Gentile direttore,
da pochi giorni è entrato in vigore in Italia il nuovo Regolamento per la valutazione delle tecnologie sanitarie, Heath Technology Assesment (HTA) - (UE 2021/2282) – e chissà che questa non sia la volta buona che ci sentiamo tutti grati di essere europei.
Com’è noto, l’HTA è un processo di valutazione multidisciplinare delle tecnologie sanitarie che, nel valutare se un nuovo farmaco o dispositivo è più, meno o ugualmente efficace rispetto ad un altro già disponibile, tiene conto non solo di aspetti medici ma anche di aspetti sociali, economici ed etici. La novità introdotta dal nuovo regolamento è la centralizzazione di una delle fasi del processo di HTA, quella della valutazione delle evidenze cliniche, con l’introduzione del Joint Clinical Assesment (JCA).
La valutazione clinica di un nuovo farmaco o dispositivo sarà dunque centralizzata a livello europeo e standardizzata, evitando così la duplicazione degli sforzi tra Paesi, velocizzando i processi di approvazione e ottimizzando le risorse a disposizione. Soprattutto, terrà conto anche del punto di vista dei pazienti, chiamati ad esprimersi sulla loro esperienza con una specifica malattia e con le terapie/dispositivi già disponibili, sulle aspettative per il futuro, su ciò che per loro può fare la differenza nella vita di tutti i giorni.
La valutazione congiunta è uno strumento utile per decidere a livello nazionale se un nuovo farmaco o tecnologia valga la pena di essere finanziato o rimborsato, alla luce appunto non solo di aspetti economici (rapporto costo/efficacia) o clinici (sicurezza ed efficacia rispetto agli endpoint del protocollo di ricerca, di pertinenza dell’autorità regolatoria) ma anche alla luce del valore sociale e dell’impatto concreto sulla qualità di vita delle persone. Perché, se il regolamento non sostituisce le decisioni su prezzi, rimborsi e modalità di accesso alle tecnologie sanitarie - che restano in capo al livello nazionale - esso richiede tuttavia che queste decisioni tengano in considerazione le valutazioni cliniche congiunte, effettuate a livello europeo, integrandole nei loro processi.
E’ evidente che questa procedura si fa ancora più delicata nella valutazione di trattamenti innovativi per malattie complesse come quelle rare, tra cui la malattia di Huntington, neurodegenerativa, genetica, ereditaria, ancora non prevenibile né curabile in via risolutiva, che coinvolge decina di migliaia di persone in Italia, tra individui affetti (circa 7.000) e individui a rischio di ereditarla dal proprio genitore (circa 40.000) con la prospettiva di affrontare un lento e progressivo declino della propria autonomia, mentale e fisica.
Il Joint Clinical Assesment è per ora obbligatorio in ambito oncologico e di terapie avanzate. Nel 2028 lo diventerà anche per i medicinali orfani e dal 2030 per tutti gli altri medicinali.
Si tratta di una grande opportunità per tutti i pazienti/cittadini europei, che potranno accedere in maniera più equa e tempestiva a farmaci e dispositivi innovativi, che essi stessi avranno avuto la possibilità di contribuire a valutare, in maniera sistematica, strutturata e riconoscibile. È anche una sfida, almeno sotto due punti di vista.
La comunità dei pazienti, inclusa quella ‘dei rari’, necessita di una formazione specifica, che potrà essere promossa dalle Associazioni, Fondazioni e Federazioni di riferimento, ancora meglio se in collaborazione con gli altri attori del sistema.
Le modalità di coinvolgimento
Il Ministero della Salute, AIFA e Agenas hanno identificato strumenti, percorsi e procedure attraverso le quali raccogliere il punto di vista delle Associazioni dei pazienti. Il Ministero con la recente istituzione del RUAS (Registro Unico delle Associazioni della Salute), AIFA con la possibilità di essere auditi dalla Commissione Scientifica del Farmaco, Agenas con la creazione della Rete dei Portatori di Interesse. Tutto questo è molto positivo, purché si eviti il rischio, anche involontario, di “burocratizzazione” e dispersione di strumenti e canali di dialogo.
A questo proposito, qualche breve riflessione conclusiva:
Dal 2021 abbiamo a disposizione il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS). Non potrebbe essere quello lo strumento da usare, integrandolo con l’aggiunta di ulteriori sezioni di interesse?
È auspicabile che le procedure di coinvolgimento identificate saranno supportate da dipartimenti o uffici preposti, che prendano in carico in generale il tema delle relazioni con le Organizzazioni dei Pazienti, gestendolo in maniera programmatica e strutturata e collaborativa tra loro.
Infine, di fronte all’uso ricorrente – a tratti esclusivo - del termine ‘Associazioni’ viene da chiedersi se non sia arrivato il momento di utilizzare una terminologia più attuale, in quanto gli enti rappresentativi del punto di vista del paziente possono essere anche Fondazioni o Reti Associative o Federazioni. Forse il termine ‘Organizzazioni’ (molto usato negli USA, non a caso) potrebbe essere una possibile alternativa?
Barbara D’Alessio
Presidente e Direttore Esecutivo
Fondazione LIRH – Lega Italiana Ricerca Huntington