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I tecnici di radiologia e le scappatoie delle leggi italiane

di Giuseppe Squilla

28 AGO - Gentile direttore,
ho letto con molta attenzione quanto scritto dal dot. Andrea Bottega (I medici e le professioni sanitarie. Quando manca la chiarezza sulle ‘regole d’ingaggio’). La voglia di condividere tali considerazioni è stata immediata, in quanto si fa riferimento all’annosa diatriba del caso Marlia e di cosa debbano fare tutte le figure professionali della sanità non mediche.
 
Personalmente non intendo entrare sulla discussione del chi deve fare cosa, io vorrei ma credo di scrivere il pensiero di tutti i Tecnici Sanitari di Radiologia Medica, vorremmo solo fare il nostro lavoro, lavoro ben delineato dalla legislatura italiana e rispettare il nostro codice deontologico.
Se tutti devono fare tutto, non ci si spiega il perché esistano le figure professionali non mediche, e tra queste non si capisce perché ciò che giuridicamente è di nostra competenza debba essere fatto da un medico non radiologo o da un’altra figura professionale diversa dalla nostra.
Nella disquisizione del dott. Bottega, nel titolo la frase “regole d’ingaggio” è proprio lo specchio della realtà.
 
Nella radiologia complementare, quella appunto degli esempi del dot. Bottega, esiste la massima anarchia organizzativa tutti fanno qualcosa che non dovrebbero fare.
 
L’esempio portato dal dott. Bottega è chiarissimo, creare un corso per infermieri, fatto da un Tecnico di radiologia, per insegnare l’uso e la movimentazione delle apparecchiature radiologiche.
Mi spieghino innanzi tutto chi è il mio collega che abbia fatto questo (vorrei vederlo in viso e parlargli), ma poi perché dovrebbe esistere il Tecnico di Radiologia Medica e perché ci deve essere un corso di laurea triennale per tale profilo professionale, quando basta un brevissimo corso di un paio d’ore.
 
In realtà la cosa è ben diversa, ripeto esiste la legislazione italiana, esistono linee guida ed esiste anche la dignità professionale.
 
Quindi come già scrissi, siamo in un paese dove fatte le leggi, immediatamente si trovano le scappatoie per adattarle al nostro uso e consumo.
 
Quindi suggerisco una rilettura del Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 187 “Attuazione della direttiva 97/43/ EURATOM in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche.” Modificato dall’art. 39, Legge 1 marzo 2002, n. 39;
 
Articolo 5 – Responsabilità -  3) Gli aspetti pratici per l’esecuzione della procedura o di parte di essa possono essere delegati dallo specialista al tecnico sanitario di radiologia medica o all’infermiere o all’infermiere pediatrico, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze professionali.
 
Non pensa anche lei che più chiaro di così si muore?
Cordialmente
 
 
 
Giuseppe Squilla
Coordinatore T.S.R.M.
Radiologia diagnostica e interventistica.

28 agosto 2013
© Riproduzione riservata

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