ideato Ermete.
 
Ermete non è un pensiero filosofico e non è la soluzione a tutti i problemi che la medicina moderna ci pone davanti. Ermete è uno strumento, offerto al medico all’atto della prescrizione, quando sta ragionando con il suo paziente davanti, ha selezionato alcune ipotesi e cerca conferme di esse. Ermete non è un salvadanaio statale che produce risparmi, non è una linea guida e non è un modo di approcciare la professione. Aggiungiamo infine che Ermete non è un “censore” né un taglio lineare. Ermete è come l’ECG per il cardiologo, come lo speculum per il ginecologo. Serve per aiutare a scegliere, tra il mare magnun degli esami di laboratorio, quelli giusti a suffragare le ipotesi diagnostiche. In più, rispetto a un ECG o a uno speculum, Ermete ha la possibilità di essere aggiornato in tempo praticamente reale. E’ un consiglio, “un sussurro all’orecchio” che un board di esperti, conosciuti, riconosciuti e informati sull’esperienza, letteratura e linee guida, offre ai colleghi prescrittori. E’ quello che qualsiasi medico di Medicina di Laboratorio, se interpellato, darebbe come consiglio al collega che l’ha chiamato telefonicamente.
 
Secondo noi, la Medicina di Laboratorio non è solo ricerca di sempre nuovi esami per suffragare diagnosi sempre più sofisticate e precoci da testare ed immettere sul mercato. A fare questo basterebbero biologi e tecnici di laboratorio. La Medicina di Laboratorio ha bisogno di medici anche per aiutare nella scelta, per spiegare il significato, vantaggi e limiti di un test, per aiutare nell’interpretazione di un dato in confronto dialettico aperto e libero con il collega.
 
Se vogliamo insieme costruire una Medicina del futuro, abbiamo il dovere di pensare in questi termini alla Medicina. La Medicina non può ridursi a cliccare sulle caselline dei test. La Medicina deve essere razionale per essere consapevole e quindi libera. Ben vengano allora tutti gli sforzi di egregi professionisti che stilano linee guida sempre più aggiornate e dettagliate. Ben venga il pensiero slow che ci impone di puntare gli occhi sul paziente nel suo essere persona e non organi ammalati. Ben vengano tutti gli inviti alla riflessione che pensatori, sociologi e filosofi, ci chiedono di fare come categoria.
 
Accettiamo la sfida di costruire questo nuovo medico e chiediamo tutti insieme alla Fnomceo, alla dott.ssa Chersevani di guardare alla professione con l’amore e il rigore morale che Ippocrate ci indicò. Allo stesso tempo di farsi promotrice d’innovazione sia nella formazione dei futuri colleghi sia di noi tutti oggi.
 
Facciamo un atto di coraggio: chiediamo supporti informatici che allarghino la “nostra memoria ram” e rendano l’uomo di Cro-Magnon il nuovo homo informaticum. E’ questa la strada da seguire. Non possiamo voltare le spalle. Dietro di noi c’è solo il muro della nostra inadeguatezza. E in quanto inadeguati, rimarremo inappropriati.
 
Consideriamo sistemi come Ermete, costruito dai medici per i medici,  come delle tracce da seguire ex ante nella diagnosi, che ci lascino il pensiero libero di ragionare e di decidere quale strategia seguire. E poi insieme, consapevoli e coscienti delle nostre scelte, possiamo sederci a tutti i tavoli possibili per concertare controlli ex post. Siamo sicuri che un medico così “informato di conoscenza” non avrà nessun timore né preoccupazione a “giustificare” i propri atti e quindi non dovrà temere alcuna sanzione.
 
Dante nella sua Commedia, al XII canto, pone Chirone nell’inferno, ma “qualche volta l’utopia si realizza” hanno scritto i vertici FNOMCeO su queste pagine (QS 17 giugno 2016), e allora nutriamo la ragionevole speranza che non sarà quello il nostro destino.  
 
 
Alessandro Camerotto
Responsabile Scientifico Progetto Ermete, Regione Veneto
Vincenza Truppo
Ricercatrice Progetto Ermete, Regione Veneto
Roberto Mencarelli
Ricercatore Progetto Ermete, Regione Veneto

27 giugno 2016
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