La riforma delle cure primarie e il distacco dalla realtà
di Bruno Agnetti
05 APR -
Gentile direttore,
le bozze del “nuovo” atto di indirizzo del 10 marzo 2016 (integrazione all’atto di indirizzo del 12 febbraio 2014 ) riguardanti il tribolato tentativo di riformare l’assistenza territoriale e le cure primarie circolate prima delle festività Pasquali sono state ufficializzate dall’
intervista su QS al Coordinatore Sisac Vincenzo Pomo.
La pregressa Legge Balduzzi del 2012 e il Patto della Salute 2014 hanno imposto, in questi anni, una approfondita esegesi dei testi a causa di una intrinseca difficoltà interpretativa. Nonostante tutto appare comunque irrinunciabile e non dilazionabile la necessità di ipotizzare un progetto di discontinuità, di riordino radicale ed epocale del settore in considerazione dei noti effetti dovuti alla globalizzazione in ambito socio-sanitario, epidemiologico e demografico per non parlare dei primi segnali di de-urbanizzazione.
Desta quindi meraviglia che quello che doveva diventare un riordino epocale dell’assistenza territoriale (necessario come l’aria che respiriamo) venga edificato su un ipotesi di H16 incerta, nebulosa, mai sperimentata concretamente, carente di definizioni nazionali chiare. In questo modo il ritardo accumulato pare proprio incolmabile e la crisi di fiducia sembra essere così elevata che molti mmg stanno pensando ad un ritorno al passato (agli ambulatori singoli di proprietà).
Il dibattito svoltosi all’interno della professione dal 2012 a tutt’oggi ha più volte argomentato intorno a disegni programmatico-organizzativi di riordino che avessero i caratteri di una riforma epocale non retorica in considerazione dei nuovi bisogni dei clienti interni ed esterni al SSN, delle emergenze territoriali, delle cronicità e delle fragilità, del territorio come avamposto fondamentale in grado anche di favorire la funzionalità operativa degli ospedali per acuzie.
All’interno del quadro normativo che prevede l’istituzione delle AFT e delle UCCP il confronto professionale ha tentato di ricercare definizioni nazionali (ACN) che, pur nella flessibilità, non permettessero eccessive possibilità interpretative periferiche in merito alla funzionalità delle AFT; all’erogabilità delle UCCP intese come articolazioni aziendali/distrettuali; alla completa detraibilità dei fattori della produzione dell’assistenza personale compreso; alla gestione territoriale autonoma delle varie fasi del governo clinico; all’integrazione multiprofessionale, multidisciplinare e multisettoriale (M&M&M); alla gestione della cronicità e delle prestazioni non differibili all’interno delle UCCP e con sistemi hub and spoke in grado di coinvolgere le AFT; al sistema di accoglienza e di assistenza alla fragilità.
Dal punto di vista contrattuale qualche collega ha espresso la convinzione che vi possa essere una maggiore incisività professionale inserendo al posto dello storico paradigma “orario-salario” il concetto di “ruolo-coordinamento-funzione”. Questo disegno, che appare più adeguato ai nuovi bisogni globalizzati, come sostengono alcuni economisti, potrebbe trovare sistemi generativi di auto-sostenibilità e di trasmissibilità ed inoltre, in stretta alleanza con l’empowerment dei cittadini, sarebbe in grado di reperire addirittura autofinanziamenti orientati a ciò che le comunità iniziano a considerare un bene comune non scontato e che necessita di essere difeso.
Per realizzare poi un reale inserimento dei giovani colleghi (vedi dati pubblicati dall’annuario Enpam sul numero assoluto nazionale di pensionamenti dei mmg giunti al 70° anno di età) superando le forme narrative o demagogiche e realizzando un reale ruolo unico occorre annullare il periodo di attesa ( un anno) per l’inserimento dei diplomati nelle graduatorie regionali; attivare le zone carenti e le relative graduatorie in tempo reale attraverso l’informatizzazione; considerare la fragilità anagrafica dei mmg di AP ultra sessantenni individuando sistemi trasparenti e rispettosi delle graduatorie regionali a sostegno di zone carenti parziali anticipate con la possibilità di detrazione e detassazione dei costi (come avviene per il riscatto degli anni universitari).
Questi confronti e i relativi dibattiti sono rimasti però esercizi letterari a causa di una scarsa attenzione da parte della politica verso iniziative innovative ad adeguate alle esigenze contemporanee del territorio (e dell’ospedale e dei servizi). La carenza di interlocutori ha innestato lentamente ma inesorabilmente la comparsa un pensiero unico, poco incline all’ammodernamento e che ha creato alla fine un distacco dalla realtà assistenziale forse insanabile (sono apparsi articoli che propongono la privatizzazione delle Ausl; l’autonomia imprenditoriale dei mmg; il passaggio a dipendenza di tutta la medicina generale territoriale; la separazione dei mmg dalla Fnomceo).
Emblematico sembra essere il tema dell’H16.
La c.d. Guardia Medica non viene più considerata un presidio territoriale a protezione, tutela e salvaguardia della salute pubblica (un presidio tipico è quello delle stazioni dei carabinieri) ma un servizio appunto da anni definito Continuità Assistenziale. Il concetto di Continuità Assistenziale a fronte del termine Guardia Medica permette quindi di modificare i criteri di performance e di outcome con l’inserimento di nuovi parametri di valutazione gestionali ed economicistici. La “storica” garanzia di capillarità, accessibilità, uniformità e sostenibilità della GM potrebbe non essere più sovrapponibile ai nuovi programmi di organizzazione territoriali.
Da ciò che è possibile comprendere, pare che il sistema H16 determini uno spostamento di medici di CA, attualmente impiegati nei turni di guardia 24-08, ad “esigenze diurne (?)” in territori dove queste si sono dimostrate (?) più necessarie (es.: zone metropolitane). Certi luoghi comuni narrano di mmg assenti o non disponibili a fronte di percentuali di accesso spontanei ed autonomi al PS 7,35% di codici bianchi per la maggior parte durante le ore diurne. (rilevazione locale del 2014). Senz’altro è possibile fare meglio come in ogni cosa. I colleghi della CA tengono a sottolineare che l’accesso ridotto al PS durante le ore di attività della Guardia Medica potrebbe dipendere proprio dalla loro presenza sul territorio. Togliendo la CA è prevedibile che aumentino gli accessi al PS (a costi maggiori).
Durante la fascia oraria 24-08 verrebbe quindi attivato, con il sistema H16, il servizio di emergenza territoriale ( 118) molto probabilmente anche per i casi attribuibili ad una prestazione non di emergenziale ma di assistenza tipica della medicina generale (mmg AP e mmg CA). Molte chiamate che arrivano attualmente alla Guardia Medica sono senz’altro improprie ma vengono comunque evase. Caricare queste chiamate al sistema emergenza-urgenza in sostituzione del sopprimendo servizio di CA significa utilizzare in modo improprio un servizio (più costoso) correndo il rischio di distogliere il 118 da interventi dove la rapidità di intervento fa la differenza.
Nel paese vi sono circa 12.000 medici di CA i quali comportano una spesa complessiva per il SSN intorno ai 300 milioni di euro all’anno a fronte di un finanziamento totale del SSN che si aggira sui 100 miliari di euro all’anno. La CA verrebbe quindi ad incidere per il 3% sulla spesa sanitaria complessiva. Altri conteggi riferiscono un peso del 6-7%.
Ipotizzando una popolazione ad es. di 200.000 persone e mantenendo stabile il rapporto di un medico di CA ogni 5000 cittadini sarebbe necessaria una pianta organica di 40 mmg di CA. Questa organizzazione comporterebbe una spesa complessiva di 100.000 euro mensili cioè 0,5 euro al mese per persona.
C’è chi sostiene con sicurezza che lo spostamento dei mmg di CA nelle ore diurne non comporterà mai nessuna riduzione di posti di lavoro.
Altri segnalano invece l’inevitabile riduzione dei posti di lavoro ed un incremento dei costi a causa di un aumento esponenziale degli interventi del 118 (attualmente processate dalla CA) e del necessario rafforzamento delle stesse postazioni del 118.
L’accesso al domicilio del medico del 118 non può prevedere uno stazionamento prolungato come spesso invece può fare il medico di CA che magari somministra una terapia complessa e ne attende l’effetto; se il medico del 118 dovrà rimanere al domicilio per un tempo più lungo si finirà per inviare ad un'altra richiesta/chiamata alla centrale del 118 una autoambulanza non medicalizzata che verrà utilizzata, nella maggior parte dei casi, per un trasporto in PS.
Sia quindi concesso a questo punto un mero quesito matematico: quanti mm di CA occorrerà togliere dal servizio per poter sostenere un equipaggio dell’Emergenza? E quanti equipaggi dell’Emergenza occorreranno per supplire la soppressione del servizio di CA? Se alla fine della storia si dovesse scopre che si è soppresso un servizio e infragilito un sistema di assistenza territoriale senza nemmeno produrre un risparmio allora si potrebbe sostenere che l’opera fatta alla comunità, al SSN e al bene comune potrebbe essere veramente di bassa qualità.
A conferma dei dubbi espressi alcune aziende hanno previsto il mantenimento della CA almeno nelle zone urbane (per evitare il sovraffollamento dei PS) ma è evidente che questa soluzione peggiora il danno iniziale in quanto verrebbe istituita una grossolana discriminazione e differenziazione assistenziale tra abitanti che risiedono nelle zone cittadine con coloro che vivono in zone periferiche, rurali o montane decretando così la fine dell’assistenza uniforme, dei criteri distintivi del SSN e della stessa medicina generale.
Qualcuno poi dovrà poi spiegare ai cittadini già molto provati e sfiduciati nei confronti delle istituzioni come mai uno dei welfare migliori sia ridotto in queste situazioni senza motivazioni cliniche specifiche e come mai sia diventato così complesso accedere alle cure. In relazione all’orario ( ad es.: 23.30 ed alle 02), per lo stesso problema (ad esempio una colica renale, una sindrome vertiginosa acuta, una lipotimia), i cittadini dovranno imparare a rivolgersi a due sistemi di ricezione con numeri telefonici diversi e riceveranno due risposte diverse dal SSN.
Al primo paziente si manderà un medico al domicilio, mentre al secondo potrà ricevere una serie di risposte assai diverse tra loro:
- non è nulla, stia tranquillo
- aspetti il suo medico domattina alle 8
- si faccia accompagnare in PS da qualcuno
- le mandiamo una ambulanza che la porterà in PS
- le mandiamo un medico del 118
Per concludere è veramente difficile capire perché si insista nel voler istituire l'assistenza H24 laddove non è mai esistita (per gli interventi Pediatrici i medici di Guardia Medica vengono formati) e nello stesso tempo si intenda smantellarla dove essa funziona da sempre ( nella Medicina Generale con la GM).
E’ stato genericamente assicurato che non capiterà ma se si dovesse assistere ad una progressiva riduzione degli occupati si produrrà anche una modifica della pianta organica e di conseguenza della massa salariale della categoria. Secondo il disegno H16 la pianta organica attuale diventa automaticamente eccessiva. Inoltre con la realizzazione delle AFT e delle UCCP (in alcune regioni denominate Case della Salute) dovrebbero essere i medici di famiglia a garantire la continuità della assistenza nelle ore diurne (evasione delle richieste di prestazioni non differibili nelle UCCP di riferimento delle AFT anche con il sistema hub and spoke).
Che faranno quindi di giorno i medici di CA? Forse attività più dedicate alle strutture intermedie e alle ADI? In che modo allora cambierà la natura stessa della medicina generale?
Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS)
Sindacato dei Medici Italiani (SMI) Regione Emilia-Romagna
05 aprile 2016
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