Gentile Direttore,
è stato presentato qui su QS il Decreto del Ministero della Salute e di quello della Economia e Finanze con il nuovo metodo di calcolo dei fabbisogni di personale messo a punto dall’Agenas allo scopo di consentire in via sperimentale alle Regioni di superare il tetto di spesa del personale del Servizio Sanitario Nazionale per un importo pari al 5% dell’incremento del Fondo Sanitario.
Questo Decreto affronta in particolare l’area della assistenza ospedaliera e quello della assistenza domiciliare.
Per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera il Decreto fa una affermazione importante e cioè che il metodo proposto per il calcolo di fabbisogno di personale (evidentemente propedeutico alla possibilità di accedere all’incremento del tetto di spesa) “si sviluppa sulla base di un presupposto fondamentale: che la rete ospedaliera oggetto di analisi sia organizzata sulla base di criteri di efficienza allocativa. Ne consegue che il metodo deve svilupparsi necessariamente sulla base di quanto previsto dalla programmazione sanitaria, in materia di organizzazione della rete ospedaliera e del ruolo dei presidi nel contesto. Pertanto la metodologia può essere applicata solo alle Regioni che hanno attuato il processo di adeguamento alle disposizioni di cui al DM 2aprile 2015, n.70.”
A supporto di tale scelta nel Documento si afferma che le Regioni hanno recentemente riorganizzato l’offerta di salute sulla base dei criteri del DM 70/2015 e che per questo i provvedimenti regionali attuativi del Decreto andranno applicati (e valutati) alle sole reti ospedaliere allineate agli standard del DM 70.
Mi sembra che questa scelta del Ministero di vincolare l’aumento sperimentale del tetto di spesa del personale ospedaliero ad una struttura dell’offerta coerente sul piano programmatorio coi riferimenti di legge (il DM 70, per ora) sia logica e condivisibile.
Il rischio di non offrire riferimenti sarebbe quello di legittimare reti ospedaliere regionali esposte ai capricci della politica e come tali inefficienti e candidate a togliere risorse al territorio. Le Marche offrono una vera cornucopia di esempi a questo riguardo.
Per una popolazione di un milione e mezzo di abitanti, a solo titolo di esempio, sono previste sei emodinamiche, quattordici terapie intensive di cui molte sotto agli 8 posti letto e 18 ortopedie tra pubbliche e private (che non impediscono una forte mobilità passiva). Ma l’esempio è molto più lungo.
Il problema è che non è per niente vero che “le Regioni hanno riorganizzato l’offerta di salute sulla base dei criteri del DM 70/2015”. E non è per niente chiaro come si farà la verifica di coerenza da parte del livello centrale della coerenza programmatoria dei provvedimenti attuativi del DM in corso di approvazione sull’incremento del tetto di spesa del personale dell’ospedale.
Fra l’altro questa verifica di coerenza andrebbe fatta anche sui programmi di edilizia sanitaria, che nelle Marche sono largamente incoerenti col DM 70, considerato dalla attuale Giunta poco più di una opinione. Si rischiano situazioni in cui vengono costruiti ospedali approvati nella parte edilizia e non approvabili come dotazioni organiche. Nelle Marche non è un rischio, è una certezza.
Perché non si definiscono finalmente i criteri di verifica della coerenza programmatoria delle reti ospedaliere regionali in modo chiaro e trasparente? Una cosa semplice che ad esempio definisca:
Ma forse la prima domanda da farsi è: il DM 70, che non piace a molti, specie a quelli che non lo conoscono, vale ancora? Ricordo che per il Ministro Schillaci, un altro che non lo conosce, non vale o non dovrebbe valere più visto che in Parlamento ha dichiarato che: “Quanto invece all’organizzazione dell’assistenza ospedaliera di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015, ritengo necessario – anche in ragione del tempo intercorso dall’entrata in vigore dello stesso – avviare un approfondimento con specifico riferimento agli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, anche in considerazione del quadro drammatico offerto dalla progressiva riduzione dei pronto soccorso e dei punti nascita e, più in generale, dalla situazione dei singoli reparti degli ospedali pubblici.”
Quindi Agenas e Ministro magari si parlino, così capiamo tutti un po’ meglio.