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Ssn. Il cambiamento sarà possibile? E, soprattutto, i medici lo vogliono veramente?

di Riccardo Cassi

25 AGO - L’approvazione da parte della Conferenza Stato Regioni del Dm sugli standard ospedalieri, fermo da quasi due anni, può rappresentare un ulteriore tassello normativo per risollevare le sorti della categoria medica che negli ultimi anni ha visto peggiorare notevolmente le condizioni di lavoro sul piano normativo e professionale.

Infatti, a differenza di quando fu pubblicata due anni fa la prima bozza, adesso esistono le condizioni, grazie all’art. 10 della riforma Madia e all’art. 21 del patto della salute, di collegare gli standard qualitativi previsti dal Dm ad un nuovo quadro normativo che rivaluti la clinica rispetto ai meri aspetti economici e di conseguenza riporti il medico al centro del sistema salute, dopo anni di deriva “dirigenziale” che ha finito per omologare professioni diverse in un unico calderone.

CIMO da subito ha sostenuto che il Programma Nazionale Esiti e gli standard qualitativi contenuti nella DM contrastavano con la predominanza di caratteristiche manageriali rispetto a quelle professionali, presente nella figura del “dirigente medico” disegnata dalla 229. Posizione peraltro sostenuta anche da rappresentanti istituzionali che ha trovato riscontro nelle proposte di legge delega di cui sopra.

Per la prima volta da anni ci sono, quindi, le condizioni per una svolta “clinica” nella gestione delle aziende che sia paritaria e non subalterna alla logica aziendalistica, da questo convincimento origina la frase sulla “svolta epocale” che altri hanno contestato in un ponderoso documento sul Dm, che a mio giudizio però si sofferma quasi esclusivamente sugli standard quantitativi, non considerando che sono conseguenti a disposizioni di leggi finanziarie degli anni precedenti, (giustamente contestandoli perché non in grado di cogliere le specificità del sistema salute, e sulle sempre più drammatiche condizioni lavorative dei medici del Ssn) e senza cogliere che gli standard qualitativi acquisivano maggiore rilevanza a seguito delle novità delle proposte legislative, come ha sostenuto lo stesso Ministro Lorenzin che in occasione della presentazione del DM affermava a necessità del superamento degli standard per posti letto, a favore degli standard correlati alla “cilinical governance” ed alla sicurezza delle cure (esiti, numero di prestazioni, risk management).

Questo a conferma di come la “questione medica” venga affrontata in maniera diversa dai rappresentanti dalla categoria rendendo difficile produrre proposte unitarie alla controparte. Per Cimo infatti, occorrono cambiamenti radicali ed un diverso approccio ai problemi.

La crisi economica che pesa sempre di più sulle famiglie italiane e le imposizioni europee sulla riduzione del debito pubblico non consentono nel breve periodo un incremento delle retribuzioni della PA nel suo complesso, né sono ipotizzabili incrementi massicci di personale alle attuali condizioni normative. Pensare di far recuperare con le regole vigenti quanto i medici hanno perso in questi 4 anni non è coerente con la realtà sociale del paese con un’economia in ristagnazione ed una perdita continua di posti di lavoro; ma anche ammettendo che uno sblocco del contratto fosse attuato, questo porterebbe benefici irrisori: qualunque indice si utilizzi (inflazione, PIL, ecc.) gli aumenti possibili sarebbero minimi.

E’ quindi necessario un approccio diverso alla questione: dal momento che il patto prevede che i risparmi rimangano nella sanità una parte degli stessi dovranno essere destinati alla valorizzazione di coloro che sono i protagonisti del sistema e senza il cui coinvolgimento attivo e convinto difficilmente si otterranno i risultati attesi.

Perché risorse, ed anche non poche, si possono recuperare dall’interno del sistema, con una riorganizzazione non solo della rete ospedaliera con una riconversione dei piccoli presidi sempre più a rischio per i medici che vi lavorano, ma anche con una revisione dei modelli organizzativi interni attraverso un confronto serio con i medici che, partendo dalle esperienze maturate nelle varie regioni, analizzi seriamente gli errori e le problematiche senza pregiudiziali ideologiche da parte di ognuno.

Così come è fondamentale una ridefinizione dei rapporti tra le professioni, non imposta dall’alto, ma concordata sulla base delle maggiori competenze acquisite e su quanto effettivamente viene fatto nelle varie realtà. Ed infine lo stato giuridico e la carriera del medico: occorrono diverse modalità di accesso ed una gratificazione professionale ed economica che sia svincolata dalla responsabilità di strutture come oggi sono rigidamente intese, in una visione più flessibile e più vicina alla realtà operativa di una medicina che è sempre più multidisciplinare.

In conclusione per Cimo è necessario disegnare una nuova figura del medico, che ne esalti le peculiarità ed il ruolo centrale che gli compete nel sistema salute, che la “dirigenza” ha svilito, e con tutto quello che questo comporta in termini di impegno nell’acquisire e nel mantenere adeguate competenze professionali, sottoposte a periodiche verifiche. I cambiamenti nel nostro paese sono sempre difficili, e visti con diffidenza da una categoria demotivata e mediamente a fine carriera, tanto da poter far preferire un oggi travagliato ma certo ad un futuro ancora non chiaramente delineato, ma il compito di un sindacato è anche quello di offrire una prospettiva di migliori condizioni di lavoro e di sviluppo di carriera.

Nei prossimi mesi vedremo se le possibilità aperte dai provvedimenti approvati a luglio si concretizzeranno o dovremo subire l’ennesima delusione; molto dipenderà dalla volontà di Governo, Parlamento e Regioni, ma anche i sindacati medici dovranno fare la loro parte e dimostrare con i fatti di volere un rilancio della professione medica all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, nel momento in cui l’apertura delle frontiere anche in sanità ci mette a diretto confronto con sistemi nei quali il medico è valutato per le sue competenze ed i suoi risultati clinici. Una grande sfida ci attende; se vogliamo cambiare un sistema che ha svilito il ruolo e la professione del medico del Ssn, dobbiamo fare uno sforzo comune per arrivare ad una proposta condivisa che dia maggiore sostegno nel confronto con le istituzioni.
 
Riccardo Cassi (presidente Cimo)
 

 

25 agosto 2014
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