Il Pnrr e un nuovo modello di sanità. Sì, ma come?
di Marcello Bozzi
10 DIC -
Gentile Direttore,
a seguito
dell'articolo di ieri di QS, inerente i dati presentati dal Dott. Domenico Mantoan (AGENAS) al recente Forum Risk Management di Arezzo, desidero portare all’attenzione alcune considerazioni e riflessioni. La necessità è quella di un “ridisegno” del sistema dei servizi territoriali che non può essere pensato in una logica di “implementazione”, bensì come un “nuovo modello”, più vicino ai nuovi bisogni della popolazione e alle nuove esigenze di funzionamento delle strutture, che deve partire da una precisa fotografia dell’esistente, da portare a comparazione con le nuove necessità, da cui dovranno scaturire le reali esigenze.
Possibilmente senza interferenze di “campanili (municipalità) e di “orti” (stake-holder di diversa natura). Per questo è necessario “fermare le macchine” e fare approfondite riflessioni ed analisi prima delle decisioni.
La tab. 1 riporta i dati relativi alle strutture e alle risorse necessarie per ogni singola regione.
Procediamo con ordine:
1. La case di Comunità (1:50.000 ab.)
Sono definite “strutture di “prossimità” (pertanto vicine alla popolazione) … ma se il 70% dei Comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti (5.521 su 7.905) rimane difficile comprendere sia il concetto di “prossimità” (ma questo aspetto potrebbe essere superato con un modello “hub & spoke”, con la presenza dell’IFC - infermiere di famiglia - nelle comunità periferiche, nell’ambito di progetti condivisi con le municipalità e con i MMG/PLS), sia la possibilità di far confluire i MMG nelle Case di Comunità (progetto già affrontato nel 2012 dall’On. Balduzzi – poco sviluppato e molto “a macchia di leopardo”).
Molto interessante l’ipotesi di continuità H24 – 7gg su7 – probabilmente con la contestuale necessità di rivedere l’organizzazione dei MMG e dei MCA.
Relativamente alla dotazione organica ipotizzata (da 8 a 12 infermieri per ogni CdC) probabilmente è necessario specificare che tale dotazione organica (8:50.000 ab) era stata già definita nel DL 34/2020 per il potenziamento dell’Assistenza Domiciliare e per l’attivazione dell’IFC, proprio per quei servizi di prossimità sopra citati.
Potrebbe andare bene per “partire”, con chiara definizione di ruoli e competenze dell’IFC, in integrazione con l’ADI. Le variabili di contesto ed i volumi di attività consentiranno di meglio definire le differenziazioni e le reali necessità. I due standard di riferimento previsti da AGENAS incidono in maniera significativa nella numerosità di infermieri necessari (96.00 / 14.500 infermieri).
2. Centrali operative territoriali (1:100.000 ab.)
Una struttura di fondamentale importanza per la funzione programmatoria ed organizzativa dei servizi territoriali e per la garanzia della presa incarico preventiva e la continuità H/Territorio.
La stima è di 602 COT, con una necessità di 602 coordinatori e circa 3.600 infermieri
3. USCA (1:100.000 ab.)
Anche in questo caso è necessario definire chiaramente le funzioni, le attività, le integrazioni, i ruoli e le responsabilità (ricordando sempre che la parcellizzazione è nemica della razionalizzazione). Lo standard previsto prevede 602 Infermieri e 602 Medici. Da valutare se è da privilegiare una “struttura dedicata” o ona “struttura integrata” (nella CdC?), anche per un utilizzo più corretto e razionale delle risorse.
4. Ospedali di Comunità (1:50.000 ab. / 1: 100.000 ab)
Le attività e le funzioni dell’H di Comunità sembrano ben definite. Da definire meglio la strutturazione (20 pl non hanno margini di sostenibilità favorevole), la loro distribuzione e/o integrazione (recupero piccoli H, integrazione ad H di I livello, la prossimità ai centri a maggiore densità di popolazione, etc.) le risorse necessarie. Presumo una certa difficoltà nelle determinazioni di competenza dei governi regionali e nelle relative sostenibilità, anche in considerazione del fatto che gli standard proposti sono molto “lontani”. In termini numerici, se il rapporto è 1:100.000 ab. le strutture necessarie sono pari a 602 HC e le necessità sono quantificate in 602 coordinatori, 5.422 infermieri e 3615 OSS. Il doppio se il rapporto è 1:50.000 ab.).
In ultimo 4 ulteriori richiami:
a. Gli ospedali – prima di ripensare il DM 70/2015 è necessario fare una attenta analisi dell’esistente e una valutazione degli scostamenti rispetto al dettato normativo, a partire dagli artifizi usati da qualcuno (raggruppamento di più ospedali in un “ospedale unico). L’articolo “Per la sanità la vera priorità non sono i finaziamenti ma la riorganizzazione del sistema” - QS 12 ottobre 2019 – evidenzia appieno gli scostamenti (e forse si potrà prendere atto anche delle carenze vere di personale).
b. Le strutture residenziali – non se ne parla nel PNRR ma sarà la priorità assoluta, tenuto conto dei cambiamenti demografici, epidemiologici, sociali ed economici. Le tab. 2 e 3 riportano dati di sicura utilità per una migliore comprensione delle criticità e delle necessità.
c. Il personale – prima di parlare di “numeri” è necessario definire:
• standard di riferimento, tenuto conto dei servizi / attività da garantire e delle specificità delle singole famiglie professionali;
• definizione di skill-mix per ogni singolo contesto operativo (e/o chiara definizione della figura professionale di riferimento per ogni settore operativo);
• ripensamento della formazione e del profilo professionale dell’OSS (non perché mancano gli infermieri, ma perché è anacronistico che un operatore di 40 anni fa, con formazione modesta, avesse una operatività maggiore rispetto all’OSS di oggi, con un livello formativo significativamente più elevato), nonché per una valorizzazione vera degli infermieri e degli stessi OSS.
d. La governance – Definire chiaramente i ruoli, le integrazioni e le responsabilità (di filiera professionale, fino alla dirigenza), tenuto conto della funzione prevalente (nel caso specifico è quella assistenziale). Sulla base di ciò, anche ad evitare interpretazioni difformi a livello regionale, è necessario un chiaro indirizzo governativo per la definizione dei curricola formativi necessari per la copertura delle diverse posizioni delle articolazioni organizzative, nel rispetto dei contenuti della l. 251/2000, della l. 43/2006 e del vigente CCNL Area Dirigenza Sanitaria. Non è una questione di “lobby professionale” … ma molto più semplicemente una questione di conoscenze, competenze, specificità e caratterizzazione professionale.
Marcello Bozzi
Segretario ANDPROSAN – Associata COSMED
10 dicembre 2021
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