Gentile direttore,
si è aperto ieri a Palazzo Madama il vertice Italia-Africa. La risposta del continente africano è di tutto rilievo: 57 delegazioni tra cui 15 capi di stato, 8 capi di governo 11 ministri degli Esteri e, cosa da non sottovalutare, anche la Comunità Europea, rappresentata anche da Ursula Von Der Leyen, è parte attiva del progetto.
Un vertice non solo “per” l’Africa ma “con” l’Africa che vuole segnare un cambio di passo dipingendo un nuovo modello di cooperazione bidirezionale dove l’interesse per lo sviluppo porterà vantaggi sia all’Italia che a molti paesi africani. “Una cooperazione da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria, per crescere insieme, consapevoli di quanto il destino dei nostri due continenti, Europa e Africa, sia interconnesso” ha affermato la presidente Meloni nel suo discorso di apertura.
Riecheggiano in queste frasi le parole di un poeta e intellettuale, Leopold Senghore, presidente del Senegal dagli anni ’60, che aveva coniato il termine di “Eurafrica” proprio per esprimere questo stretto legame tra i due continenti. Questo vertice è un passo importate in tal senso.
Tra i diversi campi di intervento la sanità ha senz’altro un posto di rilievo, e dalle pagine di “Quotidiano Sanità” è solo su questo aspetto che mi soffermo.
Migliorare la condizione sanitaria di molti paesi può divenire, nel tempo, non solo un motivo in meno verso l’emigrazione ma un elemento essenziale per sostenere lo sviluppo di una Nazione. La correlazione tra stato di salute di una Nazione e la crescita del suo PIL è ormai un dato certo. All’inizio del millennio, quando l’accesso alle cure per l’AIDS non era garantito in Africa, i paesi con le più alte incidenze di malattia vedevano spesso andare in crisi interi settori della propria economia. Ricordo che nel 2001 in Mozambico troneggiavano grandi manifesti per le strade di Maputo che ingenuamente parafrasavano proprio questo concetto: “Dov’è il maestro? L’operaio? Il carpentiere? L’elettricista? Sono scomparsi per l’Hiv”. La terapia per la cura dell’Aids, oggi disponibile anche in Africa, ha rappresentato l’inversione di questa tendenza.
Nel vertice Italia-Africa si è parlato di programmi di partenariato, di formazione, e di sostegno concreto per sostenere la sanità di molti paesi africani. E’ un intervento fondamentale. Nella scorsa estate, proprio in vista del vertice, il Ministero della Salute ha raccolto le eccellenze di strutture sanitarie italiane che già collaborano attivamente con programmi di cooperazione sanitaria. Non sono poche e rappresentano una ricchezza che dobbiamo utilizzare di più.
Ma c’è un aspetto che, in questo momento storico, potremmo proporre all’attenzione del vertice Italia-Africa: le potenzialità della telemedicina.
In Italia, con il PNRR stiamo investendo 1 miliardo di euro proprio per diffondere servizi di telemedicina in tutto il territorio Nazionale. L’Agenas, soggetto attuatore, ha promosso la creazione di software innovativi per servizi di Teleconsulto, Televisita e Telemonitoraggio. Piattaforme che tra pochi mesi saranno diffuse al livello nazionale e che saranno uno degli strumenti della riforma della sanità territoriale ed ospedaliera descritta nel D.M. 77.
Soffermandoci sul solo servizio di Teleconsulto, avremo a disposizione piattaforme che metteranno in comunicazione luoghi solati con i grandi ospedali di riferimento. Si potenzieranno servizi di “second opinion” nell’emergenza e nell’ordinario con modelli già collaudati del tipo Hub-Spoke.
La proposta è dunque semplice e ambiziosa.
Perché non includere in questa rete Hub-Spoke anche Paesi e Strutture Sanitarie africane? Sarebbe anche un modo di fare formazione continua, e garantire una vicinanza che oggi, grazie alla nuova tecnologia è possibile. Si, perché in ogni singolo teleconsulto si fa sempre una sorta di formazione al sanitario che chiede aiuto.
Una ventina di anni fa si tentò un progetto simile. Era “L’alleanza degli Ospedali del Mondo”, progetto ambizioso del Ministero della Salute e del Ministero degli Esteri, che rappresentò il tentativo di creare una rete tra ospedali Italiani e molti ospedali africani. Ma 20 anni fa la tecnologia non era pronta, le connessioni erano ancora primordiali, i software rudimentali, troppo complessi e i servizi di telemedicina erano ancora qualcosa di sconosciuto, talvolta visti con sospetto.
Oggi già abbiamo eccellenze in Italia che usano Servizi di teleconsulto anche con l’Africa. Le piattaforme che Agenas sta producendo non potrebbero essere utilizzate anche per la formazione e la second opinion in molti paesi africani? Utilizzare tali piattaforme tra l’altro, potrebbe far crescere anche in Africa il business delle industrie che producono elettromedicali, Medical Device, di cui l’Italia è leader. Una cooperazione bidirezionale, per l’appunto, da pari a pari, che si rivela un vantaggio per l’Italia e l’Africa.
Tra l’altro, è bene ricordare che il bagaglio culturale e la vocazione di apertura dell’Italia ad una sanità globale è qualcosa che fa parte della nostra storia. A Roma, nel 1934, novanta anni fa, Guglielmo Marconi, fondò il CIRM (Centro Italiano Radio Medico) che ancora oggi è un servizio che offre un’assistenza continuativa di telesoccorso a tutte le navi in navigazione che abbiano malati a bordo in qualsiasi parte del pianeta.
Insomma, in Italia le eccellenze in tal senso ci sono: alcune università, IRCCS, Aziende Ospedaliere, Società Scientifiche, Enti del Terzo Settore già usano appieno tali tecnologie. I tempi sono maturi perché anche i progetti di telemedicina entrino appieno nel programma di sanità del piano Mattei.
Michelangelo Bartolo
UOSD Telemedicina A.O. San Giovanni Addolorata - Roma