“Lo confermo: entro il 2018 il Lazio sarà fuori dal commissariamento. Ma in questi anni non si è fatto solo risparmi: la sanità laziale è già cambiata”. Intervista a Nicola Zingaretti
A una settimana dalle elezioni regionali del 4 marzo il presidente in carica è pronto al bis e ci crede anche in forza dei successi ottenuti sul fronte della sanità: "I conti sono a posto, il disavanzo va verso l’azzeramento, i Lea sono garantiti". "Dopo una traversata di dieci anni che ha significato tagli, sacrifici per chi lavorava nei nostri ospedali e una condizione spesso insufficiente delle cure e dei servizi per i cittadini, chiudiamo una fase e ne apriamo una nuova"
24 FEB -
Nicola Zingaretti è un fiume in piena. Tra una settimana termineranno i suoi primi cinque anni alla guida della Regione Lazio e lui è pronto al bis, sempre che ce la faccia a riconquistare la fiducia dei laziali e a battere Cinque Stelle e Centro Destra.
In questa campagna elettorale la sanità è stata protagonista quasi assoluta del confronto a distanza tra i tre maggiori competitor (vedi qui l'intervista a
Lombardi e quella a
Parisi) e sulla sanità, tutti ne sono convinti, si giocherà la partita per la rielezione di Zingaretti e altri cinque anni di governo di centro sinistra o per la svolta a destra o all'inedita doppietta Comune-Regione da parte dei pentastellati.
Zingaretti è fiducioso e si sente forte per essere riuscito a mettere i conti a posto dopo anni di piano di rientro: "L'uscita dal commissariamento è un dato oggettivo: i conti sono a posto; il disavanzo va verso l’azzeramento; il Lea sono garantiti", ci ha detto come prima cosa in questa lunga intervista dove abbiamo toccato tutti i temi della sanità regionale.
Dai perché di un disavanzo colossale che ha messo questa regione in ginocchio per dieci anni alle prospettive future. Ma anche rispetto alle cose, e secondo Zingaretti sono moltisime, che si è riusciti comunque a fare nonostante i vincoli del Piano di rientro.
Per il futuro le priorità di Zingaretti sono chiare: prima di tutto investire sul personale, la sanità territoriale e la rete dell'emergenza. Ma ovviamente siamo partiti dall'oggi e dalla conferma che dal piano di rientro si sta uscendo sul serio...
Presidente Zingaretti ci conferma che a fine 2018 usciremo dal commissariamento della sanità?
Prima di parlare del Lazio, vorrei lanciare un appello: è necessario infatti darci una prospettiva di respiro per i prossimi anni. È fondamentale allora che il Paese torni a investire sulla sanità. Gli investimenti sul sistema sanitario in Italia sono oggi tra i più bassi in Europa, in rapporto al Pil, nonostante l’enorme contributo che la nostra sanità dà sia in termini di servizi che di ricchezza. Per quanto riguarda il Lazio, l’uscita dal commissariamento è un dato oggettivo: i conti sono a posto; il disavanzo va verso l’azzeramento; i Lea sono garantiti. Il passaggio dell’uscita sarà sancito entro la fine dell’anno in corso. È una conquista per tutti, un patrimonio comune. Grazie al netto miglioramento dei conti e a un progressivo aumento di tutti i principali indicatori sulla qualità dei servizi per salute, dopo una traversata di dieci anni che ha significato tagli, sacrifici per chi lavorava nei nostri ospedali e una condizione spesso insufficiente delle cure e dei servizi per i cittadini, chiudiamo una fase e ne apriamo una nuova.
Tutto a posto quindi?
Siamo tutti consapevoli che c’è moltissimo ancora da fare, ma l’imperativo morale, prima che amministrativo, è quello di non tornare indietro. Dunque, come primo passo, occorre proseguire con l’innovazione nell’organizzazione della sanità e con il massimo rigore sui controlli e sulla qualità della spesa, senza cedimenti. Dobbiamo continuare a essere concreti e realisti. Di fronte ai problemi che restano, abbiamo la consapevolezza di essere più forti e di poter incidere sempre meglio sulla qualità delle cure e dell’assistenza alle persone, ma anche sui diritti di tutti gli operatori della sanità. Questa la sfida dei prossimi mesi e dei prossimi anni. La parte più difficile del cammino è alle nostre spalle. E dobbiamo essere orgogliosi del lavoro fatto, tutti quanti, perché riemergere dalla situazione disastrosa in cui versava la sanità regionale non era facile né scontato.
In ogni caso, una volta usciti dal piano di rientro, di quanto potranno scendere le addizionali Irpef, oggi al livello più alto d’Italia?
Per prima cosa vorrei ricordare che abbiamo già introdotto esenzioni dall’Irpef regionale per le famiglie in difficoltà e un taglio progressivo per i redditi tra 55mila e 75mile euro, con un risparmio di 323 milioni di euro per i cittadini. Questo significa che 2,3 milioni di euro di cittadini del Lazio, la stragrande maggioranza, oggi o non pagano l’addizionale, o ne pagano una quota pari o più bassa di quella che pagano i cittadini di altre regioni. Ciò è stato possibile grazie a una straordinaria azione di risparmi sulla spesa e di tagli dei costi della politica e dell’amministrazione. Ora però dobbiamo andare avanti. Grazie all’uscita dal commissariamento e al risanamento dei conti possiamo darci l’obiettivo di ridurre ancora i sacrifici richiesti alle imprese e ai cittadini. Confermeremo quindi le esenzioni per 2,3 milioni di euro di cittadini e interverremo sia sull’abbassamento dell’Irpef che sul ribasso dell’aliquota IRAP applicata alle imprese. Per garantire la copertura finanziaria agli sgravi fiscali, rinegozieremo il debito regionale e incideremo ancora sulle spese della Regione, migliorando la capacità di riscossione della fiscalità extratributaria; ampliando le procedure di gara centralizzate; diminuendo ancora i fitti passivi e le spese.
Dopo questi cinque anni di gestione del Piano di rientro che idea si è fatto dei mali della sanità laziale e delle possibili cause di quel buco astronomico nei conti sanitari che ha messo il Lazio in ginocchio per dieci anni?
Le cause del mostruoso debito sono state ben individuate dalla Corte dei Conti. C’era un sistema allo sbando dove, tanto per fare l’esempio più eclatante, la Regione non sapeva nemmeno di quanti posti letto disponeva, ed esistevano tre diversi sistemi di contabilizzazione. Il Lazio a livello nazionale era solidamente inserito, con ruolo di leader, nel gruppo delle “regioni canaglia”. Oggi la nostra sanità non è più in quella lista nera, ha i conti in equilibrio e il livello delle cure, secondo le rilevazioni ministeriali, è ben oltre la sufficienza. La sanità del Lazio non produce più un euro di disavanzo. Il disavanzo finanziario, che nel 2013 era ancora di 669 milioni di euro va verso l’azzeramento. La nostra sanità da problema nazionale può e deve diventare una risorsa per i cittadini e per il Paese. Questo è il dato storico con il quale dovrà misurarsi la politica. Questo è il dato che ci permette di pensare al futuro con realismo e serenità, perché permette di fare cose positive e importanti.
Come risponde a chi vi accusa di aver fatto solo tagli?
Che non è vero. La rotta si è già invertita con i nuovi investimenti sulle strutture e sull’innovazione tecnologica; con l'assunzione di nuovo personale e la stabilizzazione dei precari; con la costruzione delle reti, nel rispetto del Dm 70, che mancavano drammaticamente alla nostra regione. Poi, grazie all’opera di risanamento, abbiamo investimenti che non si vedevano da decenni sulle strutture, sull’innovazione tecnologica e per le nuove politiche per il personale: fino al 2018 saranno inseriti nei ranghi della sanità, compresa la stabilizzazione dei precari, ben 3.500 persone tra medici infermieri tecnici. Stiamo stabilizzando i primi 1.400 precari che rientrano nei requisiti del Dpcm e ora procederemo con quelli che rientrano nei requisiti della legge 208; la Regione è tornata in possesso di 16 ospedali venduti con una cartolarizzazione nel 2002 risparmiando 184 milioni in interessi. Le grandi storture del passato sono state eliminate. Abbiamo concluso il percorso di accreditamento degli operatori privati e firmato i protocolli con tutti i Policlinici universitari. Rimangono problemi e obiettivi, che però ora possiamo affrontare con una solidità e una credibilità ritrovate.
Se i cittadini le daranno nuovamente fiducia cosa si sente di promettere per la sanità? Su quali problematiche da risolvere punterà in particolare?
Non ho mai negato i problemi. Il sistema sanitario è un organismo complesso, estremamente difficile da gestire, poiché funziona senza sosta, tutto il giorno, e coinvolge migliaia di persone. In questo mondo così articolato, partito da una situazione così difficile, succede ancora troppo spesso che un meccanismo si inceppi, che una risposta al bisogno di un cittadino sia insufficiente o troppo lenta. È il caso del governo delle liste di attesa, per esempio, che restano innanzitutto un problema di organizzazione e di appropriatezza. Ora è in avvio l’accordo integrativo regionale con i medici di medicina generale: saranno loro a prendere in carico i cittadini che devono essere avviati ai percorsi diagnostici terapeutici. La sfida è la presa in carico dei pazienti cronici e la suddivisione dei flussi tra prime visite e follow up. In questo senso, sono essenziali la classificazione delle priorità nella prescrizione e l’appropriatezza degli esami diagnostici che compete al medico.
Un altro grande obiettivo è quindi quello di garantire la promozione dell’efficacia e dell’appropriatezza delle cure e la lotta alle diseguaglianze nell’accesso al sistema sanitario, che non va valutato per quanto produce, ma per i livelli di salute che riesce a garantire all’intera popolazione nel rispetto della Carta costituzionale. Voglio citare poi il grande tema della prevenzione. Era uno dei nostri punti deboli ed eravamo inadempienti rispetto agli standard previsi dal sistema sanitario nazionale. Abbiamo già potenziato fortemente le campagne di screening oncologici. Nel punteggio sui livelli essenziali di assistenza, per l’attività di screening oncologici passiamo da 3 punti a 7. Abbiamo aumentato del 40% le mammografie negli ultimi 3 anni. E aumenta anche la percentuale di tumori alla mammella diagnosticati precocemente e operati. Dati positivi su tutte le patologie oncologiche, grazie all’aumento degli inviti e delle adesioni ai programmi di screening. In particolare, per quanto riguarda la cervice uterina si passa dai 332 casi diagnosticati nel 2013 ai 417 del 2016. Per quanto riguarda gli screening del colon retto si passa invece dai 243 casi diagnosticati nel 2013 ai 491 del 2016. Campagne di screening che salvano la vita. Consolideremo ancora i programmi di screening attraverso campagne di promozione. In particolare, fissiamo l’obiettivo di arrivare a quota 500mila screening oncologici gratuiti per le donne. Infine, gli investimenti. Sono in rampa di lancio oltre 100 interventi per riqualificare le strutture della sanità con un investimento di circa 720 milioni. Un grande investimento che permetterà di rinnovare nei prossimi due anni tutta la dotazione tecnologica di ospedali e aziende.
Ci sintetizzi questo programma nelle prime tre grandi priorità.
Il primo impegno riguarda il personale. Dopo lo sblocco del turnover, è fondamentale il rispetto dei parametri del fabbisogno delle diverse strutture, garantendo il pieno turnover di medici, personale del comparto e personale amministrativo e tecnico. Continueremo inoltre a stabilizzare i precari e i lavoratori che rientrano nella 208 con procedure concorsuali e dobbiamo chiudere la stagione delle esternalizzazioni. Inoltre, investiremo sulla formazione e sull’aggiornamento degli operatori sanitari. È il momento di investire sul capitale umano. Per questo è stata molto importante la firma, dopo 9 anni, dell’accordo per i contratti della sanità pubblica, raggiunto grazie allo sforzo delle Regioni. Ora dobbiamo andare avanti anche con il rinnovo del contratto dei lavoratori della sanità privata bloccato da più di dieci anni. Un’altra priorità sarà quella di potenziare la sanità del territorio.
E come? Di riforma del territorio se ne parla da anni...
E' una sfida complessa che riguarda i distretti socio-assistenziali, i consultori familiari, i Dsm e l’età evolutiva e che potremo vincere potenziando le Case della salute e l’esperienza degli ambulatori aperti nei weekend, che vogliamo estendere anche ai pediatri di libera scelta. Ci sono 30 ambulatori del week end gestiti dai medici di medicina generale che offrono assistenza oltre che nei fine settimana anche in tutti i giorni festivi compreso Natale, Capodanno e Ferragosto. Questa rete è una innovazione fortissima, è presente in tutti i municipi della Capitale e in tutti i capoluoghi di provincia e garantisce, sempre, la presenza di medico e infermiere. Finora sono stati circa 250 mila i cittadini che hanno utilizzato il circuito. La presa in carico dei pazienti è una realtà: le sperimentazioni in atto, come ad Ostia sono estremamente positive. Nei prossimi anni, con l’ausilio dei medici di basi e dei pediatri di libera scelta, allargheremo ancora il servizio. Infine, sarà importantissimo continuare a potenziare e a innovare la rete dell’emergenza. Molte scelte hanno cambiato in meglio la vita delle persone ed è questo il sentiero da seguire da non abbandonare. Per esempio la possibilità in caso di infarto al miocardio di trasmettere i tracciati direttamente dalle ambulanze alle strutture ospedaliere ha salvato la vita a oltre 250 persone, perché sono state portate direttamente al servizio di emodinamica più vicino. E in questi casi il tempo d’intervento fa la differenza tra la vita e la morte. L’elisoccorso regionale è stato potenziato garantendo la copertura anche di notte in tutti i comuni del Lazio proprio in questo senso.
Lazio e Lombardia hanno il più alto numero di facoltà di medicina, esiste un progetto per valorizzare il ruolo didattico e di ricerca di questi poli? Glielo chiediamo perché la percezione è che, almeno qui nel Lazio, i policlinici universitari siano ormai ospedali come gli altri coinvolti nello stesso tran tran con pochi spazi per didattica e ricerca che dovrebbero restare le loro priorità. Percezione giusta o sbagliata? E se giusta, di chi è la colpa, della Regione o degli Atenei?
Il Lazio, come del resto il Paese, rischia da qui a qualche anno di avere carenza di figure professionali. Dobbiamo porre fine al paradosso di medici e professionisti che si formano nelle nostre università, ma poi sono costretti ad esercitare la loro professione all’estero, perché qui non trovano opportunità e perché sono carenti i numeri delle specializzazioni. Ii policlinici universitari sono un’enorme risorsa del Lazio ma anche una delle grandi vittime della stagione della destrutturazione della sanità. Lo sblocco del turnover significa innanzitutto poter immettere nel nostro sistema sanitario nuove energie e una nuova generazione di medici. Ma non solo. Oggi la medicina e le scienze della vita costituiscono una grande frontiera di innovazione e di sviluppo. Tanto più in una regione come la nostra dove, oltre alle università, abbiamo grandi aziende internazionali che investono sull’innovazione delle cure, dalla farmaceutica al biomedicale.
E come pensate di “sfruttare” tutto questo patrimonio?
Noi su questo grande campo che crea sviluppo e benessere puntiamo moltissimo. Io penso che una delle grandi priorità sia quella di investire di nuovo sulla capacita propulsiva in termini di ricerca e formazione sui Policlinici Universitari, che devono assumere un ruolo di traino del sistema e a una maggiore assunzione di responsabilità della sanità privata. In questi anni abbiamo rimesso ordine a questo grande sistema, firmando tutti i protocolli e dotando il sistema di regole chiare e trasparenti. In questi mesi stiamo già costruendo la sanità del futuro. Penso per esempio al progetto che abbiamo appena lanciato con il Policlinico Gemelli e l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena: nascerà dalla collaborazione di queste due eccellenze il più grande centro di protonterapia dell’Italia centro-meridionale. Un grande investimento tra pubblico e privato per la lotta ai tumori.
Molto c’è da fare, anzi moltissimo, ma oggi il sistema sanitario regionale, compreso il sistema degli atenei, è in piedi e ben saldo sulle sue gambe. È pronto a diventare risorsa del sistema regionale, mentre fino a ieri era uno dei problemi. Sulla valorizzazione dell’immensa risorsa costituita dal sistema regionale della salute, concentreremo il nostro lavoro nei prossimi cinque anni. Rinnovare il mandato a questa amministrazione è dare al sistema Lazio nel suo complesso quella continuità che non ha mai avuto e che è stata una delle cause della sua fragilità. Ora si può voltare pagina.
C.F.
24 febbraio 2018
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