Pandemia e infodemia: comunicare bene, capire meglio
di Giovanni Maga
17 GEN -
Gentile Direttore,
nel libro scritto insieme a Marco Ferrazzoli per Zanichelli, "Pandemia e infodemia. Come il virus viaggia con l'informazione", abbiamo voluto sottolineare il ruolo fondamentale, ma anche fonte potenziale di ambiguità e disorientamento, di informazione e comunicazione. L’infodemia, ovvero l’eccesso di dati, notizie, commenti, si propaga come un virus, grazie alla pluralità di media, e comporta due rischi: “immunità” verso l’informazione stessa, una sorta di assuefazione che si traduce in sottovalutazione del rischio; “patologia”, ovvero il contagio di fake news e informazioni distorte e scorrette, che porta ad adottare comportamenti pericolosi, dalle cure “fai da te” al rifiuto della vaccinazione, fino all’“esito fatale”, la negazione stessa del virus e della pandemia.
Ma anche per l’infodemia esistono terapie e vaccini, modalità e atteggiamenti che aiutino il cittadino a essere parte attiva della lotta contro Covid-19 e non un soggetto passivo o, peggio, un ostacolo. Con un gioco di parole potremmo dire che i dati non vanno “dati”, ma spiegati, posti nel loro contesto, integrati in proiezioni di tendenze. C’è bisogno è un’informazione attenta, sobria, fatta da voci istituzionali competenti e credibili, evitando banalizzazioni e tecnicismi.
Soprattutto, evitando affermazioni che possano essere percepite come certezze, indicando il loro grado di approssimazione. Anche lo stile è importante: personalismi, gesti eclatanti, polarizzazioni delle posizioni, polemiche strumentali dovrebbero scomparire dalle nostre modalità comunicative.
La stampa deve privilegiare le fonti di sicura attendibilità e autorevolezza, evitando la contrapposizione a tutti i costi; la cittadinanza non deve cadere nell’errore diffuso secondo cui chiunque è o può diventare esperte grazie alla lettura di una pagina web; la comunità scientifica non deve prestarsi alla polarizzazione, ma seguire il metodo scientifico basato su cautela, dubbio e critica.
In questi giorni si è dibattuto delle modalità con cui vengono diffusi i dati relativi alla pandemia. Il bollettino del Cts continuerà con frequenza quotidiana, secondo gli accordi internazionali e le indicazioni Oms, ed è molto discussa anche l’inclusione tra i positivi dei soggetti asintomatici, in particolare, rispetto ai soggetti ospedalizzati per altre cause che risultino positivi asintomatici all’accettazione.
Stratificare le persone contagiate in categorie - asintomatici, paucisintomatici, gravi, vaccinati e non, ospedalizzati con o senza patologie pregresse, etc. - renderebbe più precisa la valutazione dell’impatto sulla salute pubblica, facilitando le analisi di rischio. Se, però, è chiara la finalità. Ad esempio, distinguere tra ricoverati per Covid o con Covid è utile dal punto di vista epidemiologico, ma qualunque contagiato ricoverato va isolato dagli altri pazienti e quindi contribuisce alla saturazione dei reparti Covid, spesso ampliati a scapito di quelli ordinari, riducendo così la capacità assistenziale.
I virus sono indifferenti nei riguardi dei loro ospiti umani. SARS-CoV-2 è programmato con l’unico scopo di riprodursi a spese dell’organismo infetto, senza distinzione.
Siamo tutti sue possibili prede. Per questo tutti, senza distinzione, dobbiamo combatterlo. Un principio fondamentale della comunicazione di pandemia è quindi il “public engagement”: fornire ai cittadini le informazioni necessarie per una corretta comprensione del rischio e delle misure imposte per contrastarlo e prevenirlo. Una comunicazione efficace si traduce in migliore osservanza da parte del cittadino dei comportamenti tesi a limitare i contagi. Viceversa, un’informazione confusa ottiene l’effetto opposto, agendo da moltiplicatore della diffusione del virus.
Giovanni Maga
Direttore Cnr-Igm Istituto di genetica molecolare
17 gennaio 2022
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