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Diabete a scuola. Ma siamo proprio sicuri che serve una legge? 

di Rosanna Di Natale

03 APR - Gentile Direttore,
rispondo all'articolo del presidente della Federazione diabete giovanile Antonio Cabras per chiarire alcuni aspetti che forse – nonostante i diversi incontri con il Comitato paritetico nazionale per le malattie croniche e la somministrazione dei farmaci a scuola – continuano a non essergli chiari.
 
Il documento che Cabras riporta nel suo articolo è una piccola parte di un lavoro più complesso che il Comitato ha messo a punto e sul quale la stragrande maggioranza di Associazioni (comprese altre che si occupano di diabete), le Società scientifiche, il Garante per l'infanzia e l'adolescenza, le Regioni e i Comuni si sono trovati d'accordo.
 
E non poteva che essere così poiché – e questo forse  a Cabras sfugge – il lavoro svolto dal Comitato è stato quello di  raccogliere quanto già nel  Paese si sta facendo dopo le Raccomandazioni del 2005 in tema di somministrazione farmaci a scuola. 
 
Nell'articolo si fa riferimento ad un 16,8% di genitori che chiede di più, e forse è giusto. Ma il restante 83,2% si è organizzato insieme agli insegnanti per gestire una situazione che non può mettere il proprio bambino in una condizione di handicap: si tratta di bambini normali che corrono, giocano, studiano ma hanno necessità di assumere un farmaco con le precauzioni che il caso richiede.
 
Occorre sempre dominare con intelligenza gli avvenimenti altrimenti questi ci  vedranno sopraffatti.
 
Caro Cabras non le sembra eccessivo e insieme riduttivo minacciare “chiunque abusivamente eserciti una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato”?
E cosa fanno tutti i giorni i genitori di questi bambini? Reiterano un  reato nei confronti del proprio figlio?
 
Lei chiede una legge invece che delle “semplici linee  guida”. Cosa ci darebbe di più una legge? E quanti anni dovranno aspettare i genitori di bambini diabetici prima che la legge, i successivi regolamenti e l'applicazione nelle Regioni cambino qualcosa (magari rimettendo in discussione quanto già funziona...)?
 
In due anni di lavoro il Comitato ha audito i massimi esperti sui vari temi affrontati e ha sistematizzato le migliori pratiche già attive sul territorio fornendo un modello e una modulistica attenta e proponendo alcune soluzioni sulle possibili situazioni opache: ora aspettiamo che il MIUR faccia il passaggio in Conferenza Unificata.
 
Infine, una considerazione mi preme dopo la lettura dell'articolo. Fin dalla sua fondazione e per 25 anni sono stata nella Direzione del Tribunale per i Diritti del Malato e la cosa più importante per cui mi sono battuta  è stata quella del riconoscimento dei diritti del cittadino e del suo affrancamento da una condizione di “suddito” sia di fronte alla sanità in generale sia nei confronti della sua patologia. 
 
Se i valori per cui una Associazione di cittadini si batte diventano realtà quell'Associazione non chiude il suo mandato ma deve essere in grado di alzare “l'asticella” della sua mission, di dominare gli avvenimenti che cambiano e creano nuove condizioni.
 
Rosanna Di Natale
Federsanità ANCI e membro del Comitato paritetico nazionale per le malattie croniche e la somministrazione dei farmaci a scuola


03 aprile 2016
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