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Osteopatia: chiediamoci cosa manca

di Luigi Ciullo

17 SET - Gentile Direttore,
ho l’impressione che alcune dichiarazioni sul ruolo dell'Osteopatia in Italia tendano a riportare indietro le lancette dell'orologio, complici varie nostalgie del passato senza regole, immagini fuorvianti diffuse dai social e, recentemente, persino dalla TV di Stato.

Essendo un dato di fatto che l'Osteopatia dal 2021 sia stata istituita in Italia come professione della Salute, ritengo che il dibattito sulla sua utilità sia stato ampiamente superato da un lungo ed accurato processo istruttorio che ha indotto gli Organi competenti all'inquadramento dell'Osteopatia tra le professioni sanitarie, disciplinandone le mansioni in ambito preventivo. L'Osteopatia, pertanto, può rappresentare il "pomo della discordia" (cfr. QS) soltanto per coloro che vorrebbero riconsiderarne la regolamentazione per timore della sua graduale integrazione nel Sistema Sanitario secondo criteri di selezione qualitativa degli operatori con autonomia di responsabilità. Ovvero, non vi è nessuna dignità intellettuale nel riferirsi ad immagini improvvidamente mandate in onda o pubblicate on line per ridiscutere strumentalmente l'utilità sanitaria della nuova professione sanitaria, indentificata come tale dalla legge dal gennaio 2018. Di conseguenza, appare superfluo negare o descrivere le opportunità offerte dagli osteopati per il miglioramento del sistema assistenziale se non per sostenere una rapida e coerente conclusione del suo iter legislativo.

Cosa manca? Manca la verifica delle competenze e delle esperienze professionali degli osteopati per la loro eventuale iscrizione ad Albo nazionale a tutela della sicurezza delle persone. Manca il Decreto più delicato e conseguente alle premesse legislative a garanzia della qualità professionale di coloro che possano mettere le mani sulle persone dimostrando nell'immediato o in prospettiva legalità di formazione e di attestabile esperienza professionale. Manca, cioè, il tassello fondamentale che potrà conferire rigore scientifico ed assistenziale alla nuova professione della salute allo scopo di redigere ai sensi della legge le Linee guida della buona pratica a prevenzione del rischio sanitario. Tassello mancante, quest'ultimo, che dovrebbe mettere d'accordo gli osteopati insieme a tutti gli altri professionisti della salute nel richiedere solidali la definizione di una categoria professionale seria evidenza di requisiti formali a garanzia della cooperazione multidisciplinare. Su questa istanza dovrebbe convergere l'attenzione delle categorie, del legislatore e dei sistemi di comunicazione, senza indulgere in polemiche obsolete, inutili precisazioni e ataviche conflittualità.

Confidiamo che il Governo e i Ministeri della Repubblica possano completare quest'ultima e fondamentale fase della regolamentazione italiana dell'Osteopatia, consentendo nel più breve tempo possibile l'identificazione dei professionisti competenti la cui deontologia, a titolo d'esempio, non consenta più precarie esibizioni e opportunismi di varia natura fuori tempo massimo.

Luigi Ciullo
Presidente Adoe-Associazione degli osteopati esclusivi

17 settembre 2024
© Riproduzione riservata

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