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La Salute Mentale e le tante assenze al Tavolo del Ministero

di Andrea Angelozzi

03 MAG -

Gentile Direttore,
il decreto con la composizione del nuovo Tavolo Ministeriale sulla Salute Mentale, a cui fa riferimento anche Daniela Rebecchi nell’intervento su Quotidiano Sanità solleva molti interrogativi.

La sua composizione snella - secondo esplicita volontà del Ministro - vede di fatto, su 11 componenti, 9 psichiatri ed una neuropsichiatra infantile. Su 11 componenti, 3 appartengono alla Università.

Non ci permettiamo di entrare nella scelta dei componenti, molti dei quali sono figure di assoluto rilievo nell’ambito della scienza e della cultura psichiatrica italiana.

E’ difficile tuttavia non porsi delle domande relativamente al ruolo importante riservato alla Università, a fronte di segnali che la vedono spesso lontana dalla organizzazione effettiva dei servizi e selettivamente orientata, per quanto riguarda ricerca e formazione, ad un modello a forte impronta biologistica. Chiunque abbia seguito il forum di Quotidiano Sanità su “Oltre la 180” ha certamente notato proprio l’assenza importante della Università dalle questioni dibattute, come peraltro regolarmente avviene nei dibattiti, anche recenti su temi analoghi, ospitati da “Psicoterapia e Scienze Umane”, portando Pier Francesco Galli a parlare di “convitato di pietra”. Certo partecipare ai dibattiti non è un obbligo, ma esserne sistematicamente assenti forse ci sta dicendo qualcosa.

Ma l’aspetto su cui è importante soffermarsi, relativamente alla composizione di questo tavolo, è proprio quello delle assenze.

Mancano completamente riferimenti per figure professionali come gli psicologi, oltre che per le tante altre figure professionali che rappresentano il 90% effettivo dei servizi.

Mancano le associazioni dei familiari, degli utenti e del volontariato; e mancano tutti i riferimenti alla rete sociale (ad esempio l’ANCI) in cui i pazienti effettivamente vivono e con cui si interfacciano in un destino di costante interazione reciproca.

Questa composizione sembra dimenticare che l’OMS, nel Piano di Azione Salute Mentale 2013 -2020, ricordava al punto 26 il ruolo essenziale, per la implementazione dei programmi, della società civile, “incluse le organizzazioni di persone con disturbo mentale e disabilità psicosociali, le associazioni e le organizzazioni di utenti dei servizi e le altre associazioni e organizzazioni simili, le associazioni di familiari e di caregiver, le organizzazioni non governative che si occupano di salute mentale e di ambiti correlati, le organizzazioni territoriali, le organizzazioni in difesa dei diritti umani, le organizzazioni confessionali, le reti che operano nell’ambito dello sviluppo e della salute mentale e le associazioni di operatori sanitari e dei servizi” ed al punto 27 aggiungeva che i ruoli di questi gruppi “spesso si sovrappongono in numerosi ambiti e possono comprendere una molteplicità di azioni che attraversano le aree della governance, dei servizi sanitari e sociali, della promozione e della prevenzione in salute mentale, e dell’informazione, della produzione di evidenze scientifiche e della ricerca”

A livello nazionale le stesse linee di indirizzo nazionale per la Salute Mentale del Ministero della Salute del 2008, ricordando “il ruolo di sempre maggior protagonismo esercitato dal volontariato delle associazioni di utenti e dei familiari, che hanno dato un inestimabile contributo alla definizione di pratiche e politiche di salute mentale su base nazionale e regionale”, sottolineavano che: “Tutti i livelli della pubblica amministrazione e del mondo professionale sono coinvolti: ministeri, regioni, Autonomie Locali, Aziende Sanitarie, professionisti delle agenzie sanitarie e sociali del territorio, terzo settore, volontariato ed associazioni di utenti e familiari.”

Questo ruolo viene ribadito sia per quanto riguarda i Dipartimenti di Salute Mentale, sia per le stesse Aziende sanitarie, che è necessario che si dotino “ di un proprio Piano di Azione Locale per la Salute Mentale elaborato attraverso pratiche di concertazione con tutte le agenzie del proprio territorio (Distretto, Enti Locali, impresa sociale e imprenditoriale, associazioni dei familiari e degli utenti, organizzazioni del mondo del lavoro e sindacali, volontariato e organizzazioni culturali e ricreative, del mondo della formazione).

Aggiungiamo ancora che il Piano di Azioni Nazionale per la salute mentale approvato in CU in data 24 gennaio 2013 segnalava che “le Regioni sono garanti del pieno coinvolgimento degli stakeholders (pazienti e familiari) nell’intero percorso di cura”; ed anche recentemente, nell’ambito stesso della Emergenza Covid, le Indicazioni emergenziali per le attività assistenziali e le misure di prevenzione e controllo nei Dipartimenti di Salute Mentale e nei Servizi di Neuropsichiatria Infantile dell’Infanzia e dell’Adolescenza, emanate da Ministero della Salute in data 23/04/2020 sottolineano che “L’emergenza può così diventare un’occasione importante per sviluppare maggiore assunzione di responsabilità collettiva, e nuovi modi di lavorare con gli utenti e le famiglie”.

È importante poi ricordare che il ruolo degli stakeholder non è riconosciuto solo per la costruzione di documenti programmatori e la gestione delle situazioni, ma anche per documenti strettamente tecnici. Infatti per quanto riguarda la produzione di Linee Guida, uno dei tre criteri per definire la qualità metodologica delle linee guida (Grilli et al., 2000) è la multidisciplinarietà del gruppo di lavoro, che serve a garantire un “sano equilibrio” nell’interpretazione delle evidenze e nella formulazione delle raccomandazioni. Nel gruppo di lavoro dovrebbero essere rappresentate tutte le figure professionali e specialistiche coinvolte nella gestione del problema assistenziale di riferimento, oltre a medici di direzione sanitaria, epidemiologi, statistici, esperti nella ricerca d’informazioni scientifiche, economisti, stakeholders.

Questo aspetto assume importanza determinante del Sistema AGREE II, internazionalmente riconosciuto come griglia di valutazione della qualità delle Linee Guida, dove, su 6 dimensioni imprescindibili, la seconda è dedicata a verificare il “Coinvolgimento dei soggetti portatori di interesse (stakeholders): Verifica dell’entità del coinvolgimento di tutti gli stakeholders, oltre che il punto di vista dei potenziali utenti della LG.”

In coerenza con tutto questo i Tavoli Tecnici del Ministero sulla Salute Mentale hanno sempre previsto una ampia partecipazione di tutte le varie componenti che sono direttamente coinvolte nel problema della salute mentale.

La composizione attualmente indicata, di fatto, non solo identifica la salute mentale con la psichiatria, ma interpreta anche la psichiatria come una vicenda che riguarda la pura clinica medica del paziente, come se il contesto familiare e sociale non avesse un ruolo essenziale nelle dinamiche connesse alla patologia, e come se i suoi universi psicologici non meritassero attenzione. Affermare la importanza di questi aspetti non è una scelta ideologica, ma è semplicemente avere presente quello che ci dice la letteratura scientifica.

E’ vero che il Tavolo potrà organizzare tutta una serie di gruppi e sottogruppi, in cui probabilmente molti stakeholders saranno accolti. Come è vero che, alla luce delle modifiche del Titolo V attualmente esistenti, e maggiormente con quello che prospetta l’autonomia differenziata in materia sanitaria, il peso effettivo di questo Tavolo sulle scelte organizzative sarà inevitabilmente modesto, a fronte del ruolo preponderante delle Regioni.

Non è però modesto il riflesso di questo modo di concepire la salute mentale per quanto riguarda le scelte organizzative ed economiche nazionali e Regionali, come pure per la composizione dei vari tavoli tecnici ed organizzativi a livello regionale o dei DSM.

E comunque per quella che è la scienza e la cultura sulla salute mentale in Italia.

Andrea Angelozzi

Psichiatra



03 maggio 2023
© Riproduzione riservata

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