Gentile direttore,
il 1° luglio 2024 il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha pubblicato un nuovo documento intitolato “Risposta al Quesito del Comitato Etico Territoriale della Regione Umbria” che aveva chiesto un chiarimento circa i “criteri da utilizzare per distinguere tra ciò che è un trattamento sanitario ordinario e ciò che debba essere considerato un trattamento sanitario di sostegno vitale TSV”. Il testo della Risposta è piuttosto ampio (22 pagine) e costituito da una Presentazione (pp. 3-4), una Risposta di maggioranza (pp. 5-12), il “Quesito in merito al trattamento sanitario di sostegno vitale” del CER (Comitato Etico Regionale) dell’Umbria (pp. 13-14), una Risposta di minoranza (pp. 15-18) e una Dichiarazione di non partecipazione al voto (pp. 19-22).
Il titolo al singolare “Risposta al Quesito” fa credere che la risposta sia una, mentre in realtà nel testo dapprima si riconosce che una risposta precisa non la si riesce a dare (“non c’è consenso in ambito sanitario su una lista che comprenda tutti i TSV e soltanto essi” (p. 8), e poi comunque di fatto di risposte se ne danno più d’una. Invece di chiarire la situazione, tutto questo crea confusione e anche disorienta.
L’imprecisione del titolo è indice del fatto che l’analisi del problema del TSV è impostata male. Il gruppo di maggioranza, invece di affidarsi a una riflessione critica (scientifica), fa riferimento al senso comune che porta a credere che la domanda posta abbia immediatamente e di per sé una risposta precisa e puntuale. Come avevo mostrato in precedente contributo
non c’è una unica risposta, né ci può esserci, perché il problema del trattamento di sostegno vitale non nasce dalle scarse conoscenze scientifiche né dalla “complessità del tema” ma dal fatto che il giudizio su quel trattamento fa riferimento a valori etici, e questi sono diversi o anche opposti. Sappiamo che al fondo tali valori sono due, il bene-scelta e il bene-vita, e infatti due sono le grandi risposte date e non una sola: quella di maggioranza e quella di minoranza.
La risposta di minoranza fa riferimento al bene-scelta e afferma che il TSV come ogni altro trattamento sanitario è soggetto al consenso informato (Legge 219/17 insegna). La risposta di maggioranza invece rileva che il TSV comporta un “qualcosa in più” (in realtà mai individuato) per cui in tale ambito il riferimento è al bene-vita. Tuttavia, come riportato anche dall’Abstract della Risposta al Quesito diffuso sempre il 1° luglio, il gruppo di maggioranza poi si è diviso così che “alcuni componenti del CNB (diciannove) ritengono che i TSV debbano costituire una vera e propria sostituzione delle funzioni vitali […] Altri (cinque) pensano che il "sostegno" possa avvenire anche tramite piani di assistenza complessi, e che l’impatto sull’individuo e la sua percezione personale siano rilevanti”.
Ebbene, mentre l’Abstract attribuisce questa divisione interna al gruppo di maggioranza alla “complessità del tema”, le considerazioni sopra fatte ci consentono di vedere che essa dipende dal contrasto di valori esistente: la divergenza se il TSV debba “sostituire” le funzioni vitali o solo “sostenerle” non è di tipo tecnico o scientifico, ma rimanda ai diversi valori etici di riferimento. In particolare, chi propone la “sostituzione” fa appello a un “bene-vita-oggettivo” che è “primario ed incomprimibile” (p. 8), mentre chi afferma il “sostegno” fa appello a un “bene-vita-modificato” attento all’impatto che le cure hanno sui valori della persona e quindi aperto alla soggettività. Poiché il bene-vita così modificato porta a una “posizione intermedia” tra il “bene-vita-oggettivo” e il bene-scelta si potrebbe dire che le risposte sono tre, quella degli “alcuni 19”, quella degli “altri 5” e la risposta di minoranza.
Tuttavia, a un’analisi più attenta si vede che le soluzioni proposte dagli “altri 5 componenti” sono molto più affini a quelle della risposta di minoranza che non a quelle degli “alcuni 19 componenti”. Anche se all’inizio i primi hanno condiviso il riferimento al bene-vita, si vede poi che (al di là di percezioni soggettive) il contrasto etico con gli “alcuni 19 componenti” è tanto profondo da rendere le loro risposte inconciliabili, così che si deve riconoscere che quella degli “altri 5” rientra nell’orbita del bene-scelta: alla fine le posizioni sui TSV sono due.
Sempre il 1° luglio è stato diramato il Comunicato Stampa CNB n. 4/2024 che in modo conciso presenta il succo del documento, diventando il punto di riferimento per i media – e quindi del messaggio trasmesso all’opinione pubblica.
Il Comunicato ha dato grande rilievo alla sola risposta di maggioranza, cominciando col mettere in luce che “il CNB ha confermato la specifica finalità bioetica di non ridurre la tutela del diritto alla vita soprattutto delle persone più deboli e vulnerabili, che l’ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema ed irreparabile, come quella del suicidio”. È poi passato a sottolineare che il CNB “sul punto si è espresso con una ampia maggioranza (7 voti contrari)”, per continuare a evidenziare “come il requisito dei Trattamenti di Sostegno Vitali abbia una decisiva rilevanza bioetica, al fine di non esporre i soggetti fragili a una inaccettabile pressione, con una grave apertura nei confronti dei percorsi suicidari”.
In etica e in bioetica quel che conta sono le “ragioni” addotte a sostegno della tesi proposta, non i numeri, ma l’enfasi posta dal Comunicato sull’“ampia maggioranza” che avrebbe approvato la risposta e sui (pochi) 7 voti contrari, unita al non aver fatto neanche un cenno al contenuto della relazione di minoranza, porta a una marginalizzazione della minoranza stessa, in contrasto col pluralismo etico che dovrebbe caratterizzare un Comitato di carattere “etico-culturale” come il CNB.
Un’ultima osservazione sui numeri, comunque. Pur sapendo bene che ci sono criteri diversi per fare la conta della maggioranza, al CNB partecipano 37 studiosi, di cui 4 sono membri consultivi che non hanno diritto di voto ma partecipano ai lavori e possono aderire o no alle risposte esprimendo la propria posizione. La risposta è stata approvata da 24 componenti ma non dagli altri 13, che per ragioni diverse non l’hanno votata: i 7 contrari con i 4 membri consultivi, più un’astensione e una non partecipazione al voto. In prima battuta la maggioranza è di 24 a 13, cioè un po’ meno dei due terzi. Se però anche gli “altri 5 componenti”, come qui si è mostrato, rientrano nell’orbita della minoranza, allora il computo finale è di 19 a 18: la maggioranza resta, ma non è più ampia.
Le tesi qui presentate in breve trovano formulazione più articolata in un’ampia analisi filosofica che è in corso di stampa sul fascicolo 1/2024 di Bioetica. Rivista interdisciplinare (Vicolo del Pavone editore, Tortona) e che per gentile concessione viene qui riproposta e diffusa grazie a QS, ringraziata per la collaborazione.
Maurizio Mori