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Autismo. Ancora troppo ritardo nel riconoscimento dei casi

di Maurizio Bonati

21 GEN - Gentile Direttore,
i disturbi dello spettro autistico (ASD) sono una condizione eterogenea che si manifesta in modo diverso tra gli individui e nelle diverse fasi della vita di ciascuno. Almeno 78 milioni di persone nel mondo vivono nello spettro e la maggioranza non riesce ad avere accesso ad una appropriata cura (assistenza sanitaria, istruzione e assistenza sociale) basata su valutazioni personalizzate e su prove di evidenza. Negli ultimi due decenni numerosi studi epidemiologici descrittivi, principalmente focalizzati sui bambini e nei paesi ad alto reddito, hanno documentato in modo concorde un considerevole aumento della prevalenza e dell'incidenza dell’ASD. L’aumento dei casi è stato attribuito in modo diverso da un paese all'altro a diversi fattori quali la consapevolezza dell'ASD, i cambiamenti negli strumenti e dei criteri diagnostici, la riduzione dello stigma e una migliore organizzazione dei servizi sanitari.

In Italia, nonostante la decennale attività del Network Italiano per il Riconoscimento Precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico (NIDA) istituito dal Ministero della Salute, un’analisi accurata degli andamenti temporali sia per quanto concerne la diagnosi di ASD che la programmazione degli interventi ad essa associata è ancora mancante.

Uno studio
pubblicato questo mese su Epidemiology and Psychiatric Sciences ha esaminato l'andamento temporale dell'incidenza cumulativa di ASD negli ultimi 20 anni in un’ampia popolazione italiana composta da 1.323.792 bambini nati tra il 2000 e il 2017 e residenti in Regione Lombardia.
Lo 0,61% della popolazione tra 1 e 19 anni di età ha ricevuto nel corso dei 18 anni considerati una diagnosi di ASD, con un rapporto 4:1 tra maschi e femmine. Il valore massimo è stato osservato   per i nati nel 2015 per i quali nei primi 4 anni di vita un bambino su 105 è stato diagnosticato l’ASD. Si tratta di un aumento del 75% rispetto ai bambini nati nel 2009. Un miglioramento consistente nel tempo necessario per porre diagnosi di ADS confermato anche da un altro risultato: il valore di incidenza cumulativa ai 2 anni di vita raggiunto dalla coorte di nascita del 2013 è simile a quello dei nati nel 2000 al compimento dei 18 anni di età.

L'incidenza cumulativa di ASD non si è ancora stabilizzata. Un ulteriore miglioramento nel fare una diagnosi precoce è quindi ancora possibile e necessario. Sebbene sia difficile fare stime predittive accurate, l'incidenza cumulativa precoce potrebbe superare a breve l'1,1% dei nati con una diagnosi di ASD ai due anni d’età: uno su 91 nuovi nati, quindi circa 4500 nuovi casi ogni anno. All’aumentata diagnosi precoce non sembra aver fatto riscontro un analogo aumento qualitativo e quantitativo delle cure da parte dei servizi sanitari e sociali pubblici.

La necessità di migliorare rapidamente iniziative efficaci che tengano adeguatamente traccia delle tendenze di prevalenza e incidenza dell'ASD (ad es. registri nazionali, programmi di sorveglianza) e che coprano l'intera cura dell'ASD, nel corso della vita, per una popolazione target in crescita, rappresenta una sfida pubblica per l’intera comunità.

Si può fare molto per migliorare la qualità della vita delle persone nello spettro e delle loro famiglie, ma è necessaria un'azione concertata per rispondere ai molti bisogni inevasi con lo sviluppo di politiche e programmi efficaci e continuativi.

Maurizio Bonati
Responsabile del Dipartimento di Salute Pubblica, Istituto Mario Negri - IRCCS, Milano 



21 gennaio 2022
© Riproduzione riservata

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