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L'ospedale nel suo contesto

di Roberto Polillo

24 LUG -

Gentile direttore,
la clinica moderna deve molto, se non dire tutto all’ospedale, straordinaria "machin a guerir" istituita sul finire del XIX° secolo in Francia per assicurare assistenza ai poveri e diseredati che offrivano il loro corpo malato alla proto-osservazione scientifica, avendone in cambio un giaciglio, un pasto e un po' di sollievo alle proprie pene.

Per molti decenni e per tutto il periodo del" nichilismo terapeutico" novecentesco, cosiddetto per la mancanza di farmaci e rimedi efficaci contro un corpo di malattie progressivamente meglio definite, l'ospedale con la forza dei numeri dei malati in esso accolti, ha consentito quella generalizzazione di sintomi e segni semeiologici su cui si è costituito la nosologia classica delle sindromi e delle malattie che ancora oggi adottiamo.

La svolta tecnologica degli anni ‘70

A partire dagli anni '70 del secolo scorso l'ospedale, grazie all'apporto delle grandi tecnologie sanitarie di tipo diagnostico e terapeutico e ai progressi delle scienze di base applicate alla medicina, è diventato il luogo dell'intensivita' assistenziale.

La sua missione dunque non è stata più solo quella di consentire al sapere medico di costituirsi, trasmettersi e rigenerarsi, ma è diventato il luogo della cura delle malattie acute e delle grandi patologie.

L' ospedale moderno, dunque, seleziona la sua casistica e accetta solo i pazienti che necessitano di quel particolare setting assistenziale, che solo esso può garantire, e rimanda alle cure primarie il resto delle patologie che richiedono invece un livello di assistenza erogabile efficacemente altrove o protratta nel tempo, multifasica ed estensiva

L'ospedale moderno dunque ha bisogno di tecnologie, di strumenti e di saperi multi-professionali ovvero sia di risorse umane specializzate nelle diverse discipline e quantitativamente adeguate a garantire un servizio H24 e sette giorni per sette e a mantenere quel circuito didattico che è componente altrettanto importante per l’implementazione della qualità professionale

Dotazioni umane e strumentali indispensabili ma non sufficienti

Le dotazioni umane e strumentali sono indispensabili per il corretto funzionamento dell’ospedale, ma non sono sufficienti a garantirne una piena funzionalità senza la capacità di esercitare un controllo "dinamico" sui flussi dei pazienti: di entrata ma soprattutto di uscita.

Per questo infatti serve altro. Serve un sistema di vasi comunicanti che consenta la dismissione dei pazienti appena risolta la fase acuta.

Serve dunque un contesto ecologicamente compatibile e integrato, una rete di strutture a più bassa intensità di cura e di servizi domiciliari che consentano all' ospedale di dimettere i pazienti e di affidarli ad altri, senza abbandonarli al loro destino.

Oggi, secondo il FADOI, la società scientifica degli internisti ospedalieri, il 20 per cento dei pazienti ricoverati sono "bed blockers" ovvero sia pazienti che compromettono seriamente il meccanismo di fisiologico ricambio dei degenti. E questo non per le loro condizioni cliniche, ma per l'impossibilità di trovare luoghi a minore intensità di cura a cui affidarli dopo la fase acuta.

Le reti cliniche e l'ospedale

L'ospedale dunque ha bisogno di essere inserito in reti cliniche assistenziali, senza le quali la catena si arresta e gli altri costi "in sé" della struttura si trasformano in spreco di risorse "per sé". E da qui il profondo rosso in cui molte strutture sprofondano soffocate dalle troppo lunghe degenze.

La rete clinica, al contrario, rende fluido il passaggio perché essa connette e coordina tra loro i diversi luoghi di cura definendo i percorsi di accesso e soprattutto di uscita programmata dei pazienti.

La rete infatti prevede per ogni patologia socialmente rilevante i luoghi della presa in carico del paziente (Mmg/ Specialista ambulatoriale) della cura della fase acuta (l'ospedale di diverso livello) e della dimissione protetta (il territorio, il MMG, la struttura di riabilitazione, etc)

Senza rete, l'ospedale è destinato a non funzionare e non sarà certo "l'hospitalist", figura tipica dell’ospedalità americana da costi spaventosamente alti, a risolvere problemi che non riguardano tanto la tempistica degli accertamenti intramurari e la loro velocizzazione ai fini della riduzione della degenza e delle rette, ma la capacità di riuscire a gestire i flussi dei pazienti verso le dimissioni o ulteriori luoghi di cura.

Il ruolo insostituibile della “politica sanitaria”

Ancora una volta non è la dimensione tecnica che può risolvere un problema che ha invece una dimensione sistemica e relazionale. E questo chiama in causa la capacità del decisore politico di definire necessità, priorità e volumi che i produttori di prestazioni sanitarie possono erogare per conto del SSN nell'ambito di precise strategie assistenziali

Insomma, per migliorare la performance dell'ospedale serve programmazione sanitaria, pianificazione metodologica e condivisione di progetti attraverso il coinvolgimento attivo dei diversi attori, pazienti compresi. Servono reti cliniche per le principali patologie cliniche che definiscano compiutamente il percorso clinico riservato a ogni paziente dopo averlo preso attivamente in carico

Senza questo processo di ridefinizione delle reti assistenziali e di costruzione di un ambiente ecologicamente connesso, ogni tentativo di efficientizzazione di una componente isolata è destinato a non produrre nulla.

Roberto Polillo



24 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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