Tempari. Intervista al legale del Sumai che ha vinto la causa contro la Regione Lazio: “Giudici hanno ribadito che qualità servizi prevale su ragioni economiche”
"La sentenza segna un’ulteriore conferma dell’esigenza di difendere la supremazia della qualità dei servizi sanitari rispetto alle ragioni economiche dei processi organizzativi, qualità da porre in diretto collegamento etiologico con l’autodeterminazione dei medici e dei professionisti sanitari. Sicuramente una vittoria importante per i medici, i professionisti sanitari e per tutti i cittadini". Questo il giudizio dell’avvocato Locasciulli che ha rappresentato il Sumai davanti ai giudici amministrativi
07 GIU - La scorsa estate il Commissario ad Acta della Regione Lazio,
Nicola Zingaretti, emanò con decreto il “Tempario delle prestazioni ambulatoriali”, un documento in cui, in sostanza, si prevedevano dei tempi rigidi per 63 visite specialistiche nel tentativo di abbattere le liste d’attesa. Il Sumai Assoprof contestò da subito il tempario, chiedendo la sospensiva del decreto e il successivo ricorso al Tar del Lazio per l’annullamento del Decreto.
La scorsa settimana il Tar ha pubblicato la sentenza in cui accoglie il ricorso del Sindacato degli specialisti ambulatoriali, dunque ne riconosce in pieno le ragioni e di contro annulla il decreto della regione Lazio. In sostanza una vittoria piena del Sumai.
Guido Locasciulli, l’avvocato che ha rappresentato il Sumai davanti ai giudici amministrativi, spiega in quest’intervista l’importanza della
sentenza.
Avvocato Locasciulli, lei ha rappresentato davanti al Tar del Lazio le istanze del Sumai Assoprof nel ricorso contro il DCA della Regione Lazio meglio noto come “Tempario delle prestazioni ambulatoriali”. Il Tribunale, dandovi ragione, ha riconosciuto in pieno le ragioni del Sindacato. Perché è importante questa sentenza?
La sentenza del Tar Lazio N. 6013 che accoglie il ricorso promosso dal Sumai Assoprof contro il Decreto del Commissario ad Acta della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, i cosiddetti “Tempari” – con il quale l’amministrazione, con l’obiettivo di ridurre le liste d’attesa, aveva previsto la durata massima di 63 prestazioni sanitarie specialistiche – rappresenta un’importante e doverosa cristallizzazione della distinzione tra le esigenze ragionieristiche della gestione della salute ed il diritto alla stessa sotteso e preordinato ad ogni percorso assistenziale.
Il Tar infatti nell’accogliere sotto ogni profilo il ricorso afferma e conferma principi giuridici di carattere generale a tutela, garanzia e soddisfazione dei cittadini, dei medici e di tutte le professioni sanitarie. L’esame della sentenza riferisce una duplice azione interpretativa del Giudice Amministrativo la cui analisi ha interessato sia il profilo normativo che quello deontologico.
Come avvocato del Sumai, che ha una profonda esperienza nell’ambito del diritto sanitario, quali secondo lei le maggiori criticità del DCA della Regione Lazio?
Sin dalla prima disamina del DCA della Regione Lazio, risalente al giugno del 2017, erano emerse criticità inerenti il superamento della ripartizione tra le competenze legislative rimesse alla potestà esclusiva dello Stato e quelle di autorità regionale, e ciò sul presupposto secondo cui l’alterazione del libero ed incondizionato diritto/dovere di dedicare ad ogni singola prestazione il tempo ritenuto necessario per ciascuna fattispecie clinica, di fatto, modificava il raggiungimento ed il mantenimento dei Lea come previsti, a potestà statale, nell’ottica di garantire la indifferenziazione a livello nazionale dell’uguaglianza sociale del diritto alla salute.
Il Tar dunque ha respinto l’idea di un modello di assistenza sanitaria standardizzata su criteri temporali massimi…
Si, la sentenza accogliendo pedissequamente la motivazione di ricorso proposta sul punto dal Sumai, ha stabilito come “il numero di prestazioni erogabili per ciascuna ora di attività è determinato sulla base della tipologia e della complessità della prestazione e, fermo restando che il loro numero è demandato alla valutazione dello specialista ambulatoriale e del professionista, esso non può di norma essere superiore a quattro”.
Viene quindi squalificata l’impostazione normativa della Regione Lazio il cui effetto applicativo sarebbe stato l’accreditamento di un modello di assistenza sanitaria standardizzata su criteri temporali massimi, che avrebbe anteposto agli aspetti qualitativi quelli quantitativi, mal conciliandosi tuttavia con le specifiche esigenze cliniche di ogni paziente, ancorché portatore della medesima patologia.
Qual è secondo lei il punto centrale della sentenza?
La ratio giuridica consacrata dal giudice amministrativo è quella di ricondurre alla libera determinazione del singolo professionista sanitario la tipologia e la durata di ogni prestazione assistenziale richiesta che non potrà, né potrebbe, vedersi confinata in una durata prestabilita da fonti esterne.
Pertanto, la durata effettiva di ogni singola prestazione dipenderà dalla “tipologia” e “complessità” del trattamento da eseguire e una siffatta valutazione è riservata in via esclusiva al professionista sanitario. Diversamente, s’istituzionalizzerebbe la limitazione del processo assistenziale costituzionalmente garantito laddove il medico avrebbe l’obbligo di interrompere la prestazione sanitaria allo scadere del tempario stabilito dalla Regione, con la consacrazione della supremazia delle esigenze organizzative/contabili rispetto a quelle assistenziali.
Viene così accolto il principio di autodeterminazione stabilito nel Codice di Deontologia Medica.
Tale principio di autodeterminazione ricorre, peraltro a chiare lettere, nel Codice di Deontologia Medica dalle cui disposizioni (Artt. 3, 4, 6, 13, 20 e 33), per usare le parole del Tar del Lazio, “… si evince, nella sostanza, che il medico deve poter avere a disposizione un tempo minimo, onde poter svolgere le proprie funzioni in modo autonomo e responsabile, la cui durata non può che essere rimessa alla sua unica valutazione discrezionale e con esclusione, dunque, di indicazioni rigidamente e astrattamente predeterminate”. Il Collegio Amministrativo non tralascia neanche di accogliere l’ulteriore gravame proposto dal Sumai avverso la violazione commessa dall’Ente Regionale in danno all’Accordo Collettivo Nazionale di riferimento, rammentandone la centralità da riservare a tale strumento nel cui alveo normativo si devono esplicare, in via esclusiva ed a livello nazionale, le regole organizzative degli impegni di servizio dei sanitari, con ciò escludendo in radice interventi unilaterali della PA.
Il DCA aveva tra gli obiettivi dichiarati l’abbattimento delle liste d’attesa. Il TAR però sembra suggerire un’altra via per il raggiungimento di quest’obiettivo: l’aumento delle risorse umane e strumentali.
Esatto. I Giudici Amministrativi sottolineano come il presupposto motivazionale del DCA ovvero limitare e/o abbattere le liste di attesa, rappresenti un intervento importante ed ispirato al bene comune. Tuttavia, si legge nella sentenza, il raggiungimento dell’obiettivo non può avvenire tramite la riduzione del “tempo da dedicare ai singoli esami ed alle singole visite (e con conseguente aumento del carico di lavoro per il personale medico attualmente in forza) quanto semmai, mediante “l’aumento delle risorse umane e strumentali da adibire ad un così delicato settore quale quello della pubblica sanità”. E ciò, con a mente la logica motivazionale presupposta all’istituzione del S.S.N. avvenuta con L. 833/1978 di voler riconoscere ad ogni cittadino il diritto di ottenere prestazioni sanitarie preordinate alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica mediante un percorso assistenziale uniforme per tutti, a prescindere dalle specifiche differenze di condizioni individuali o sociali.
La sentenza, in conclusione, segna un’ulteriore conferma dell’esigenza di difendere la supremazia della qualità dei servizi sanitari rispetto alle ragioni economiche dei processi organizzativi, qualità da porre in diretto collegamento etiologico con l’autodeterminazione dei medici e dei professionisti sanitari. Sicuramente una vittoria importante per i medici, i professionisti sanitari e per tutti i cittadini e utenti del Servizio sanitario nazionale.
Stefano Simoni
07 giugno 2018
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