Il Ssn e l’incapacità intrinseca nel riconoscere valore, motivazione e potenziale delle risorse umane
di Maria Chiara Dell’Amico
09 AGO -
Gentile direttore,
Attualmente, in ambito di sanità pubblica, la gestione del capitale umano (le risorse) è piuttosto controversa. Basti leggere le ultime notizie sull’annullamento delle graduatorie in Toscana e la nuova proposta di legge sui tagli del SSN, solo per fare degli esempi. Gli uffici responsabili, come le strutture complesse (SC) o le unità operative (UUOO) delle politiche del personale e della gestione e amministrazione delle risorse umane, in ogni Asl, hanno non solo diverse denominazioni ma anche collocazioni differenti nell’organigramma aziendale (più o meno integrate alle direzioni sanitaria e aziendale). Il risultato è uno sbilanciamento a favore dell’accentramento dei poteri decisionali a livello esclusivamente apicale (direzioni sanitaria e aziendale, e/o dei sindacati delle professioni); e quindi una maggiore legittimazione del controllo (imposizione) versus il consenso (motivazione); di una leadership forte (“one man show”, o oligarchia) versus il team (lavoro di squadra); dell’obbedienza (eseguire in maniera acritica) versus l’imprenditorialità (lavorare con un atteggiamento propositivo); della formalizzazione (il rispetto della gerarchia a prescindere) versus l’informalizzazione (il riconoscimento del leader per competenza ed autorevolezza); della differenziazione (la rigidità dei ruoli, con comunicazione formale; i.e. email, delibere, etc) versus l’integrazione (i.e. riunioni sistematiche tra SC o UUOO differenti e magari pure dislocate).
Il Change Management, un progetto formativo per guidare e gestire il cambiamento
Per recepire le disposizioni della Legge di stabilità per il triennio 2015-2017 e dar vita al nuovo“patto della salute”, il SSN necessita di un progetto che attivi le competenze manageriali e comportamentali delle proprie risorse umane. Occorrono nuovi “allenatori” per la Sanità, capaci di generare sinergia tra i diversi attori coinvolti (i.e. Ministeri, Aifa, Agenas, Regioni, ASL, etc.), abili nel dirigere le strutture sanitarie verso obiettivi di qualità e di efficienza aziendale, ed in grado di sviluppare “resilienza”, ossia la capacità di adattarsi ai rapidi cambiamenti e far fronte alle grandi sfide seppur con risorse limitate.
E’ tempo quindi per i manager, i Direttori ed i Responsabili Sanitari ed Amministrativi di tornare a scuola di management (o di andarci per la prima volta? Sarebbe interessante sapere quanti di loro contemplano nel loro cv, anche solo una formazione manageriale di base), e di sviluppare abilità, competenze e metodi propri del “change management” così come da tempo viene fatto dalle aziende private. L’art. 4 del decreto legislativo 7 dicembre 1993 ribadisce la qualifica delle Unità Sanitarie Locali come “aziende”, che, in quanto tali, hanno bisogno di dirigenti con competenze di leadership, coaching, team building.
La strategia per muoversi verso un sistema di erogazione di assistenza sanitaria di alto valore include sei componenti, fra loro interdipendenti:
1. Dirigenti capaci di motivare e fare squadra con il proprio team di lavoro, tale da orientarlo verso livelli di prestazioni stabilmente elevati.
2. Personale professionalizzato capace di rispondere adeguatamente ai bisogni dei pazienti e nel contempo di gestire alti livelli di stress, evitando di entrare in burn-out.
3. Organizzazione centrata sulla salute, intesa come benessere psico-fisico del paziente, piuttosto che sulle specializzazioni dei medici.
4. Sistema di misurazione e monitoraggio dei costi e dei risultati per ogni paziente.
5. Processi di integrazione dell’assistenza fra strutture separate.
6. Costruzione di una piattaforma IT (tecnologie informative) abilitante interfunzionale, interaziendale.
La Sanità oggi ha bisogno di responsabili che sappiano fare squadra e motivare il team verso la qualità del processo di cura e di salute dei pazienti, che esprimano umanità nelle relazioni con i colleghi, i degenti ed i familiari, in un apprendimento continuo e reciproco, che creino un contesto multidisciplinare dove non c’è posto per gli sprechi, le liste di attesa, gli atteggiamenti cinici, gli interessi personali.
Errori in sanità e comunicazione tra gli operatori
Fino a 1 errore sanitario su 2 può essere evitato con una buona comunicazione dell’equipe di cura. E il lavoro da fare è parecchio perché nel mondo ogni anno 43 milioni di pazienti subiscono un danno da cure sbagliate. E proprio su tutte le azioni per diminuire gli errori in sanità si è caratterizzato il Congresso "The golden bridge: communication and patient safety" organizzato dall’Associazione internazionale per le Scienze della Comunicazione e la Medicina (Iscome) guidata da Annegret Hannawa e promosso dal Centro Gestione Rischio Clinico della Regione Toscana. Oltre 130 iscritti da 15 diversi paesi, tra cui Australia, Usa e Europa, si sono ritrovati a Montecatini Terme. "La comunicazione è davvero il significato di questo ponte che collega varie professioni ed è alla base del lavoro degli operatori sanitari e del rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni sanitarie a tutti i livelli" ha detto Sir Liam Donaldson , esperto in sicurezza delle cure a livello internazionale, già direttore medico del National Health Service inglese e responsabile del dipartimento sicurezza del paziente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. “Ancora oggi – ha ribadito Donaldson - malgrado i numerosi sforzi fatti per migliorare la sicurezza dei pazienti, gli eventi avversi rappresentano uno dei principali problemi di salute pubblica a livello globale, con circa 43 milioni di pazienti che subiscono danni da cure sbagliate in ospedale ogni anno, cioè uno ogni 10 ricoveri. Una delle cause principali degli eventi avversi è proprio la cattiva comunicazione tra operatori e tra operatori e pazienti”.
Ad oggi la ricerca suggerisce che il concetto dell’empatia vada studiato meglio, ri-orientandolo verso l’efficacia e l’adeguatezza della comunicazione, argomento centrale anche per la comunicazione degli eventi avversi e la prevenzione dei conflitti tra pazienti ed operatori sanitari. Le molte esperienze riportate nelle sessioni parallele, sia dagli Stati Uniti che dall’Europa, evidenziano come la comunicazione competente ed organizzata degli eventi avversi consenta di ridurre significativamente il contenzioso e dimezzare i tempi dei risarcimenti. Inoltre, come è possibile innovare senza comunicare? E questo è un “errore” tanto frequente quanto ormai connaturato nelle istituzioni; anche in quelle di sanità pubblica, e ciò accade spesso a livello apicale, dove vengono prese decisioni che avranno effetti e conseguenze su tutto il sistema aziendale.
Che cosa fare come sistema da subito
- decentrare il potere delle direzioni aziendali circa la selezione del personale da assumere, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato;
- ridimensionare il peso del contributo dei sindacati, in ambito decisionale a favore/sfavore dell’assunzione di una categoria professionale versus altra categoria;
- responsabilizzare maggiormente le varie UUOO/SC di: Politiche e sviluppo del personale, Gestione e amministrazione delle risorse umane, Formazione permanente, Libera professione, etc, integrandole tra loro, sia nella formazione che nel monitoraggio, sia nella motivazione che nella selezione del personale, già assunto o da assumere;
- fare più strategia nel reclutamento del personale, piuttosto che accanirsi nel mantenimento della comfort-zone (i.e. “si è sempre fatto così”), o, peggio ancora, nell’attuare tagli (i.e. “non ci sono soldi”, “dobbiamo fare con quello che abbiamo”);
- introdurre professionisti della comunicazione e mediatori (sociologi, filosofi, psicologi, ma anche altri professionisti laureati che abbiano esperienza e titoli come coordinatori di team multi professionali), che possano educare alla condivisione e alla trasmissione di informazioni in ambito sanitario.
Maria Chiara Dell'Amico
Biologa molecolare e Project manager
09 agosto 2015
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