Cosa ci insegna la mobilitazione sul bonus psicologico
di David Lazzari
18 GEN -
Gentile direttore,
la “psicopandemia” va letta e capita per dare le giuste risposte. In base ai dati conosciuti ben 8 persone su 10 hanno sviluppato problemi di malessere psicologico strutturato, ovvero “disturbi dell’adattamento” e due su 10 disturbi mentali in senso stretto e più severi.
Per dare risposte appropriate bisogna capire ciò che abbiamo di fronte ed evitare di fornire risposte inadeguate, inefficaci o addirittura dannose per la collettività. Nell’infanzia e adolescenza si stima che un soggetto su 7 presenta un disturbo neuropsichiatrico, mentre uno su tre un problema dell’adattamento, comportamentale e relazionale. Tra gli adulti le malattie ed i disturbi mentali si stima riguardano una persona su 10, mentre la fascia dei problemi adattivi, relazionali e di stress riguarda oggi un adulto su quattro.
Sino ad oggi il servizio sanitario ha risposto a queste problematicità psicologiche solo con i farmaci e con i servizi di secondo livello. Nel servizio sanitario non esistono servizi psicologici di prossimità, vicini ai cittadini, così come prevedono i, mai attuati, Livelli Essenziali di Assistenza e la riforma della sanità territoriale prevista dal PNRR.
La richiesta del bonus per l’assistenza psicologica, sostenuto da centinaia di migliaia di cittadini, ha evidenziato la richiesta pressante di ascolto e sostegno che arriva dalla popolazione, alla quale va data una risposta non solo potenziando i servizi specialistici di psichiatria e neuropsichiatria. La risposta efficace va data attivando un servizio di “consultorio psicologico” al quale possono rivolgersi direttamente e senza barriere i cittadini per ascolto, consulenza e sostegno
Oggi, un cittadino che ha bisogno di ascolto e sostegno psicologico può rivolgersi esclusivamente ai servizi di psichiatria, oppure a quelli di neuropsichiatria infantile, a quelli per le dipendenze, servizi che tra l’altro sono sguarniti di psicologi. Ma perché un cittadino, prima di chiedere ascolto e sostegno psicologico deve essere preventivamente ‘etichettato’? E’ evidente che questo frena, disorienta e confonde i cittadini.
Il consultorio psicologico deve essere presente nelle 1288 Case di Comunità, uno ogni 40-50mila abitanti, in modo da garantire un accesso di prossimità, e lavorare in rete con i servizi del territorio ed i servizi specialistici.
Il bonus è una risposta necessaria ma una tantum, per organizzare una sanità pubblica attenta ai bisogni psicologici, oltre che a quelli più strettamente psichiatrici, mancano all’appello 9000 psicologi, considerando le tantissime situazioni in cui c’è questo bisogno: negli ospedali, in tante malattie fisiche e nella gestione delle cronicità, nella gestione del dolore e cure palliative, nella riabilitazione, nei problemi cognitivi, nelle disabilità, nei problemi della donna, nella tutela della maternità, nell’infanzia e nell’adolescenza, nei problemi della coppia e della famiglia, nei problemi dell’anziano e nelle demenze, nell’aiuto ai caregiver, nei problemi dello stress anche verso il personale sanitario, nelle cure primarie e nelle cure domiciliari.
Una indagine del centro studi CREA Sanità pre-pandemia ha stimato che nel SSN servono almeno 15 mila psicologi mentre oggi ne abbiamo 5 mila e solo per il settore psichiatrico (dati Società di Psichiatria) ne servono 2 mila in più e altri 2 mila sono quelli che mancano negli ospedali. Se non si vuole vivere di soli bonus bisogna dare gambe alla psicologia nel servizio sanitario.
David Lazzari
Presidnete Cnop
18 gennaio 2022
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore