Banca del microbiota intestinale. Stilata una consensus mondiale per regolamentarla
In prima linea ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e dell’Università Cattolica, campus di Roma. Grazie alla banca di materiale fecale umano ai fini del trapianto di microbiota è possibile accedere a terapie ‘salvavita’ in caso di infezioni ricorrenti da Clostridioides difficile ricorrente, resistente agli antibiotici
25 OTT - Ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e dell’Università Cattolica, campus di Roma in prima linea per la Consensus mondiale su organizzazione e regolamentazione della
banca di materiale fecale umano ai fini del trapianto di microbiota.
Si tratta di una terapia ‘salvavita’ in caso di infezioni ricorrenti da Clostridioides difficile ricorrente (resistente agli antibiotici) e ritenuto sempre più come potenziale terapia contro altre malattie, come la colite ulcerosa, anche se sono necessari altri studi prima della pratica clinica.
Sottoscritto da esperti europei, americani e australiani e pubblicato sulla rivista scientifica Gut, il documento della Consensus vede come autori, organizzatori e coordinatori da
Giovanni Cammarota, docente di Gastroenterologia all’Università Cattolica e medico dell’Uoc di Medicina interna e Gastroenterologia del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, e
Antonio Gasbarrini, ordinario di Gastroenterologia all’Università Cattolica e direttore del CEMAD (Centro di Malattie Digestive) della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs.
La Consensus ha assunto ancora più importanza dopo che la Food and Drug Administration statunitense ha recentemente emesso un warning (una allerta) di sicurezza a seguito della morte di un paziente che ha ricevuto il trapianto di microbiota. La metodica consiste nell’inoculare nell’intestino di pazienti il microbiota isolato e purificato a partire da campioni di feci di donatori sani. Da alcuni anni è allo studio contro l’infezione intestinale ricorrente da Clostridioides difficile non rispondente agli antibiotici, con consolidati dati di efficacia e sicurezza. Ma la sua valenza appare sempre più ad ampio spettro anche per la cura di altre malattie, non solo del tratto digerente.
Per questo, sostiene Gasbarrini, “è importante che vi siano regole certe e riconosciute dalla comunità internazionale per gestire tutte le fasi del trapianto, dalla donazione dei campioni di feci, alla loro raccolta e conservazione, fino al trattamento dei pazienti”.
A tal fine la Consensus detta linee-guida certe, a partire dalla donazione: la scelta del donatore deve rispondere a criteri rigidi e uniformati; il donatore deve essere sottoposto a visite anche periodiche se la donazione è ricorrente; inoltre deve essere istituito un registro dei donatori in modo da prendere tempestive misure di sicurezza in caso di eventi avversi.
La conservazione dei campioni deve seguire procedure standardizzate e comunque un campione non deve essere conservato per più di due anni.
Infine è fondamentale attuare un monitoraggio dei pazienti trapiantati anche a lungo termine per consentire di intercettare eventuali eventi avversi nel tempo.
“Il trapianto di microbiota è ora una terapia consolidata per il paziente con infezione da Clostridioides difficile refrattaria e ricorrente, ma l’iter procedurale dovrebbe essere organizzato proprio come per i prodotti correlati al sangue in termini di test rigorosi dei donatori, preparazione e conservazione dei materiali – conclude Cammarota – pertanto, occorre regolamentare l’organizzazione del bancaggio delle feci ai fini garantire livelli elevati di sicurezza e nello stesso tempo aumentare la fruibilità del trattamento per i pazienti”.
25 ottobre 2019
© Riproduzione riservata
Altri articoli in QS Lazio