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La Regione rifletta sul ruolo del nuovo ospedale di Cremona

di Pietro Cavalli

02 MAR - Gentile Direttore,
per chi ancora non lo sapesse, la differenza principale tra le strutture ospedaliere è la classificazione del suo Pronto Soccorso che, nelle strutture di riferimento, viene definito “DEA di secondo livello”. E’ stato anche il trasferimento della Terapia Intensiva Neonatale (TIN) da Cremona a Brescia, fortemente voluto da Regione Lombardia e vanamente contestato dalla popolazione cremonese, a consentire ad una struttura ospedaliera privata di Brescia di rafforzare la sua posizione come sede di DEA di II livello. Considerando anche quello degli Spedali Civili , la città Leonessa d’Italia ha potuto raggiungere il traguardo di due Dipartimenti di Emergenza e Accettazione di eccellenza, una pubblico e uno privato, nella stessa città e a distanza di un paio di chilometri l'uno dall’altro.

Provate invece a cercare un DEA di II livello nel territorio che corre da Lodi e Mantova, dove di chilometri ne corrono quasi centocinquanta: evidentemente le dimensioni del territorio non contano, se è vero che c’è un DEA di II livello a Como, un altro a Lecco (a 25 chilometri di distanza), un altro a Bergamo (35 chilometri più in là),un altro a Monza,  un altro a Varese, un altro a Pavia e un numero imprecisato (tra pubblici e privati) nella cerchia urbana di Milano. Accertato quindi che le distanze costituiscono un elemento trascurabile nella scelta regionale degli ospedali sedi di DEA di II livello, sarà necessario ricordare che la normativa nazionale (il DM 70 del 2015, peraltro interpretato con una certa disinvoltura in ambito regionale) prevedeva un ospedale sede di DEA di II livello in rapporto al numero degli abitanti del territorio (da 600.000 a 1.200.000). Una normativa (in revisione) che evidentemente lascia il tempo che trova, se è vero che l’Ospedale di Sondrio, pur servendo un territorio con la metà degli abitanti della provincia cremonese,  è sede di un DEA di II livello.

Invece tutta la bassa Lombardia, che raccoglie più di 700.000 abitanti, resta ai margini dell’organizzazione ospedaliera regionale.

Sarà per questo motivo che Regione Lombardia ha deciso di costruire un nuovo Ospedale a Cremona? Quello attuale, costruito nel 1970, pur dotato di alcuni reparti ad altissima specializzazione è attualmente sede di DEA di primo livello.

Di questo nuovo progetto ospedaliero si sa ben poco, se non che sarà un edificio moderno, razionale, confortevole, cablato. Però, se è vero che gli aspetti alberghieri sono importanti, non bisogna dimenticare che in genere la funzione di un ospedale è quella di fornire assistenza e cura e oggi nessuno è in grado di sapere che cosa conterrà il contenitore. In parole poverissime: la nuova struttura sarà in grado di migliorare l’assistenza (non solo l'accoglienza) ai cittadini? E se sì, con quali servizi? Sono queste le domande, al momento senza risposta, che sollevano perplessità nella popolazione cremonese.

Al momento sembra esserci una concordanza di vedute tra alcuni esponenti della politica locale e regionale, la cittadinanza, gli operatori sanitari (per i quali è comunque saggio non esporsi) sull’esigenza di un DEA di II livello nella nuova struttura. La posizione strategica di Cremona nella bassa Lombardia è un elemento fondamentale per garantire una adeguata copertura del territorio. Se così fosse, allora molte delle perplessità espresse dai cittadini cremonesi potrebbero trovare una risposta se non del tutto soddisfacente, almeno accettabile. Se così non fosse, allora nulla potrebbe giustificare la costruzione di un nuovo “ospedalino” associata alla demolizione dell’edificio attuale (50 anni di età, 7 piani fuori terra , 85.000 metri quadri abitabili esclusi magazzini e seminterrati, 300.000 metri cubi di volume) e neppure i soldi spesi per un’opera che non avrebbe alcun impatto migliorativo a livello sanitario ma, forse, solo di immagine e di edilizia.

La popolazione cremonese non è contraria “a prescindere” ma, come per ogni valutazione, debbono essere pesati i vantaggi (possibili) e gli svantaggi (reali). Anche perché è stato dichiarato da fonti autorevoli che la vita media di un ospedale è di cinquant’anni. Dobbiamo aspettarci allora la prossima demolizione di moltissime strutture, a partire dal Policlinico di Milano (costruito nel 1456), per arrivare al Niguarda (inaugurato nel 1939) e agli Spedali Civili di Brescia (1950) e allora non basterebbe l’intero bilancio regionale (le tasse dei cittadini) a sostenerne le spese.

Pietro Cavalli
Medico, Cremona


02 marzo 2022
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