Educatori professionali socio-pedagogici ed educatori professionali socio sanitari? In Parlamento provammo a fare chiarezza
di Paola Binetti
18 MAR -
Gentile Direttore, vorrei offrire un mio contributo al recente dibattito, apparso su
Quotidiano Sanità il 14 marzo 2024, sulle Competenze degli educatori professionali socio-pedagogici e degli educatori professionali socio sanitari, per i quali Alessandro Prisciandaro, pedagogista e Presidente Nazionale APEI,
ritiene non esserci nessuna sovrapposizione e per questo allega una ricostruzione dei riferimenti normativi necessari per illustrare il suo punto di vista e aggiunge correttamente: “non senza un preciso interesse di parte”. Non fa però alcun riferimento ad una analoga situazione che si era creata in Parlamento nel 2016 e nella quale erano state protagoniste la Senatrice Iori (Pd) e la Senatrice Paola Binetti (UDC), a conferma di come il tema sia stato posto all’attenzione del Parlamento in ripetute occasioni.
Entrambe avevamo presentato un DDL su un tema analogo, con l’intenzione di chiarire possibili convergenze: ce ne sono varie, e concrete diversità, ce ne sono alcune, arrivando alla fine a presentare un Testo unificato, adottato come testo base, dal titolo: “Disciplina delle professioni di educatore professionale, educatore professionale sanitario e pedagogista”. C. 2656 Iori e C. 3247 Binetti.
L’articolo 1 definiva le fonti normative dei due profili professionali, diverse tra di loro, perché l’educatore professionale sanitario aveva un curriculum afferente alle Professioni sanitarie e quindi alla Facoltà di Medicina, (DM n. 520 del 19989, mentre l’educatore professionale ed il pedagogista, avevano e hanno tuttora un curriculum che afferisce alla Facoltà di Scienze dell’educazione (Legge 205/2017, art. 1, commi 594 – 595). Sono diverse le caratteristiche di accesso per i due corsi di Laurea: nella Facoltà Medicina c’è il numero chiuso per tutti i corsi di laurea, per cui occorre superare una prova di selezione, cosa che non accade a Scienze dell’Educazione; per i corsi di laurea delle professioni sanitarie Medicina c’è un tirocinio obbligatorio con un elevatissimo numero di crediti e alla fine la laurea che si consegue ha carattere abilitante, già nel percorso triennale. Tirocinio e abilitazione hanno un carattere profondamente diverso per i laureati in Scienze dell’educazione.
In definitiva sul piano accademico erano molto chiari una serie di parametri di accesso e di conclusione dei due iter formativi, oltre ad una sostanziale diversificazione nei piani di studi.
Ma l’attenzione di tutti si concentrò sull’articolo 2, dove si cercava di chiarire i rispettivi ambiti professionali, dove nonostante tutto non si poteva escludere un’area di confine molto importante tra i due profili: quella dei presidi socio-assistenziali, come emerge chiaramente dalla norma:
1. L'educatore professionale e il pedagogista operano nei servizi e nei presidi socio-educativi e socio-assistenziali nonché nei servizi e presidi socio-sanitari.
2. L'educatore professionale sanitario opera nei servizi e nei presidi sanitari nonché nei servizi e presidi socio-sanitari.
Quanto più marcata è la fragilità del soggetto che accede ai servizi socio-sanitari tanto più è prevalente la competenza del professionista che proviene da un profilo tipico delle professioni sanitarie. Il dibattito di allora lasciò ben chiaro che non ci si poteva muovere solo secondo una logica di mansionario, per cui questo toccava all’uno o all’altro dei professionisti. Si può distinguere il più accuratamente possibile, ma non si può separare con una regola che non tenga conto della complessità della fragilità e della patologia del soggetto e della esperienza e competenza del professionista. Non è la regola rigida che marca il confine tra l’una e l’altra professione, ma il codice di deontologia professionale che rimanda all’etica della competenza e della responsabilità.
Su questa base fu possibile trovare un accordo tra la senatrice Iori e la sottoscritta, ognuna di noi con un profilo professionale diverso. La Iori ha insegnato "Pedagogia generale e sociale", "Pedagogia della comunicazione", "Pedagogia della famiglia", "Pedagogia interculturale" e "Pedagogia della differenza di genere"; è stata Coordinatrice del Corso di Laurea in Scienze dell'educazione e della Formazione e infine senatrice nella XVIII legislatura. Personalmente sono una Neuropsichiatra infantile, che ha diretto per oltre 20 anni un centro di orientamento per adolescenti, ho contribuito alla Fondazione dell’Università campus Biomedico di Roma, dove ho diretto il Centro di educazione medica e ho insegnato storia della medicina e psicologia clinica. Profili accademici diversi, esperienze professionali diverse, partiti politici diversi, ma con il coraggio di presentare un testo unificato per un ddl che sottolineasse le peculiarità dell’uno e dell’altro corso di laurea, senza affatto negare che c’è un’area della collaborazione, che non può diventare un segmento conflittuale, proprio perché al centro deve esserci la cultura della fragilità e la dimensione etica di una collaborazione, che più che mai si fa servizio rispetto ai bisogni degli anziani, soprattutto degli anziani non autosufficienti, della disabilità, di quei pazienti cronici che debbono imparare a convivere con le proprie difficoltà, con l’aiuto di qualcuno che gli faccia scoprire come trasformare le difficoltà in opportunità.
Il Decreto del 27/10/2021 del Ministero della Salute, d’intesa con il Ministero dell’Università e della Ricerca del, dispone che: “l’educatore professionale socio-pedagogico opera, limitatamente agli aspetti socio educativi, nei servizi socio-assistenziali e nei servizi e nei presidi socio-sanitari e della salute”, stabilisce inoltre che: “il tratto specifico del ruolo della figura professionale dell’educatore professionale socio-pedagogico nei presidi socio-sanitari e della salute […] è la dimensione pedagogica, nelle sue declinazioni sociali, della marginalità, della disabilità e della devianza.”.
Una formulazione perfetta in teoria, ma la realtà rende difficile distinguere in modo inoppugnabile gli ambiti socio-pedagogici nei contesti socio-assistenziali, perché i bisogni della persona si intrecciano continuamente e rimandano ad esigenze che solo la reale competenza del professionista educatore, sia socio-sanitario che socio-pedagogico, è in grado di assolvere. Separare gli ambiti in modo radicale è difficile anche sul piano teorico ed è quasi impossibile sul piano pratico. Per questo esiste un’etica professionale che sulla base della sua competenza, sa graduare i propri interventi secondo un principio di precauzione e di proporzionalità.
A questo punto eravamo giunti al termine della XVIII legislatura. E ora nella nuova legislatura, la XIX tutto sembra ricominciare da capo senza tener alcun conto delle leggi elaborate allora, delle lunghe audizioni tuttora presenti e disponibili nell’archivio del Senato, delle conclusioni maturate nel dibattito sereno e costruttivo di allora, ma evidentemente ignorato dai colleghi sia parlamentari che universitari. Non sempre la storia la scia traccia nella memoria di chi viene dopo…
Sen. Paola BinettiAttualmente in pensione
18 marzo 2024
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