Gentile Direttore,
in merito alla mozione presentata dalla Conferenza Permanente delle Facoltà e delle Scuole di Medicina e Chirurgia e dalla Conferenza Permanente dei Collegi di Area Medica meriti qualche riflessione aggiuntiva rispetto a quelle già esposte dalla parte sindacale.
Credo, come tecnico operativo che quotidianamente si confronta con il problema delle risorse umane, che la posizione della Conferenza Permanente delle Facoltà e delle Scuole di Medicina e Chirurgia e la Conferenza Permanente dei Collegi di Area Medica sia francamente incomprensibile, a meno di fare dietrologia rispetto alla potenziale perdita che gli Atenei potrebbero subire rispetto ai "gobbi" che sostengono la ricerca e la attività pubblicistica degli stessi Atenei.
Ma ovviamente si tratta di dietrologia che non merita ulteriori approfondimenti. Certo è che nella disastrosa situazione in cui si trova oggi (e per i prossimi anni) il SSN / SSR rispetto al bilancio dimissioni / reclutamenti sarebbero auspicabili ben altre prese di posizione solidaristiche da parte dell'Università.
Ad esempio, favorire la presenza degli assistenti in formazione in tutti i nodi della rete formativa extrauniversitaria, superando la logica dell'assegnazione su base volontaria dello specializzando (che di fatto non è mai volontario nelle aree più remote, disagiate, meno appealing, rendendo la rete formativa solo un adempimento burocratico) e adottando una logica più "impositiva": a rotazione tutte le posizioni della rete formativa devono essere coperte.
Molte altre potrebbero essere le proposte. Una in particolare a cui tengo molto è quella di vincolare i neospecialisti (cui è stata di fatto pagata la formazione con soldi pubblici) a un impegno di presenza per almeno 5 anni nel SSN / SSR (così come avviene nelle Accademie Militari). Trovo sconcertante che uno specializzando riceva una borsa con denaro pubblico e al termine del percorso formativo possa uscire dal sistema pubblico che lo ha formato senza nulla rendere. Questa potrebbe essere una rivoluzione.
Forse ancora più incisiva dell'invito ripetuto di Cavicchi alla mobilitazione generale e allo sciopero. Sul quale sono molto perplesso: la categoria medica non è la categoria dei metalmeccanici degli anni '70, ha fatto delle scelte (il concetto di "missione" in ogni caso si insinua nel subconscio di tutti noi) che non prevedono l'interruzione dei percorsi di cura dei propri assistiti. E come professionisti di alto livello formativo, abbiamo scoperto che basta licenziarsi e trovare altre soluzioni lavorative più allettanti sul piano della soddisfazione personale (professionale ed economica) piuttosto che ingaggiarsi in battaglie campali in cui tutti perdono, chi protesta e chi subisce la protesta.
Ribadisco quindi che si debba seriamente riflettere sulle politiche di reclutamento, non solo incidendo sulla parte stipendiale (sacrosanta) e sui tetti di spesa alle assunzioni (tanto, con la penuria attuale, i tetti non saranno mai raggiunti...) ma anche sulle modalità di reclutamento (mantenere la possibilità di reclutare dal 3° anno; vincolare i neospecialisti a operare nel SSN / SSR per un numero di anni coerente con il percorso formativo; snellimento delle procedure concorsuali; concorsi per aree aggregate così come si fa già in alcune Regioni). So che mi farò molti nemici, ma sinceramente non vedo soluzioni operative altre.
Federico Durbano
Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze
Azienda Socio-Sanitaria Territoriale Melegnano e della Martesana