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Uno sforzo sociale per cambiare la percezione che i cittadini hanno degli operatori sanitari

di Pierino Di Silverio

11 SET -

Gentile direttore,
l’escalation di violenza che in questi giorni si è manifestata sotto forma di raid a Foggia, e che sembra essere ripresa dopo l’estate in realtà non si è mai fermata. Assistiamo a un lento regolamento di conti tra cittadini, una parte di cittadini, e operatori della sanità visti ormai come carnefici e responsabili del mancato accesso o del ritardo di accesso alle cure.

Viviamo socialmente i risultati di decennio di disinvestimenti in sanità. Carenze di personale, carenze infrastrutturali, carenze organizzative hanno provocato un corto circuito socio-sanitario. E le violenze non avvengono solo in Pronto Soccorso, ma sono all’ordine del giorno nei reparti di psichiatria, negli studi di medicina di base, ai danni di operatori del 118. Insomma non è solo il posto di cura a determinare la violenza, ma la figura dell’operatore sanitario stesso sembra essere diventata invisa.

Eppure non era cosi solo due anni fa.

Eppure non è mai stato così.

Ma cosa è successo? Come siamo arrivati a questo punto? Se lo chiedono in tanti e in pochi vogliono vedere la risposta, perché la risposta comporta una attribuzione di responsabilità generalizzata.

Accesso alle cure che fino ad un decennio fa era smisurato, incondizionato, non controllato, (ricordiamo tutti i ricoveri per check-up), gradualmente è stato sostituito da una stretta al tempo e alla quantità di prestazioni. Senza che il cittadino venisse adeguatamente formato e informato del cambio di rotta, senza che nel frattempo si riuscisse a organizzare una alternativa valida socialmente e terapeuticamente all’assenza di ospedale.

In questo contesto il medico è stato gradualmente relegato ad un ruolo sociale e politico marginale. segno tangibile del mutamento profondo che le istituzioni hanno avuto della concezione del SSN passato da l’elemento fondante dello Stato Sociale, servizio imprescindibile della popolazione e dello Stato, a mero elemento economico oggetto di prelievi continui e smisurati e risparmi suicidiari.

D’altro canto si è fatto strada in modo subdolo il dottor Google, il progresso tecnologico che ha trovato al massima espressione durante il Covid, quando tutto era chiuso ricordiamo, tranne che gli ospedali. Per non parlare della deriva antiscientifica che dilaga in certi ambienti, contagiando più del Covid, e che favorisce un clima di sfiducia nei confronti della scienza e della medicina.

Il cittadino, quindi, ha iniziato a sperimentare l’automedicamento, trovando giovamento forse psicologico nelle letture incontrollate su internet di patologie, cure della nonna, rimedi omeopatici e differenze tra farmaci fruibili come i confronti tra due cellulari.

Arriviamo ad oggi, anzi a ieri, quando il paziente è di fatto diventato un cliente e il medico è diventato un venditore (inconsapevole) di salute.

Il paziente si presenta al medico manifestando le sue preferenze per il prodotto e non più i sintomi da curare. E il medico e l’operatore sanitario è trattato proprio come un venditore: se il prodotto non piace, si obietta, e se il prodotto è sbagliato si va su tutte le furie. Piccolo dato: il prodotto in questione sarebbe la salute che vale molto più di cellulari, e la scelta non dovrebbe essere del paziente ma del medico. Ma questo non appartiene alla discussione.

Appartiene alla discussione, invece, la reazione del medico di fronte a questo stato di cose, una reazione silenziosa a parole, ma molto “rumorosa” nei fatti. Semplicemente si va via. Sono stati 5000 nel 2023 coloro che hanno abbandonato il Ssn, 3000 solo nei primi 6 mesi del 2024 in età tra 43 e 55 anni. I medici vanno via dagli ospedali e i più giovani non ci entrano neanche.

Occorre intervenire e presto. Ma la soluzione non è semplice e non è immediata.

Occorre intervenire su tre direttrici principali:

  1. La sicurezza dei luoghi di cura

È inammissibile che in luoghi definiti ‘sensibili’ perfino da alcuni questori, quali ospedali, reparti di psichiatria, guardie mediche, non esista un filtro per l’accesso controllato, che eviti quantomeno l’affollarsi di pazienti e familiari.

Occorre pertanto investire le Direzioni Generali di responsabilità e strumenti perché assicurino il rispetto del dgls 81/08, legge che regolamenta la sicurezza sui luoghi di lavoro, affinché venga ripristinato un accesso controllato e venga garantita, con tutti i mezzi possibili, la sicurezza ambientale, personale e strutturale.

  1. Investire sul personale

L’annoso problema della carenza di personale inevitabilmente provoca un ritardo nell’erogazione di cure e che di certo esacerba il sentiment di cittadini compressi e alla ricerca di cure talvolta disperata o esasperata.

Investire sul personale vuol dire rendere appetibile la professione e ricostruirne l’immagine agli occhi dei cittadini e delle istituzioni non solo con aumenti di stipendi, ma rendendo la professione più sicura attraverso la depenalizzazione dell’atto medico (ricordiamo che siamo l’unico Paese al mondo in cui ancora chi cura è giudicato alla stregua di un assassino) e facendo rientrare il lavoro del medico e del dirigente sanitario nei lavori usuranti. Ma soprattutto vuol dire cambiare il paradigma del medico come dipendete della Pubblica Amministrazione. Occorre subito la dirigenza speciale che permetterebbe al medico e al dirigente sanitario di liberarsi dalle catene della pubblica amministrazione.

  1. Riformare il sistema di cure

Terzo problema, forse il primum movens delle sabbie mobili in cui ci ritroviamo, la riforma organizzativa del sistema di cure.

Garantire le cure al paziente oggi vuol dire garantire le giuste cure nei posti giusti. Ma occorre una vera riforma del Ssn in cui venga ripristinato il rapporto virtuoso e non più vizioso tra medicina territoriale e medicina ospedaliera.

Il nostro sistema di cure è tarato oggi sulla cura dell’acuzie (siamo infatti ai primi posti in Europa per le cure di ictus e infarto), ma è totalmente insufficiente e non preparato alle cure croniche. Le leggi regolatorie di sistema hanno ormai compiuto 46 anni e in 46 anni la sanità è profondamente cambiata, il mondo è cambiato ed è cambiata anche la popolazione. Una popolazione invecchiata, che però grazie al progresso farmacologico oggi vive di più anche se affetta da patologie che solo fino a un decennio fa erano mortali. Il sistema deve orientarsi verso al cura delle cronicità investendo nella medicina del territorio dotandola di strumenti diagnostici di primo livello e terapeutici, arrivando a curare fino al domicilio del paziente, il tutto per rendere gli ospedali luoghi di cura e non di diagnosi, anche attraverso la coraggiosa scelta di convertire i piccoli presidi ospedalieri, malfunzionanti e non efficienti, in presidi territoriali.

Siamo insomma arrivati al punto di non ritorno, punto in cui il senso di autopreservazione del personale sta superando il senso etico e professionale, punto in cui purtroppo anche il senso di autopreservazione di una popolazione lentamente sta sostituendo il rispetto per istituzioni e professionisti, per welfare state.

Non serve una sola azione, deterrente o organizzativa, ma servono tutte.

Soprattutto serve uno sforzo sociale per cambiare la percezione che i cittadini hanno dei medici e degli operatori sanitari.

Serve uno sforzo istituzionale e politico perché si ritorni a considerare come elemento fondante della nostra democrazia il welfare state, lo stato sociale, abbandonato nella foresta paludosa di un individualismo orientato alla salvaguardia del proprio essere e benessere.

Occorre ritornare al rapporto umano medico paziente, che non potrà mai essere sostituito da robot o IA.

Occorre ritornare al principio sancito dall’articolo 32 della nostra Carta Costituzionale.

Occorre una volontà politica libera da ideologie e strumentalizzazioni, coesa, condivisa, partecipata.

Il problema della sanità riguarda tutti, perchè tutti, indipendentemente dal proprio ruolo sociale o professionale siamo stati, siamo o saremo pazienti.

Tutti abbiamo bisogno di cure e non vorremmo mai arrivare al punto di non trovare più chi sia disposto a curare.

Pierino Di Silverio

Segretario Nazionale Anaao Assomed



11 settembre 2024
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