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In quali condizioni il professionista sanitario può agire senza il clinico? E’ ora che si faccia chiarezza

di Alessandro Beux

09 OTT - Gentile direttore,
la Federazione Nazionale dei Collegi Professionali TSRM ha convocato, domani, a Lucca, un Consiglio Nazionale straordinario pubblico per manifestare fisicamente la sua solidarietà sia ai due colleghi già rinviati a giudizio (quelli che operavano a Marlia) che ai dodici tecnici di radiologia che hanno ricevuto l’avviso di garanzia (quelli che operavano a Barga). La manifestazione non vuole in alcun modo interferire con l’operato della Magistratura, nei confronti della quale nutriamo il massimo rispetto istituzionale.
 
Ciò su cui ci interessa riflettere e far riflettere non è il processo in sé, che al pari di tutti altri osserviamo silenziosamente, in attesa della sentenza, bensì gli aspetti organizzativi e operativi per i quali i colleghi sono stati rinviati a giudizio o hanno ricevuto l’avviso di garanzia.
A nostro avviso, i TSRM coinvolti hanno erogato prestazioni radiologiche secondo modalità che riteniamo compatibili con le più recenti e accreditate politiche sanitarie, con le norme relative alle professioni sanitarie e con la formazione universitaria abilitante per esse prevista.
 
Il tema sul quale vorremmo che si aprisse un dibattito sereno è questo: quali sono le condizioni organizzative nelle quali oggi una professione sanitaria può esercitare in assenza fisica del clinico di riferimento? Non si tratta di negare qualcosa o qualcuno (le professioni sanitarie, medica compresa, e le loro specializzazioni sono un patrimonio prezioso, da difendere nell’interesse di tutti), ma di accettare che, soprattutto sul territorio e a domicilio, le cure possano essere garantite ed erogate secondo nuovi modelli organizzativi, più rispondenti ai bisogni sanitari della persona e a favore di una sanità che, con maggior efficacia, risponda a criteri di efficienza.
 
Le OO.SS. nazionali sono state le prime a manifestare interesse e disponibilità sulla questione, intraprendendo iniziative nei confronti sia del Ministero sia della Conferenza Stato Regioni. Ora auspichiamo che le rappresentanze sindacali locali si attivino a favore di modelli organizzativi innovativi che, nel rispetto di ogni professionalità e senza detrimento quali-quantitativo delle cure, tutelino gli assistiti, i tecnici di radiologia e ogni altra professione sanitaria, sia sul territorio che in ospedale.
 
Con favore abbiamo preso atto del recente interessamento del Ministero della Salute, ora aspettiamo la convocazione al tavolo che sarà chiamato a studiare la questione e definire le possibilità d’intervento.
Ad oggi, le grandi assenti sono le Regioni, proprio quelle che pensavamo essere maggiormente interessate alle innovazioni offerte dallo sviluppo delle ICT, capaci di ottimizzare le risorse e migliorare l'offerta sanitaria. Fa eccezione la Regione Toscana, che guardando con attenzione a quanto già adottato con successo in alcuni dei migliori sistemi sanitari esteri, ha fatto dell'innovazione tecnologica una scelta di politica sanitaria, destinando ingenti risorse per la realizzazione di sistemi informatizzati di radiologia capaci di assicurare la territorializzazione delle cure, senza dover replicare i modelli organizzativi ospedalieri.
 
Oggigiorno, dopo decenni di scelte non sempre accorte, anche in ambito sanitario si deve dare concreta centralità all’interesse collettivo, evitando di rimanere fermi su modelli organizzativi e professionali non sempre in grado di rispondere in modo efficace e sostenibile. Ecco perché Marlia e Barga sono diventati indicatori di una criticità di sistema che va osservata, descritta e affrontata anche su un piano politico, a prescindere dagli esiti del processo.
Di mezzo ci sono la sostenibilità del sistema sanitario e la qualità delle cure che esso eroga.
 
Alessandro Beux
Presidente Federazione nazionale collegi professionali TSRM

09 ottobre 2013
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