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C’è un futuro per la chirurgia?

di Marco A. Zappa

27 LUG -

Gentile Direttore,
molti giovani studenti di medicina mi chiedono spesso cosa significhi per me fare il chirurgo. La mia risposta, che comprendo essere di non facile interpretazione, è sempre la stessa “io non faccio il chirurgo, io sono un chirurgo”.
Sono nato chirurgo, ho immaginato di esserlo fin dall’adolescenza se non in precedenza, ho voluto esserlo con tutte le mie forze e con tanta tanta fatica ho cercato di apprendere in ogni istante l’arte che considero la più grande e nobile.

E, ogni volta che mi si pone la domanda fatidica, la mia mente ripercorre gli anni della gioventù, quelli della formazione, quelli della enorme passione che anche oggi, quotidianamente, cerco dentro di me. Per noi giovani specializzandi non esistevano notti, turni, domeniche, festività, Ferragosti, Natali o Pasque perchè la passione che avevo nel cuore doveva trovare forma e contenuti.

Esiste ancora una simile passione? Una simile volontà di impegno e di fatica? E osservando i gesti chirurgici dei miei maestri desideravo fortemente di poter, un giorno, essere come loro, ponendomi sempre l’imperativo di dare ogni giorno il meglio di me stesso, di essere ogni giorno migliore sia come uomo che come chirurgo.


Ma poi mi fermo a pensare: quale futuro possono avere oggi i giovani che si approcciano oggi alla chirurgia? Quali possibilità gli sono concesse? E allora rifletto su quanto il tempo e le modalità di formazione siano cambiati e, a mio parere nettamente peggiorati.

La burocrazia imperante che impone ai chirurghi energie e compiti amministrativi (basti pensare che per un intervento è necessario compilare oltre alla cartella clinica almeno 6 moduli di privacy, di consensi vari all’anestesia,all’intervento, alla trasfusione etc, etc.); che immediatamente terminato un intervento prosegue l’attività burocratica con la compilazione non del solo reperto operatorio ma di una serie di numerazioni per ottenere il rimborso regionale e nel post operatorio permane lo stilicidio di energie psichiche nel compilare fogli e fogli. E qui una domanda a me sorge spontanea: ma è corretto sprecare la professionalità di un chirurgo per compilare carte che, se necessarie, potrebbero essere compito di un ammnistrativo.

Rifletto ancora, oggi appare molto difficile insegnare agli specializzandi perchè il tempo di un intervento è monitorato dal risultato economico che l’azienda deve raggiungere (sigh!) e pertanto insegnare espone ad una tempistica operatoria maggiore di almeno il 30%.

E, me lo si conceda, rifletto ancora, la chirurgia è gravata oggi da contenziosi medico legali che, oltre a determinare l’aumento dei costi per la medicina difensiva, rende spesso problematica la scelta della terapia chirurgica da effettuare (la ghigliottina di un processo è sempre pronta a far scendere la propria lama!) e il chirurgo, così benedetto prima di un intervento, diventa sempre e molto spesso ingiustamente il colpevole di un risultato diverso da quello atteso. Non esiste più l’idea che la malattia sia talvolta superiore alla scienza, tutto è dovuto, la guarigione è l’unico risultato contemplato dal mondo!

Non voglio più pensare perchè potrei continuare a lungo, ma la tristezza riempie i miei giorni e soprattutto il pensiero che il futuro chirurgico di questo paese sia sempre più a rischio rende non sereno il tempo che mi rimane.

Ed allora ecco la risposta finale ai giovani chirurghi che mi chiedono cosa significhi essere un chirurgo... prima di rispondere penso ai miei pazienti che sono e saranno sempre il mio primo e unico pensiero. Sono le 5,30, come ogni mattina mi alzo e ho il privilegio di non chiedere alla mia persona la motivazione del cammino della vita: so che sempre la troverò negli occhi di chi vado ad operare!

Marco A. Zappa
Presidente Nazionale Sicob-Società Italiana di Chirurgia dell'Obesità
Direttore UOC chirurgia generale
Asst Fatebenefratelli-Sacco Milano



27 luglio 2022
© Riproduzione riservata

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