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Ordini professioni sanitarie, 10 anni di una legge mai applicata

di Francesco Falli

04 FEB - Gentile Direttore,
sono passati adesso dieci anni esatti dal varo della Legge 43 del 1° febbraio 2006, poi pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio seguente.
Le scrivo più da cittadino perplesso, che da professionista sanitario direttamente interessato da questa norma: mi domando quante siano, in questo Paese, quelle Leggi regolarmente varate, pubblicate sul sito ufficiale del Parlamento e - appunto - su testi istituzionali che ricordano: ‘’…è fatto obbligo a chiunque spetti di farla osservare e di osservarla come legge dello Stato..’’ e poi altrettanto regolarmente non applicate, o applicate solo in parte.
Come tutti sanno nel nostro mondo sanitario, questa Legge rappresenta(va) un importante punto di svolta.

Sul piano della crescita dei professionisti sanitari tutti, avrebbe dovuto portare al riconoscimento delle competenze avanzate, delle quali tanto si è detto…anni dopo, esattamente dopo il varo del ben noto comma 566 della legge di stabilità 2015. Queste competenze venivano ‘’classificate’’ puntualmente e con precisione dalla Legge 43, all’articolo 6 (‘’istituzione della funzione di coordinamento’’). Ogni professionista sanitario dotato di un master di primo livello per le funzioni specialistiche è, secondo la Legge 43- comma c, un ‘’professionista specialista’’. Naturalmente, nessun contratto ha recepito questa indicazione, nel disinteresse generale.

Intanto, le università continuano dalla fine degli Anni Novanta del XX secolo a produrre master per ogni ambito e settore di potenziale interesse….su indicazione di questa norma (che in questo caso lo ricorda all’articolo 6, comma b) solo il master in coordinamento è effettivamente ‘speso’ , e chiesto come requisito per accedere alla funzione di coordinatore; e lo è solo nella pubblica amministrazione, perché nel settore della Sanità privata si è ancora restii a recepire questo preciso dettato di Legge.

Non entro nel merito del passaggio legato alla trasformazione dei Collegi professionali, oggi come allora esistenti, in Ordini, e della creazione dei nuovi Ordini per quelle professioni sanitarie sprovviste ( passaggio previsto agli artt. 3 e 4 Legge 43/06) perché già molto si è detto ma, soprattutto, perché la Legge stessa rinviava alle Commissioni parlamentari competenti i passaggi seguenti: passaggi mai avvenuti!

Fra i pochi risultati concreti della norma, quello indicato all’art 2:
tutti i professionisti sanitari con un Collegio/Ordine devono avere come requisito l’iscrizione all’albo, superando le vecchie polemiche sull’obbligo o non obbligo (’….’ L'iscrizione all'albo professionale è obbligatoria anche per i pubblici dipendenti…’’) ma di fatto, anche in questo caso, creando due velocità- e distinti obblighi- fra chi appartiene a una professione sanitaria normata a livello ordinistico, e chi no.

Brevemente e concludendo, caro Direttore: ma perché ci dotiamo di norme che non sono applicate? A chi e a cosa serve? In palese contrasto coi vari Ministeri e uffici istituiti per la semplificazione normativa, proseguiamo nella navigazione a vista, e nelle difficoltà che ricadono sui cittadini, perché avere professionisti sanitari riconosciuti nel loro essere specialisti, e quindi ‘’più esperti’’ in un settore specifico, porterebbe a vantaggi chiari per tutti: ai professionisti, più motivati nell’esercizio - riconosciuto! - di competenze scelte e volute- e per i cittadini, assistiti da personale sanitario con specificità professionale.

Ma forse questo funziona solo per i paesi ‘’normali’’.
 
Francesco Falli
Presidente IPASVI, La Spezia

04 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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