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Ecm, tra obbligo deontologico e obbligo formale

di Cristiano Domenico Ciro

25 LUG -

Gentile direttore,
la formazione continua in medicina per gli infermieri rappresenta un momento professionale di indubbia crescita ed è propedeutico al mantenimento e/o raggiungimento di standard assistenziali di consolidato e validato spessore scientifico. Ed è proprio perché l’esercizio professionale infermieristico è fondato sul metodo scientifico che possiamo affermare che uno degli strumenti di questo metodo, l’aggiornamento professionale, rappresenti uno dei processi attraverso cui l’infermiere rinnova e modella il proprio background verso pratiche e asset assistenziali attuali, necessari e funzionali.

La formazione continua è un obbligo di legge, e in quanto tale va recepito e rispettato, ma l’assenza totale di una politica sanzionatoria ne ha determinato una deroga costante fino al varo della legge Gelli in materia di responsabilità professionale, da cui ne deriva un indiretto obbligo di assolvimento del debito formativo a carico del professionista.

Difatti l’esercente di una professione sanitaria potrebbe vedersi esercitato il diritto di rivalsa da parte della compagnia assicurativa nel caso in cui non avesse assolto l’obbligo formativo. Ma siamo alla stregua di un nuovo capitolo circa l’obbligatorietà dell’aggiornamento continuo e contrariamente da quanto accaduto finora, le sanzioni preannunciate dalla Presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli potrebbero essere quel quid che spinge i professionisti infermieri verso l’acquisizione di nozioni e concetti di pratica clinica aggiornati nell’ambito delle prestazioni erogate.

La dott.ssa Mangiacavalli ha chiarito la questione proprio su quotidianosanità.it specificando che “Formazione è lo ‘zaino’ del professionista. Necessario riempirlo costantemente. Quello che a noi interessa è far passare la cultura dell’obbligo morale e deontologico nei confronti dell'assistito. Certo che poi c'è anche l'adempimento normativo”.

E proprio su quest’ultimo che si evince un aut-aut, il maggior incidente per determinare la giusta consapevolezza dell’obbligatorietà dell’aggiornamento continuo, perché l’unica modifica sostanziale rispetto al passato è proprio l’introduzione di un processo di ammonimento e successivamente sanzionatorio. Ciò ci induce a considerare la sanzione come il principale fattore di stimolo, almeno tra coloro che non hanno assolto l’obbligo nei trienni precedenti.

Ma è veramente corretto considerare tale obbligo, normativo e deontologico, come lo stimolo che produce gli aggiornamenti utili e di reale necessità per i professionisti infermieri? Ovvero “la cultura dell’obbligo morale e deontologico nei confronti dell'assistito” passa davvero attraverso un sistema di aggiornamento dai contenuti universali rivolti ad una platea definita solo nella misura dell’ordine professionale di appartenenza e quindi non sempre appropriati al singolo discente o tantomeno focalizzato sulle reali necessità del professionista che intende aggiornarsi rispetto alla sua pratica quotidiana?

Senza voler entrare nel merito della rilevanza qualitativa degli eventi formativi né sulla pluralità dell’offerta formativa esistente, di cui gli enti accreditatori svolgono il loro lavoro di controllo, siamo sicuri che un sistema a punti(crediti) crei davvero le condizioni necessarie affinché un dato professionista sia aggiornato nella pratica clinica? L’infermiere è il responsabile dell’assistenza infermieristica generale che è di natura tecnica, relazionale, educativa (DM 739/94). La stessa non risulta evoluta in specializzazione clinica in senso stretto né sul piano normativo che operativo. Ne consegue un calderone di eventi formativi aperti a tutti e senza nessuna specificità di contesto operativo.

Parimenti, è facile ipotizzare che la logica dell’assolvimento del fabbisogno triennale dei crediti ecm possa essere indirettamente indirizzata, anche se non necessariamente, più verso l’obbligo normativo che verso la realizzazione dei principi ispiratori per cui lo stesso sistema di aggiornamento nasce. Si genera così un ecmificio che nulla aggiunge al sistema salute e agli assistiti e che si configura come il fine e non il mezzo, un processo di commercializzazione del sapere, aggiornato e impacchettato in eventi erogatori dell’unica sentita necessità: il credito ecm.

La “cultura dell’obbligo morale e deontologico nei confronti dell'assistito” verrebbe così a soccombere lasciando il posto alla logica dell’obbligo e della sanzione, perché raggiunto il fabbisogno si realizza l’obbligo di legge pur non soddisfando il bisogno professionale e deontologico dell’aggiornamento mirato e quindi erogabile.

Appare scontato che il sistema di salute debba essere costituito da professionisti continuamente formati e aggiornati, ma è sul come, quando e a chi che andrebbero rivolti gli sforzi e le energie della governance ordinistica. La formazione e l’aggiornamento non dovrebbero avere la sfaccettatura di un corredo nozionistico standardizzato, universale, incurante della specificità della pratica assistenziale e incurante del contesto operativo del professionista a cui è rivolto.   

Perché in questo caso, lo zaino potrebbe pure riempirsi, ma è e resta un contenitore di una conoscenza che non necessariamente viene a divenire appropriata, spendibile e legata a specifici bisogni di formazione del professionista e specifici bisogni di salute del cittadino. Ne consegue che l’atto sanzionatorio si rende necessario come rafforzativo dell’obbligo morale e deontologico fungendo da deterrente verso una certa insolvenza della norma di legge e di osservanza dell’etica professionale deontologica, ma allo stesso tempo urge sollevare la riflessione sul sistema di formazione e aggiornamento a partire dalla dubbia metodologia di una raccolta punti fine a se stessa.

Dott. Mag. Inf. Cristiano Domenico Ciro

AOU Ruggi di Salerno

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25 luglio 2022
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