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Responsabilità professionale. Se è il consulente tecnico ad avere "paura" 

di Arnaldo Capozzi

18 SET - Gentile direttore,
la paura...Abbiamo permesso a tale sentimento di accoltellare la sanità e determinare danni pari a tredici miliardi di euro l’anno per colpa della medicina difensiva. Ma la paura, come vedremo, potrebbe anche diventare la leva giusta per invertire la situazione.
Come già riportato in questa rubrica, il medico chiamato in causa, dopo aver confrontato la relazione peritale a lui avversa con il Codice Deontologico, soprattutto articoli 62 e 58, può chiedere al suo Ordine professionale di interporsi sulla base del decreto in oggetto. L’Ordine professionale stabilisce la data di incontro fra medico chiamato in causa e perito medico-legale e, su richiesta del primo, si interpone tra essi e delibera nel caso di mancato accordo tra le parti.

Ma che c’entra la paura? Andiamo per ordine.
Intanto il nostro perito avvertirà senz’altro un senso di fastidio perché dovrà presentarsi al proprio Ordine professionale, preparare una propria difesa, perdere ore di lavoro, eventualmente chiedere consiglio al proprio avvocato (con pagamento di parcella).
Il termine “dovrà presentarsi” non è disposto casualmente: l’assenza del perito all’incontro fissato dall’Ordine non farà emergere tutte le critiche sulla riuscita della causa stessa e pone basi per future difficoltà al perito. In caso di esito infausto della causa, il perito assente all’appuntamento fissato dall’Ordine potrebbe dover rispondere di aver negato al paziente la possibilità di procedere o meno nella vertenza in tempi brevi. Potrà essere chiamato a motivare la sua indisponibilità alla richiesta di tutela dell’onorabilità da parte di un Collega soprattutto se, invece, è stato puntuale agli incontri fissati dal Consulente Tecnico di Ufficio. 

E poi avvertirà anche una lieve-moderata preoccupazione quando, leggendo la parte conclusiva dell’articolo 62 del CD: “… L’espletamento di prestazioni medico-legali non conformi alle disposizioni di cui ai commi precedenti costituisce, oltre che illecito sanzionato da norme di legge, una condotta lesiva del decoro professionale”, realizzerà che potrebbe, qualora le richieste di tutela deontologica del medico chiamato in causa fossero concrete, essere esposto a sanzioni disciplinari. Queste possono essere foriere di nuove problematiche riguardanti, ad esempio, l’assicurazione professionale (la cui rata aumenterà inevitabilmente) e forse la carriera (in particolar modo se il Consulente Tecnico è ospedaliero o universitario).

A questo punto la cosa comincia a creargli una seria preoccupazione. Prendiamo in considerazione il caso del medico chiamato ingiustamente in causa e del paziente costretto a risarcirlo. Ebbene, quest’ultimo potrebbe tentare di rifarsi nei confronti del proprio Consulente Tecnico. Nell’ipotesi in cui questo dovesse, successivamente, risarcire il paziente stesso, l’assicurazione professionale potrebbe non sostenere finanziariamente o sostenere soltanto in parte il proprio assicurato-perito essendoci “sospetto” di dolo nel suo comportamento soprattutto se sanzionato disciplinarmente. Ciò rende manifesto come il decreto del 1946 possa essere in grado di sovraesporre anche finanziariamente il perito stesso.

Che diventerà presto una forte preoccupazione. Potrà avverarsi qualora, in caso di ripetizione da parte del Consulente Tecnico di una medesima incongruità deontologica o di diverse incongruità nel corso degli anni, alcuni Colleghi, venuti a conoscenza del decreto del 1946, si uniranno in un’involontaria coalizione, utilizzando il decreto riguardo cause recenti o vecchie di anni. Nelle cause recenti, i medici possono considerare l’ipotesi di richiedere istanze di tipo deontologico da utilizzare come grimaldello nella mediazione civile al fine di ottenere tutti i possibili giovamenti del caso. Nelle cause passate e vinte, i medici possono considerare l’ipotesi di richiedere istanze di tipo deontologico da utilizzare per richiesta di eventuali risarcimenti nei confronti dello stesso perito.
Il fatto che il decreto del 1946 non sia stato utilizzato in tutti questi anni (sembra che sia per lo più sconosciuto), non significa che le attuali decine di migliaia di pratiche medico-legali siano esenti da problematiche deontologiche!

E infine paura. Come può il Consulente, uomo di età matura, che ha dimostrato più volte di sapersi difendere nel corso della vita, conoscere questo sentimento? Ebbene, dieci anni fa, questo ipotetico Consulente aveva 40-50 anni ed iniziava a proporsi anche per perizie senza sicure e forti basi scientifiche e senza quel grado di competenza richiesto dall’art. 62 del CD. Adesso, potrebbe avere 60 anni; la vita gli ha insegnato, senz’altro, a non essere molto fiducioso riguardo la giustizia soprattutto per i suoi tempi, talmente lunghi che, vista l’incertezza del futuro, i propri figli potrebbero dover rispondere finanziariamente delle sue cause perse. Le cifre da prendere in considerazione appaiono sostanziose: si tratta, almeno per quanto riguarda il paziente lamentoso che ha perso la causa, della medesima somma di risarcimento che egli dovrebbe al medico, ripetuta teoricamente per tutte le cause perse. È quindi forte il rischio che l’eredità del Consulente Tecnico ai propri figli possa essere addirittura bloccata. Il Consulente Tecnico è conscio di questa eventualità: è già avvenuto per altri Colleghi. E poi conosce certi affaristi travestiti da avvocati nonché la vera entità delle cause tra medici ed alcune assicurazioni professionali che sembra facciano di tutto pur di non risarcire. La paura del Consulente è quella per i figli, comune a tutti i padri, nasce con l’incertezza del futuro e peggiora con il passare degli anni.

Anche se non si è d’accordo con l’escalation delle preoccupazioni sopradescritte, il semplice buon senso dovrebbe essere sufficiente a consigliare a tutti la fuga dalle pratiche frivole. Resta il fatto che il decreto del 1946 ha in sé la forza di sovraesporre il Consulente Tecnico dal punto di vista deontologico e finanziario.
È verosimile che, annullando le perizie senza sicure e forti basi scientifiche (spesso deontologicamente opinabili) ed annullando le perizie senza quel grado di competenza richiesto dall’art. 62 del CD, si potrà tornare ad una fisiologica contrapposizione, con maggiore serenità nella vita professionale del medico e miglioramento della medicina difensiva.
La paura è stata alla base del “successo” della medicina difensiva e la stessa paura, spostando il bersaglio, potrebbe essere alla base della sua fine.

Dott. Arnaldo Capozzi
capozzi@ecografie3d.com
 

18 settembre 2012
© Riproduzione riservata

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