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Lazio. È guerra sui controlli in riabilitazione. Addetti contro la Regione: “Non siamo truffatori. Ci ascolti o fermiamo i ricoveri”

Simfer, Sirn e Collegio degli Universitari contestano il sistema dei controlli della Regione Lazio secondo cui il 90% delle cartelle cliniche conterrebbe elementi di inappropriatezza. Ciò produrrebbe una richiesta di sanzioni di centinaia di milioni di euro, mettendo a rischio 10 mila posti di lavoro.

20 FEB - "Non siamo truffatori né incompetenti; è necessario cambiare le norme che  nella Regione Lazio regolano i criteri di accesso ai ricoveri e i relativi controlli".

È il messaggio lanciato ieri da Simfer (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa), Sirn (Società Italiana Riabilitazione Neurologica) e dal Collegio dei Professori Universitari di Medicina Fisica e Riabilitativa del Lazio.

La protesta del mondo della riabilitazione laziale è rivolta contro il sistema dei controlli regionali delle cartelle cliniche.

“I ‘controllori’ della Regione - spiegano le società scientifiche - stanno esaminando retroattivamente le cartelle cliniche degli ultimi otto anni delle strutture private e pubbliche (30 case di cura accreditate, 2 IRCCS, più i reparti di riabilitazione negli ospedali pubblici per un totale di 46) che erogano riabilitazione contestandone l’appropriatezza e la congruità. Gli esiti delle verifiche sono paradossali: bocciato il 90% dei documenti esaminati”.

“Siamo tutti truffatori o incompetenti?”, affermano il segretario regionale Lazio Simfer Carlo Damiani, il segretario regionale Lazio Sirn Rita Formisano e il presidente  del Collegio degli Universitari Walter Santilli. “Si tratta di un volume complessivo di pagamenti annui di oltre 250 milioni di euro che la Regione passa alle strutture per  2.500 posti letto, oggi i verificatori valutano inadeguate la maggioranza delle cartelle cliniche e tale giudizio comporta la restituzione delle somme e una sanzione aggiuntiva”.

“La restituzione di diverse centinaia di milioni di euro che la Regione Lazio chiede porterebbe al collasso i bilanci di molte strutture che erogano le prestazioni”, denunciano i rappresentanti dei riabilitatori. “E con ripercussioni occupazionali per un numero di lavoratori non lontano dai diecimila. Perché questa situazione paradossale riguarda solo il Lazio?”.

Tra gli aspetti contestati lo standard riabilitativo della Regione Lazio: 3 ore al giorno tutti i giorni senza alcuna distinzione basata sulle specificità dei pazienti.

“Se il ricoverato ha 40 di febbre o una polmonite in atto secondo i ‘controllori’ deve fare riabilitazione dal primo all’ultimo giorno del suo ricovero”, dice Damiani. “La sanzione è un abbattimento della tariffa dovuta per quel ricovero. Il livello dei controlli a questo punto è davvero inaccettabile”.

Vista la situazione, i riabilitatori chiedono “la revisione delle norme che regolano i criteri di accesso e di appropriatezza dei ricoveri in regime ordinario, adeguandole a criteri di scientificità come accade, del resto, in tutte le altre regioni d’Italia; rivendicano controlli omogenei, chiedono che i rilievi e le osservazioni siano uguali per tutte le strutture controllate (cosa che ad oggi non avviene).
 
E infine propongono che i controlli non siano effettuati retroattivamente su cartelle di 10 anni prima, ma che siano effettuati anno per anno. Le verifiche vanno affidate a medici esperti in riabilitazione”. Senza queste misure, concludono, “potremmo arrivare a fermare i ricoveri”.

20 febbraio 2018
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