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L’appropriatezza, una storia che comincia tanti anni fa

di Maurizio Nazari

28 OTT - Gentile Direttore,
gli interventi che lei ospita sul suo giornale, per l'attuale dibattito sulla appropriatezza e i tagli alla sanità, mi sembrano mancare di riferimenti storici utili per la comprensione della meta verso cui il nostro Paese viene indirizzato in sanità dalla attuale classe dirigente.
 
Ai tempi della Riforma sanitaria Ter (229/'99), il senatore di Forza Italia Antonio Tommassini, allora presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato dichiarò: “Non servirà una riforma quater. Basterà staccare la spina del 229 e lasciarlo morire, così di morte naturale. Sarà sufficiente riaprire il libro del 502 e ricominciare a ridisegnare il sistema sanitario secondo una sana logica di efficienza e di libertà”. Commenta, quattro anni dopo, Rosy Bindi,“Devolution, ridimensionamento del finanziamento pubblico, ingresso del mercato nella gestione dei servizi, marginalizzazione dei professionisti: intorno a questi obiettivi prende corpo lo smantellamento del Ssn”. “La salute impaziente”, Jaca Book 2005 (pag. 113)
 
Ricordo che la Controriforma sanitaria 502/'92 (ministro sanità De Lorenzo) prevedeva al suo articolo nove la possibilità di uscita dal servizio pubblico, trasferendo parte della propria quota di spesa sanitaria a mutue volontarie. L'articolo fu successivamente abolito dal Governo Ciampi.
 
Nel settembre 2008 il sottosegretario al Ministero del Welfare con delega alla salute, il radiologo di Forza Italia, Ferruccio Fazio: “presentò alla Conferenza delle regioni i nuovi Lea. Un taglio secco che solo per la parte diagnostica avrebbe dovuto portare un risparmio di 1,4 miliardi (...) Per arrivare a questa cifra Fazio aveva aggredito le prestazioni diagnostiche per immagini, in particolare Tac e Risonanza magnetica, limitandone drasticamente l'uso alle sole patologie oncologiche o traumatiche acute. Restavano così a totale carico del paziente tutte le altre per cui si ricorre alle tecniche di diagnostica per immagini (…) Ma non basta anche una miriade di esami fondamentali per la prevenzione com il livello del colesterolo, la bilirubina, la creatinasi ma anche urina, glucosio, sodio, potassio, fosforo così via, sarebbero dovuti uscire dai Lea e diventare a pagamento. (…) A metà ottobre, con una lettera furente, i governatori hanno rispedito a Roma la cura dimagrante shock. Tutti, compatti, hanno detto no. E Fazio è stato costretto a far marcia indietro”. Daniela Minerva, “La fiera della sanità” BUR 2009 (pag. 18-19).
 
Sempre Fazio nel ottobre 2008, correggeva un intervento pubblico di Berlusconi che sosteneva la privatizzazione gli ospedali pubblici: “Non si tratta di una privatizzazione degli ospedali nuda e cruda, ma della creazione di una joint-venture pubblico e privato per gestire strutture ospedaliere, che non funzionano, con la collaborazione dei privati”.
 
Lascio a lei il giudizio di quanto quel tentativo mal riuscito assomigli a quello, molto meglio costruito, portato avanti oggi. Vedremo dove porterà la nuova campagna sugli ospedali pubblici in rosso.
 
Mi limito a citare un frammento dell’intervento sul Corriere della Sera del 26/10/'08 del prof. Giuseppe Remuzzi: “Negli Stati Uniti” scrive il Prof. Remuzzi  a proposito della scelta a favore di una medicina privata “una scelta così era stata fatta più di 90 anni fa. “Project financing” prima, poi unità private negli ospedali fino ad arrivare a grandi catene di ospedali del tutto privati: e nel ’54 il presidente Eisenhower aprì quello che è davvero un libero mercato della salute alle assicurazioni private. Negli Stati Uniti c’era l’idea che privato in sanità equivalesse a buone cure ed efficienza. E’ successo tutto il contrario” ad esempio “se si fa la dialisi nei centri  “for profit”, si muore di più che nei centri “non profit”. 
 
Mario Montinell'agenda di governo nel agosto 2012 dichiara che le liberalizzazioni: “Vanno coerentemente attuate quelle già avviate e ne devono essere promosse altre in altri settori. Occorre creare spazi nuovi per la crescita di autonomie private, attualmente bloccate o rese interstiziali da una presenza pubblica e invadente e spesso inefficiente: si pensi, a esempio, al settore postale, ai beni culturali e alla sanità.”
 
Nel suo giornale il 22 gennaio 2014 lei riporta un intervento alla Camera della ministra Lorenzin sui finanziamenti certi per la sanità: “le regioni oggi invece hanno l’opportunità di poter fare un’azione di pianificazione a budget certo: la mancanza di certezza economica in passato è servita da scusa o da giustificazione per non fare. Oggi abbiamo un budget certo fino al 2017. Per il 2014, 109, 902 miliardi; per il 2015 la cifra è di 113,452; per il 2016 la cifra è di 117, 563 e per il 2017 è di 122 . Questo è il bilancio certo per il Ssn fino al 2017 ”. Quanto contino le parole della ministra, anche se pronunciate nelle massime istituzioni, lo abbiamo visto.
 
Oggi, nel suo giornale, due articoli, quello sulle Stroke Unit e sulla Neuropelveologia mettono in evidenza ancora una volta come da anni i medici abbiano risolto la complessità della medicina moderna con la super-specializzazione. Come ricordava Nerina Dirindin: “il tasso di crescita delle scoperte scientifiche e cliniche è così elevato che è difficile per i singoli individui rimanere aggiornati” (...) ” E’ ampiamente dimostrato che uno dei principali determinanti del successo delle cure è il numero di pazienti trattati da ciascuna struttura. Esistono soglie al di sotto delle quali è molto verosimile che la qualità delle cure sarà di livello non accettabile; per esempio per i tumori della mammella la soglia è stata fissata a un minimo di 150 casi l’anno dalla European Society of Mastology.”  “In Buona Salute”, P. Vineis, N. Dirindin, Einaudi 2004 (pag. 51)
 
Ora, per tornare all'inizio: ”La Riforma (229/'99) non è stato un atto autocratico nel chiuso di una stanza da un pugno di burocrati. Fu invece l’esecuzione di un mandato puntuale e puntiglioso del Parlamento al Governo. (…) vi fu un lungo e complesso confronto parlamentare accompagnato da numerose audizioni e da un serrato dibattito, non privo di asprezze polemiche e di momenti di duro scontro. (…) La riforma non fu una scelta solitaria, ma un lungo e complesso processo politico, guidato da una idea forte: mettere al centro della sanità il cittadino, l’ammalato, la persona. (…) Il patto per la salute superava la vecchia e ancora radicata, impostazione paternalistica che assimila il sostegno ai più svantaggiati “alla beneficenza di Stato”. (…) L’ idea del patto fa leva sul legame inscindibile tra salute, democrazia e giustizia sociale “.  “La Salute Impaziente”.
 
In quella riforma il Parlamento (art. 8 bis comma 2) dava al medico di medicina generale il ruolo centrale, con il suo modulo-impegnativa, di guida nella scelta, nel ambito del Ssn, del superspecialista incaricato dal Direttore Generale, in base all'epidemiologia di quel territorio, per la cura della patologia del suo assistito.
 
E' interesse del singolo medico, tanto più se giovane, dei cittadini utenti del Ssn e per la qualità della medicina stessa che si dia rapida attuazione alla applicazione della legalità con l'individuazione delle super-specialità nell'ambito delle singole specialità e che il medico di medicina generale possa scegliere con il suo modulo-impegnativa possa scegliere per il suo assistito la specialista adatto.
 
Io farei questo ragionamento: pago il pesante ticket perché c'è una legge che me lo impone. Non condivido i ticket in sanità e farò il possibile che i miei eletti in Regione e in Parlamento cancellino questa legge. Richiedo però che mi venga applicata quella legge che prevede la scelta dello specialista con l'impegnativa.
 
Questo Paese ha sempre più bisogno di legalità e devono essere le istituzioni per prime ad applicarla, come vuole quel articolo 54 della Costituzione repubblicana.
 
Dott. Maurizio Nazari
Medico in pensione

28 ottobre 2015
© Riproduzione riservata

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