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La Fials al Forum Risk Management

di Mimma Sternativo

28 NOV -

Gentile Direttore,
in questa meravigliosa sala del Forum Risk Management si aggira un fantasma, più un elefante che un fantasma. Questo fantasma si chiama “eutanasia”. Siamo pronti a parlare di eutanasia? Non sono impazzita, so che si parla di PNRR, lasciate che provi a spiegarmi. Integrazione, multidisciplinarietà, prossimità, continuità assistenziale e promozione e prevenzione, sono queste le parole chiave del PNRR in Sanità.

Ma è importante chiedersi di cosa stiamo parlando. Perché i numeri, come questo prestigioso Forum ben ha dimostrato negli interventi di molti dei suoi ospiti, sono fondamentali.

Fondamentali sono le categorie, le sinergie tra contenitori differenti. Dobbiamo tenere a mente a cosa, o meglio a chi, corrispondono quei numeri, quelle categorie, quei contenitori.

Da stime ISTAT sono quasi 4 milioni gli anziani non autosufficienti del nostro Paese, molti di loro con gravi limitazioni cognitive; persone sole che verosimilmente in futuro necessiteranno di cure maggiori. Il fabbisogno assistenziale crescerà enormemente entro il 2050. E se i numeri che dirò a breve non sbagliano, questo PNRR dovrà inserirsi nel solco d’un cambio di rotta politico e gestionale enorme, rispetto agli investimenti (non solo economici) in Sanità.


Se non si ammette questo, se non si parte da questo presupposto bisogna prepararsi a pronunciare la parola “eutanasia”. È una provocazione chiaramente, lontanissima dall’auspicio e dalla coscienza di chiunque (almeno credo e spero) in questa sala.

Ma la domanda è, chi dovrebbe assistere quella popolazione non autosufficiente, con quale denaro, con quali prospettive se non facciamo un salto in avanti, se non invertiamo le priorità?

Le strutture siano esse pubbliche o private, hanno sempre più difficoltà a reperire sul mercato del lavoro infermieri, tecnici sanitari di radiologia medica, tecnici di laboratorio biomedico, assistenti sanitari e operatori socio-sanitari.

Iprofessionisti optano sempre più spesso per forme contrattuali diverse dalla dipendenza che, nei fatti, consente al lavoratore di conciliare meglio i tempi vita-lavoro, come pure di poter sfruttare meglio proprie competenze avanzate in prestazioni ritenute più qualificanti. Siamo passati in meno di tre anni dai maxi concorsi di 15 mila persone a graduatorie di 100/150 persone.

Nonostante il lieve aumento dei posti disponibili e l’importante campagna di immagine legata all’impegno e all’importanza delle professioni sanitarie nel corso della pandemia, soprattutto nei primi mesi, l’aumento del rapporto domande/posti disponibili non è apprezzabile.

Non a caso i laureati in infermieristica superano i 50,9 su 100.000 abitanti in Paesi come l’Australia, la Svizzera, la Norvegia, la Germania, mentre l’Italia è fanalino di coda con 18.4 nuovi laureati infermieri su 100.000 abitanti. E non si tratta solo di togliere il numero chiuso per l’accesso al corso di laurea, ma di dare condizioni anzitutto salariali diverse, riconoscere le competenze specialistiche acquisite, affrancandosi dalle diatribe del passato che servono più a tutelare interessi di categoria piuttosto che di sistema e offrendo condizione di welfare migliori, come sostegno alle lavoratrici dipendenti per la gestione dei figli, alloggi a prezzi calmierati.

Bisogna iniziare a parlare di benessere organizzativo, anche in considerazione del fenomeno dello stress post traumatico da Covid nei lavoratori della Sanità.Bisogna agire sui fattori motivazionali.

Un grande tema è anche quello dell’offerta formativa, pensiamo alla Svizzera ad esempio che paga di tasca propria la formazione specialistica dei propri professionisti.

Difatti, a fronte di 1.174 posti in più, rispetto al 2021, quest’anno abbiamo avuto il 6,9% di iscrizioni in meno ai corsi di laurea delle professioni sanitarie. Nello specifico, per fare qualche esempio, meno 9,2% delle iscrizioni al corso di laurea di infermieristica, meno 11,1 % a quello di infermieristica pediatrica, meno 7,6% a fisioterapia.

Parliamo anche di tutti gli ostacoli che lo studente del corso di laurea di infermieristica deve affrontare. Una delle poche facoltà, in cui se non superi un esame resti fermo per un anno o addirittura in alcuni atenei vieni considerato in automatico rinunciatario agli studi.

Parliamo del fatto che a Milano ad esempio, uno studente deve pagare almeno 700 euro una stanza (in periferia)e diventare un peso importante per la propria famiglia, visto che tra lezioni e tirocinio diventa impossibile cercare un lavoro.

Non ci sono molti professionisti non occupati nel mercato del lavoro e l’aumento del fabbisogno determinato dai nuovi servizi attivati nel corso della pandemia e che resteranno attivi ha assorbito l’eccedenza dei professionisti inoccupati.

Riguardo gli infermieri, la carenza è ormai quella che si era creata all’inizio degli anni 2000 e non è da trascurare la media di età sopra i 46 anni.C’è il grosso problema delle limitazioni funzionali del personale.

E se è vero che nel 2020 è aumentato il numero di assunzioni stabili, altrettanto lo è che lo stesso è servito a compensare i pensionamenti e licenziamenti.

Gli infermieri necessari per l’attuazione del PNRR sono 30.485 mila, la stima dei pensionamenti da qui al 2026 è pari a circa 52 mila, pertanto servirebbero quasi 83 mila infermieri in più. Occorrono quindi investimenti nelle strutture formative (aule, docenti, sedi di tirocinio) e una programmazione delle competenze da far acquisire.

Abbiamo una spesa sanitaria tra le più basse a livello internazionale, solo il 7,3% del PIL, contro il 15,9% della Germania e il 10,3% della Francia. E secondo una proiezione di spesa sanitaria pubblica futura, contenuta nel documento di economia e Finanza 2022, nel 2025 avremo una riduzione sul PIL fino al 6%.

E’ evidente, come sostenuto da diverse analisi, che nella situazione in cui siamo, garantire gli standard assistenziali richiesti dal PNRR e dal DM 77/22 sarà pressochè impossibile se non ci sarà una riorganizzazione dei modelli organizzativi come pure una nuova allocazione delle risorse umane, definizione delle priorità assistenziali, nuovi spazi di autonomia manageriali e soprattutto maggiore attenzione alle competenze.

Bisogna che ci diciamo quale sarà l’investimento per la formazione dei professionisti sanitari, quale la cabina di regia per il governo dei servizi sul territorio? Le case di comunità saranno finanziate dal pubblico e gestite dal privato?

Quali fondi verranno stanziati per equiparare i contratti di lavoro? Si pensi ad esempio ailavoratori delle RSAo dipendenti di cooperative con rinnova contrattuali fermi da anni.

Per una rinascita del territorio non si può non passare anzitutto dalla restituzione della dignità a questi lavoratori, stanchi di essere considerati di serie B e di essere sventolati sui titoli di giornale quando qualcosa va storto.

FIALS chiede un Contratto unico, che dia pari dignità professionale e salariale a tutti i lavoratori della Sanità.

La strada è lunga, ma occorre intensificare gli sforzi nel valorizzare le professioni sanitarie, nel raccontare chi siamo e cosa facciamo, rendendole attrattive per i giovani, per chi ancora deve scegliere chi e cosa essere professionalmente parlando, da grande.

Le priorità per Fials

1. Investire molto sull’attrattività: le aziende devono garantire maggiore autonomia e responsabilità ai professionisti. A fronte anche di una seria valorizzazione delle professioni.

2. Percorso universitario:il corso di laurea in Infermieristica è forse l’unico a bloccare il percorso di studi di uno studente, o addirittura lo rende rinunciatario, per il fatto di non aver superato un esame. C’è poi il problema della sostenibilità di studi e tirocinio: secondo l’organizzazione odierna, è di fatto impossibile essere uno studente-lavoratore, pertanto questo esclude chiunque non abbia in partenza un forte sostegno da parte della famiglia. Una riforma in tal senso è realistica in tempi rapidissimi.

3. Reclutamento immediato del personale non occupato. Per far questo è necessario snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale. Esistono tantissime graduatorie però i professionisti sono sempre gli stessi. Un ulteriore spreco di risorse pubbliche.

4. Modificare la struttura organizzativa delle cure territoriali, valorizzando le competenze cliniche ma anche manageriali dei professionisti sanitari e dei dirigenti delle professioni sanitarie.

Si pensi ad esempio all’istituzione del Direttore assistenziale, divenuto realtà nella sola regione dell’Emilia Romagna.D’altra parte la predisposizione dei modelli organizzativi assistenziali innovativi non può che essere fatta da chi per natura e profilo professionale si occupa di assistenza tutti i giorni.

5. Definire quali competenze, conoscenze e capacità cliniche e organizzative, servono per dare risposte alle nuove esigenze e bisogni di salute espresse dal cittadino. Il nuovo CCNL del Comparto sanità fa un primo passo per valorizzare queste competenze con gli incarichi.

6. Istituire corsi di formazione digitale per l’implementazione dello smartworking, una delle componenti indispensabili per accompagnare le trasformazioni del lavoro disegnate dal PNRR, spostando il baricentro dall’organizzazione aziendale alla persona, lavorando su obiettivi e migliorando la capacità di misurare i risultati.

7. L’OSS, la risorsa mal sfruttata. All’interno di una riorganizzazione e valorizzazione delle professioni, occorre rivedere la formazione degli Oss, valorizzandone il ruolo.

8. Accelerare la piena interoperabilità tra enti pubblici e tra gli stessi con le strutture del territorio, siano esse pubbliche o private. Un paziente ricoverato non dovrebbe dover spiegare mille volte qual è la sua storia clinica, territorio e ospedale devono “parlarsi”.

E speriamo la rotta cambi presto, anche se leggendo la bozza della finanziaria la speranza è piuttosto flebile,perché c’è tanto, tantissimo da fare, l’emergenza pandemica ha lasciato dietro sé strascichi importanti ma non ha partorito la rivoluzione sperata. E quel fantasma citato all’inizio, l’elefante ingombrante chiamato eutanasia, continua a danzarci davanti. Perché se non facciamo fronte oggi ai bisogni della popolazione, tra pochi anni, a questa popolazione come rispondiamo?

Mimma Sternativo dal Forum Risk Management
Membro della segreteria nazionale Fials, Segretario Fials Milano, Area metropolitana



28 novembre 2022
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