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L’odissea del rinnovo del contratto Aris-Rsa

di Paola Riolo

22 NOV -

Gentile direttore,
c’è grande agitazione tra i lavoratori di residenze sanitarie e strutture riabilitative che applicano il contratto collettivo nazionale di lavoro Aris – Rsa, la cui firma per il rinnovo dell’accordo (attesa da 12 anni) è stata rinviata per l’ennesima una volta. Ad essere rimandata al 2024 (si presume entro fine gennaio) è stata principalmente la decisione di anticipare i versamenti degli aumenti di stipendio, proprio in attesa della sottoscrizione del nuovo articolato contrattuale che non si sa quando avverrà.

Dubbio che deriva dai vari no all’intesa che si sono registrati in questo lungo periodo. Il tavolo delle trattative purtroppo è naufragato, al contrario di quanto invece è accaduto con il contratto Aiop – Rsa considerato che i lavoratori dal 1° ottobre scorso stanno godendo di un accordo ponte capace di garantire loro il giusto adeguamento dello stipendio. Gli operatori cui è applicato il regime contrattuale Aris – Rsa continueranno a guardare e non abbiamo contezza di quanto tempo ancora dovrà passare, mentre il costo della vita in questi anni è aumentato in maniera esponenziale e non è più possibile al giorno d’oggi tirare avanti una famiglia con uno stipendio da 1.300 euro al mese e, nel contempo, dover anche pagare l’assicurazione personale, la propria iscrizione all’ordine professionale di competenza (come avviene in altri ambiti lavorativi pubblici) e garantirsi la partecipazione obbligatoria ai corsi di educazione continua in medicina (Ecm).

Negli incontri a livello nazionale, sono stati chiesti l’incremento stipendiale, gli arretrati, oltre al pagamento a carico dell’azienda in cui si lavora dell’iscrizione sia all’albo, che ai corsi, nonché la riduzione dell’orario da 38 a 36 ore, l’aumento del premio di produzione, l’uniformazione della tabella retributiva rispetto agli altri contratti di settore ed il welfare aziendale (ovvero l’assicurazione sanitaria integrativa e previdenza integrativa, in particolare). Sono rivendicazioni, su diritti legittimamente acquisiti da coloro i quali lavorano in questa tipologia di strutture della sanità privata, che mirano ad invertire quella tendenza negativa che si trascina da troppi anni. Un lungo periodo che ha tolto la dignità lavorativa, aumentando il dumping salariale e contrattuale, mettendo a repentaglio la qualità della vita di donne e uomini che continuano ogni giorno a mandare avanti in maniera professionale i centri dove vengono accolti migliaia di utenti bisognosi di cura ed assistenza.

Tutto questo è gravissimo e motivo per cui, tutto il personale è sul piede di guerra paventando anche ulteriori proteste se entro la fine di novembre non arriva una risposta chiara quantomeno su quello che può essere un contratto ponte. Non stiamo parlando di privilegi, ma semplicemente il minimo di quello che a nostro avviso deve essere il diritto di ogni lavoratore di vedersi riconosciuto ciò che ha acquisito nel tempo, per cui diventa evidentemente inaccettabile un ritardo così abnorme.”

Paola Riolo

Fisioterapista



22 novembre 2023
© Riproduzione riservata

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