La Campania e la sanità. L’uscita dalla crisi passa per la fine del ragionierismo
di Maria Triassi
07 AGO -
Gentile direttore,
per il nuovo governo regionale campano la questione più spinosa, insieme al risanamento finanziario e funzionale dei trasporti è il Governo della Sanità. Su questo fronte arrivano solo cattive notizie: tagli sempre più consistenti dal governo centrale, ma la più sorprendente e significativa è la notizia del ritorno al criterio di riparto del Fondo Sanitario Nazionale alle regioni secondo il vecchio sistema dettato dalla legge Calderoli, ovvero premiando il solo criterio dell’anzianità senza tener conto di altri indicatori di svantaggio e di disagio socio-sanitario. Criterio che avvantaggia nettamente le Regioni settentrionali, che fanno registrare un più elevato indice di vecchiaia. Il tutto approfittando di un momento di confusione e di interregno in occasione del ricambio dei governi regionali. Non mi dilungherò sulle cause per cui tutto ciò avviene e né ritengo utile addentrarsi in un dibattito sulle cause degli sprechi, sui bilanci, sul dove sia opportuno tagliare, in una sanità regionale ormai ridotta in stato comatoso e che sopravvive soltanto grazie alla dedizione al lavoro di alcuni professionisti e lavoratori che ancora credono che curare i malati e garantire la sanità pubblica sia un loro dovere, lavorando in una corsa ad ostacoli quotidiana, che diventa ogni giorno più ardua.
Nelle strutture sanitarie campane ormai non si assume personale da un decennio; il personale è sempre più anziano, stanco e demotivato e per colmare i vuoti di organi è sottoposto a turni sempre più massacranti: mancano dispositivi medici e farmaci; le liste di attesa anche per interventi salvavita sono a volte superiori ai sei mesi. Questo lo scenario della Sanità della Campania e di molte regioni meridionali commissariate. La verità è che i direttori generali, i dirigenti e tutti i professionisti remano contro un mare forza 9, che sembra delineare uno scenario di sempre maggiore spostamento dell’efficienza e dell’efficacia verso poche regioni del nord Italia e, in uno scenario più ampio e globalizzato, dove la salute delle popolazioni non sembra più essere il vero obiettivo del servizio sanitario rappresentato, invece, dal mondo dei profitti e degli investimenti che ruotano intorno all’offerta sanitaria e dunque orientando il flusso dei pazienti verso i paesi europei che “contano” e verso il modello assicurativo che come un avvoltoio ruota sula crisi del servizio sanitario nazionale in Italia.
A mano a mano che si approfondirà questo divario i cittadini per curarsi e per ottenere prevenzione dovranno spostarsi in maniera massiccia sul piano nazionale ed internazionale, alla ricerca di soluzioni efficaci ed efficienti, a costi compatibili. La conseguenza logica di questo scenario è il massiccio investimento delle compagnie assicurative che da tempo guardano al mondo della Sanità auspicando coperture integrative per prestazioni che di fatto molti sistemi sanitari regionali non riescono più ad offrire in tempi decenti e senza il pesante ricorso al privato. E anche le norme che in questi mesi e queste ore il parlamento approva accelerano verso questa direzione.
Che questo scenario di fatto si stia delineando sempre di più è testimoniato dal fatto che i criteri di giudizio delle gestioni sanitarie sono ormai quasi sempre relegati ad indicatori di carattere economico, ragioneristico e di voci di bilancio, mentre raramente si utilizzano indicatori di esito sulla salute delle popolazioni: le sanità Regionali fino ad ora sono state commissariate solo in base ai conti ed non allo stato di salute delle popolazioni ed anche gli obiettivi assegnati alle regioni per uscite dal commissariamento sono esclusivamente di carattere economico, anche quando si parla di appropriatezza. Non so fino a che punto questo scenario sia dettato da un piano preordinato e pianificato a tavolino oppure sia una logica conseguenza di un mondo e di una cultura basata solo su criteri economici e che ormai naviga sul turbo della globalizzazione spinta, della concorrenza tra paesi e tra continenti che ormai è diventata invasione di mercati e cattura di domanda che ha assunto connotati trasnfrontalieri. Quali le conseguenze per il nostro paese ed in particolare per la nostra Regione? Inevitabilmente un progressivo impoverimento e scadimento dello stato di salute per coloro che non potranno permettersi assicurazioni integrative o di comprare le prestazioni dal privato o viaggi verso altre regioni o addirittura all’estero. Quali le possibili soluzioni per il Governo Regionale? Innanzitutto continuare a combattere per un riparto sanitario più equo (attualmente la Regione Campania riceve per ogni cittadino circa 400 euro in meno all’anno nei confronti di una regione come la Liguria, pur facendo registrare i tassi di mortalità più elevati d’Italia); contrapporre ad una cultura della valutazione in sanità basata solo su criteri economici, di bilancio e ragioneristici una cultura della valutazione e del management basata sui risultati, misurabili in termini di miglioramento dello stato di salute della popolazione; sbloccare immediatamente il turn-over, con immissione di professionisti più giovani e motivati. Una volta cambiati gli obiettivi vengono di conseguenza le scelte relative alla riorganizzazione del sistema sanitario.
Maria Triassi
Professore Ordinario Igiene
Università Federico II di Napoli
Direttore - Dipartimento Di Sanità Pubblica
07 agosto 2015
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