Gentile direttore,
il dr. Polillo nel suo intervento del 12 maggio su QS paragona l’attività del medico di famiglia di oggi con quella di 30 anni fa e ne conclude che questi anni sono passati “inutilmente”. Trovo che confrontare la medicina del territorio di 30 anni fa con quella di oggi sia alquanto inappropriato.
In questi anni è cambiata la società, sono cambiati i contesti, sono cambiate le attese e pensare di poter comparare la condizione del medico di famiglia di 30 anni fa con quella attuale risulta alquanto anacronistico .
Negli ultimi 20-25 anni la nostra attività di medici di famiglia è stata totalmente rivoluzionata dall’arrivo dell’informatizzazione che ha portato non solo innovazione ma anche un notevole aumento del carico burocratico. Oggi contrariamente a 30 anni fa non è più possibile fare il medico di base se non hai un computer e una cartella collegata a un gestionale. Oggi le ricette sono dematerializzate, i certificati di malattia si fanno online, come pure i certificati di invalidità e i certificati di gravidanza, senza contare i piani Terapeutici che certo 30 anni fa i mmg non facevano. Ogni mese si devono inviare i Flussi alla Regione di appartenenza e questo non è solo un ulteriore impegno, ma è la dimostrazione che la tua attività è strettamente controllata: quanti accessi fai in ambulatorio e a domicilio, quante ricette invii, che farmaci utilizzi, quanti e quali visite specialiste prescrivi… L’informatizzazione ci ha messo a dura prova e gli indubbi vantaggi sono in gran parte subissati dall’enorme carico burocratico e dal fatto che “ grazie al computer” si è potuta sviluppare sempre più una medicina amministrata.
In questi anni si sono sviluppate le medicine di associazione, quelle di gruppo semplici o integrate e che questo il lavoro in equipe con altri colleghi , con personale di segreteria e nei casi più fortunati anche personale infermieristico ,sia ritenuto solo una pro forma e una inutile perdita di tempo mi lascia al quanto sorpresa : si lavora insieme non per imposizione e l’equipe cresce con l’impegno di ognuno . Sono molte ormai in giro per l’Italia ( forse più al Nord) le forme di medicina di gruppo semplici o integrate che forniscono aperture h 12 , servizi aggiuntivi per la popolazione e che si fanno carico di progetti di medicina di iniziativa ( per esempio per il diabete e la BPCO)
Di sicuro invece l’emergenza -urgenza non è competenza della medicina territoriale che non ha né gli strumenti né il luogo idoneo dove poter affrontare questo tipo di attività. Pensare oggi con le possibilità tecnologie esistenti di poter trattare le urgenze a domicilio o anche solo ritardare una diagnosi nell’emergenza sarebbe di sicuro controproducente per il paziente specie nei casi dove arrivare il prima possibile cambia la storia naturale della malattia.
Scrive Polillo che all’epoca , 30 anni fa, ha impiegato 6 anni per avere 450 assisiti mentre ora i giovani ne hanno 1200-1500 appena aprono e si trovano così “ sopraffatti da un numero esorbitante di pazienti che per inesperienza non sanno gestire e che non riescono a seguire” . Non capisco se il collega abbia nostalgia di quei tempi dove si impiegava anni a fidelizzare un numero di pazienti sufficienti per pagarti almeno le spese. Per fortuna non è cosi ora, ma certo avere un grande numero di assistiti con il carico di lavoro odierno risulta molto faticoso.
Sarà anche per questo che la medicina di famiglia è oggi “una landa disabitata“ e che i giovani medici pur avendo la possibilità di arrivare subito al massimale non sono attratti da questa professione che assorbe la maggior parte del tempo in pratiche amministrative e dove c’è sempre meno spazio per ascoltare e visitare il paziente .
Solo una scarsa conoscenza del nostro lavoro di medici di famiglia può far pensare che sia tutto o quasi come 30 anni fa o che dovremmo aspirare a mimare nel territorio l’attività degli ospedalieri per non essere costretti a trattare le sole “malattie banali”.
Il lavoro del mmg se fatto bene non ha nulla di banale anche se non tratta infarti, ictus o shock .
Forse pensa il dr. Polillo che le patologie minori non abbiano dignità? Dove pensa che andrebbero i pazienti a farsi curare le bronchiti o le polmoniti se non ci fosse il medico di famiglia ? Chi pensa che curi l’ipertensione e il diabete o come pensa che si arrivi alla diagnosi di tumore nella maggior parte dei casi?
Non è vero che per la medicina di famiglia questi 30 anni sono passati invano. In realtà molto è cambiato ma la trasformazione anziché portare a una maggiore tutela della nostra professione e a una maggiore autonomia che ci consenta di lavorare in scienza e coscienza, si è tutta spostata verso il controllo della spesa .In questi anni il medico di famiglia è stato chiamato a dare un forte contributo di appropriatezza diagnostica e prescrittiva per ridurre giustamente sprechi e diseconomie , ma i continui tagli sulla spesa sanitaria ci stanno portando a raschiare il fondo del barile con il rischio di arrivare alla sostituzione degli obiettivi di salute con obiettivi di carattere economico.
E’ tempo di invertire la rotta: la medicina del territorio ha bisogno di essere sgravata della burocrazia e di essere meno amministrata; il medico di famiglia deve per poter dedicare il massimo del proprio tempo e delle proprie competenze alla cura delle persone , alla visita medica, al ragionamento clinico, alla diagnosi e alla terapia e deve poter farlo in scienza e coscienza.
Ornella Mancin