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Quelle accuse ingiuste contro i medici di medicina generale

di Giuseppe Belleri

14 GEN - Gentile Direttore,
mi consenta di occupare un po’ di spazio della rubrica delle lettere per replicare al velato rimbrotto che sul QS Polillo e Proia rivolgono ad “un MMG” - ovvero il sottoscritto - per aver utilizzato il termine lobby – peraltro accuratamente virgolettato - nei confronti della composita alleanza favorevole alla dipendenza dei medici convenzionato; l’uso “avventato” del termine era con evidenza riferito alla variegata coalizione e non alla GCIL Medici, come invece è stato impropriamente interpretato dai colleghi. Ma la questione della punteggiatura è irrilevante rispetto alla sostanza del problema, oggetto del presente contributo.
 
Se il termine “lobby” era incauto come valutare l’accusa contenuta nel recente documento della Cgil Medici di “fallimento del sistema di cura ed assistenza territoriale, che ha dimostrato drammaticamente la sua inefficacia durante la pandemia” a causa dell’ “attuale organizzazione della Medicina Generale, del medico ‘single practice’, libero professionista, isolato dal sistema” che per giunta impedirebbe “anche da un punto di vista normativo, la governance del sistema”?
 
Questa rappresentazione personalizza i problemi, non considera la path dependence degli eventi mescolando cause remote con effetti prossimali. Così la CGIL medici giudica i colleghi dell’assistenza primaria che da 2 anni sono in prima linea per fronteggiare la pandemia, nella prima ondata abbandonati a se stessi e poi via via dotati degli strumenti minimi per svolgere il loro lavoro, grazie ai quali nella quarta ondata stanno compiendo “miracoli” di efficienza continuando, si badi bene, a seguire il resto della patologia acuta e cronica “espulsa” dal sistema per far posto al Covid-19.
 
Ma tant’è, per la CGIL Medici sono solo libero-professionisti che perseguono i propri interessi corporativi – in attesa della fine di una confortevole vacanza contrattuale ultradecennale - insensibili a quelli collettivi e del SSN.
 
Sorprende che un sindacato medico, per quanto ultraminoritario, per supportare una proposta politica si sia accodato alla campagna di denigrazione mediatica del MMG, in atto da un oltre anno a base di generalizzazioni e bias cognitivi vari, corroborando la profezia di Antonio Panti: “da eroi a capri espiatori il passo è più breve di quanto sembri e gli amministratori del servizio sanitario, dopo aver lasciato i medici di famiglia senza protezioni e supporti, scoprono ora le gravi carenze del territorio”.
 
Oggi la categoria paga il prezzo di decennali politiche pubbliche all’insegna del disinteresse, nel migliore dei casi, e della marginalizzazione, nel peggiore, ma viene posta sul banco dell’accusa a beneficio di un’opinione pubblica desiderosa di trovare il responsabile attuale per gli effetti perversi di errate politiche distali.
 
Ma questo è il lato meno significativo del documento della CGIL, seppure sgradevole. Quello che stupisce è l’insistenza della critica al presunto carattere libero-professionale della medicina convenzionata condita con la censura verso gli “interessi corporativi degli Ordini Professionali e delle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative”; si tratta di accuse frutto di un pregiudizio ideologico vetero novecentesco, quasi che perdurasse quella dominanza professionale e quel monopolio sul libero mercato sanitario tramontati da almeno trent’anni sul territorio.
 
In compenso mancano riferimenti al dibattito sul professionalismo, come terza via tra la Scilla del controllo mercantile sulle professioni e la Cariddi burocratica della medicina amministrata.
 
Nell’iniziale decennio del secolo il mercato è stato il primo agente del controllo sulle professioni sanitarie, con le modalità del New Public Management (NPM). Emblematica è stata la fallimentare esperienza lombarda della Presa in carico della cronicità, centrata sul quasi mercato a competizione verticale tra I e II livello, la cui fase terminale è stata decretata dal Covid-19.
 
Poi con la crisi del 2018 ed ancor più con la pandemia le quotazioni del mercato sono precipitate per lasciare spazio al risorgere dello statalismo sanitario, in egual misura a rischio di accentramento e burocratizzazione. In questo clima culturale si inquadra la proposta del passaggio alla dipendenza, nel tentato di sfruttare la finestra di opportunità della crisi epidemica per “mettere in riga” i riottosi libero-professionisti convenzionati imponendo nell’agenda istituzionale la subordinazione della MG alle logiche managerial-burocratiche.
 
Anche a prezzo della sintonia, forse inconsapevole, con una campagna di squalifica pubblica che sconfina ancora con quella sorta di “colpevolizzazione della vittima” descritta da Panti.
 
Alle risorse del professionalismo, come terza via tra neo-liberismo e deriva burocratica, si richiama invece il documento FIMMG di difesa del rapporto convenzionato, seppure in modo un po’ scontato. Eppure a detta dei sociologi delle professioni dall’inizio del secolo il professionalismo classico, à la Freidson, ha lasciato spazio ad una molteplicità di forme ibride, nel tentativo di conciliare logiche manageriali e autonomia professionale a livello organizzativo, a base di alcune opzioni generali e strumenti di autocontrollo della qualità: accountability, benchmarking, auditing, governance clinica, Linee guida, PDTA etc.
 
Il limite del sindacalismo medico è stato di non aver rilanciato convintamente la sfida del professionalismo organizzativo, di matrice comunitaria e riflessiva, per un ruolo non subalterno della MG alle logiche manageriale ma originale e propositivo. L’occasione è stata persa con l’ignavia che ha accompagnato la Balduzzi, rimasta lettera morta e che ora finalmente con il PNRR viene messa in atto dopo un decennio di miope disinteresse.
 
In particolare le AFT possono ricostruire dal basso quella comunità professionale e di formazione/insegnamento, storicamente carente in Italia e causa remota delle criticità presenti. Talvolta le crisi si possono anche rivelare occasioni di rinnovamento, a condizione di non perdere l’opportunità di cambiamento delle pratiche, a prescindere dalle etichette giuridiche.
 
Giuseppe Belleri
MMG e Animatore SIMG


14 gennaio 2022
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