Gentile direttore,
si sono succeduti in questi giorni su “Quotidiano Sanità” diversi articoli sulla qualità dell’assistenza, che partiti da un primo intervento di Roberto Polillo, hanno dato luogo in rapida successione ad una risposta del Consiglio Direttivo Nazionale della Asiquas (Associazione Italiana per la Qualità dell'Assistenza Sanitaria e Sociale) e poi altri due interventi di Polillo (di cui qui ci interessa il secondo), ad uno di Pietro Cavalli e ad uno di Agabiti, Davoli e de Belvis.
La ricostruzione del dibattito punto per punto rischierebbe di essere lunga ed non utile, perlomeno in questa sede. Conviene invece concentrarsi sull’ultimo intervento di Polillo, che prende a sua volta ispirazione da quello di Cavalli.
Conclude Polillo “La qualità è favorire la creazione di reti professionali che operano per massimizzare i risultati clinici mantenendo i professionisti fedeli ai principi di rispetto e dedizione verso il paziente. Il resto sono pratiche discorsive che autopromuovono i tecnocrati che pretendono di misurare ciò che non praticano e in fondo non conoscono. Anche per loro rischia dunque di valere l'aforisma che si applica spesso agli economisti quando vengono definiti "coloro che conoscono il prezzo di tutto e il valore di niente".
Insomma il tema per entrambi, Polillo e Cavalli, è quello di come rendere efficaci i sistemi qualità e la ricetta proposta, ovviamente semplifichiamo, è quella di far nascere e crescere la qualità dal basso.
Il lavoro pubblicato su JAMA, a cui rimandano più volte Polillo e Cavalli, fa specifico riferimento ad una realtà, quella della sanità americana, molto diverso dalla nostra. In USA le Assicurazioni, che controllano il mercato usano la Joint Commission come garante della qualità e della sicurezza degli erogatori, come usano le stesse Società scientifiche relativamente ai singoli specialisti di branca.
Se gli ospedali non sono certificati e i professionisti non sono aggiornati le Assicurazioni non pagano.
È uno strumentario per il controllo del mercato in una logica “profit”, ben lontana, ancora, da quella del nostro Paese. Certificazione e aggiornamento professionale sono, quindi, in funzione di ottimizzare i costi e ridurre i rischi per le Assicurazioni e i loro azionisti, prima o insieme ai loro pazienti.
Pertanto il mercato degli strumenti di misurazione della qualità e l’ingombrante peso di questi strumenti sul lavoro quotidiano dei clinici non ci sembra abbiano lo stesso ruolo nel nostro SSN, impressione maturata sul campo da quanti di noi lavorano quotidianamente nelle strutture e nei servizi del SSN.
Usiamo queste procedure e questi strumentari in un contesto pubblico solo per organizzare al meglio le gestioni, sviluppare buone pratiche cliniche e gestionali, perché essendo un sistema “pubblico” e non “profit” dovremmo essere “equi” e “universalistici”, ovvero dare a tutti il giusto livello di servizi in base ai loro bisogni impegnando le risorse “appropriate”.
Abbiamo, invece, perfettamente presenti gli effetti del rischio della burocratizzazione di alcuni dei processi chiave in tema di qualità dell’assistenza come quello dell’accreditamento. Quindi se il senso dei due interventi di Polillo era quello di richiamare l’attenzione sul rischio che la misurazione della qualità non sia spesso di qualità e che non sia “di per sé” efficace, come testimoniato dalla inefficacia del monitoraggio dei LEA nel migliorare la performance delle Regioni, noi ci diciamo subito d’accordo.
E ci rifacciamo anche noi al lavoro di JAMA che non liquida come inutile la misurazione della qualità, ma sottolinea l’importanza di farla meglio il che vuol dire nel caso americano con un maggior coinvolgimento dei clinici e con un minor dispendio di risorse e di energie. Questo, anche se in un contesto diverso, vale anche da noi.
Diciamo subito che queste affermazioni sono in larghissima misura condivisibili da parte di ASIQUAS, che non ha caso è nata in Italia prima come SIQUAS VRQ, come movimento totalmente dentro la pratica clinica e assistenziale quotidiana, visto che tra i suoi padri fondatori un ruolo di assoluto rilievo l’ha avuto Franco Perraro, scomparso nel 2016, Presidente Onorario della SIMEU Società italiana della Medicina di emergenza-urgenza, già direttore dell'Unità Operativa di Medicina d'Urgenza e Pronto Soccorso all'ospedale di Udine e, dal 1990 della Centrale Operativa 118 della Provincia di Udine. E altrettanto non casualmente l’attuale Presidente Nazionale di ASIQUAS è la collega Silvia Scelsi, una Infermiera Dirigente, attualmente Presidente Nazionale anche di ANIARTI (Associazione Nazionale Infermieri di Area Critica) e Coordinatrice Nazionale di IRC (Italian Resuscitation Council).
L’idea che la qualità non debba essere calata dall’alto, ma fatta crescere dentro l’organizzazione, è da noi totalmente condivisa. Il problema, o meglio uno dei problemi, è che la qualità, ovvero il processo che va innescato per migliorarla, non è un’erba spontanea che nasce da sola e da sola cresce “bene”. Quindi servono nella organizzazione del sistema socio-sanitario ai vari livelli competenze e riferimenti in grado di aiutare il processo.
Questa è la ragion d’essere di ASIQUAS, che non vede in alcun modo la qualità come un sistema che possa essere imposto dall’alto, magari con un continuo spostamento da un modello all’altro a seconda degli orientamenti e dei consulenti delle Direzioni protempore delle aziende sanitarie, da un modello alla Donabedian, cui ci ispiriamo noi di ASIQUAS, a modelli più spostati verso la certificazione o i modelli di ottimizzazione con un prevalente approccio ingegneristico manageriale.
Ci farebbe piacere che questo intervento chiuda questa prima fase di confronto, convinti come siamo che i punti in comune tra noi e Polillo siano molti di più di quelli che ci dividono, e aprirne se possibile una più costruttiva, e ci limitiamo, quindi a evidenziare pochi punti che suggeriamo come meritevoli di un approfondimento:
Ci piacerebbe avviare un confronto e inaugurare una fase nuova e più ricca di riflessioni sulla qualità del e nel SSN. Ci limitiamo in questa sede a ribadire di continuare ad impegnarci per meglio chiarire le nostre proposte in modo da rispondere ai dubbi e alle critiche oggi di Polillo e Cavalli e domani di altri, coinvolgendo tutti gli operatori sanitari, sociosanitari e sociali, a cui ci rivolgiamo con il nostro lavoro.
Siamo convinti come loro del modo a volte un po’ fuorviante di vedere la qualità da parte dei tecnocrati e, quindi, ricordiamo la parabola, spesso presentata al riguardo, in cui un ingegnere valuta la performance di un’orchestra. Ecco alcuni passaggi del report dell’ingegnere dopo il concerto: ”Per lunghi periodi i quattro suonatori di oboe non avevano nulla da fare. Il numero di suonatori deve essere ridotto e il lavoro ripartito più uniformemente nel corso del concerto, eliminando alti e bassi di attività. I dodici violini suonavano tutti una identica nota, il che sembra una ripetizione inutile. Il personale di questa sezione si deve ridurre radicalmente. Se occorre un volume di suono più elevato, lo si può ottenere con un impianto di amplificazione. …. Alcuni dei passaggi musicali sembrano ripetuti troppe volte. Le partiture dovrebbero essere sfrondate accuratamente. Non ha senso far ripetere alle trombe qualcosa che è stato già eseguito dagli archi. Si valuta che eliminando tutti i passaggi ridondanti, la durata dell’intero concerto si potrebbe ridurre da due ore a venti minuti e l’intervallo non occorrerebbe più.”. Ecco, noi di ASIQUAS siamo coi musicisti e non con l’ingegnere.
Se riuscissimo a parlare di qualità nel SSN, del ruolo da dargli e come svilupparla oggi, avremmo trasformato una sorta di “querelle” tra addetti in qualcosa che entra nel vivo della crisi del nostro sistema sanitario, che vogliamo salvaguardare, coinvolgendo gli operatori.
Consiglio direttivo Asiquas (Associazione Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria e Sociale)
[1] Francesco Di Stanislao e altri – “La qualità nell’Assistenza Sanitaria e Sociosanitaria”, Editore COM SRL, 2021