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L’auspicabile tornata contrattuale delle alleanze

Gli items della nuove sfide che attendono la sanità sono: qualità delle cure, appropriatezza, gestione del rischio clinico, sostenibilità del sistema e individuazione dei finanziamenti necessari, che implica a monte scelte di politica di welfare, ricerca di una classe manageriale adeguata. Se non saremo in grado di superare gli inutili steccati e di buttare il cuore oltre l’ostacolo perderemo una battaglia di equità e di civiltà. 

28 GIU - In una situazione tanto difficile per la sanità italiana, dovuta a fattori difficilmente governabili (invecchiamento della popolazione, malattie croniche legate agli stili di vita, elevato costo dei farmaci e dispositivi innovativi, attese di allungamento della speranza di vita libera da disabilità e morbilità, spinte migratorie di popolazioni bisognose di cure) si stanno completando, a livello normativo, tasselli importanti, che certo non sono in grado, da soli, di vincere la grande sfida della sostenibilità di un universalismo delle cure reale e integrale, ma costituiscono una base importante per testare la tenuta del sistema:
 
1) Nuovo Patto per la Salute e DM 70/2015. Tra l’altro, per la prima volta in questo Paese, al pari delle migliori realtà europee, si stabiliscono standard organizzativi basati anche sui volumi dei casi trattati, per garantire sufficiente expertise diagnostica e clinica, e si pongono obiettivi di esito, monitorati con un sistema, il PNE, i cui risultati dovranno essere oggetto di pubblicazione sui siti aziendali entro il 30 giugno 2016 (comma 522 L. 208/2015, legge di stabilità 2016), in modo che i cittadini possano scegliere consapevolmente le strutture alle quali rivolgersi. Trattasi di una misura di trasparenza assolutamente nuova, che rappresenta una grande sfida per i professionisti e per le Aziende, che dovranno sostenerli ed affiancarli nonche’ di un importante strumento per la prevenzione del rischio clinico. Il mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure viene valutato, unitamente ai canonici parametri di profilo economico, ai fini della necessaria predisposizione del “piano di rientro” aziendale, di cui al punto 5), previsto dalla citata legge di stabilità 2016 . Lo stesso schema di decreto legislativo sugli incarichi direttoriali nelle aziende sanitarie, in esecuzione della delega della Legge Madia e ormai in dirittura di arrivo, ritiene il rispetto dei suddetti parametri oggetto di valutazione per i direttori generali. E’ evidente che trattasi di un quadro di grande attenzione alla qualità delle cure e agli outcomes clinici. La Regione Lazio, che negli ultimi due anni ha molto lavorato su questo fronte, attraverso il proprio sistema P.RE.VAL.E., ha visto migliorare tutti gli indicatori di esito.

2) DPCM 6 marzo 2015 contenente la disciplina delle procedure concorsuali riservate per l’assunzione di personale precario del comparto sanità che consentiranno, finalmente, una forte riduzione del fenomeno che ha mortificato per anni le professionalità sanitarie.

3) Decreto appropriatezza. Nonostante i rilevanti problemi applicativi evidenziati, che hanno indotto il Ministero della Salute ad una interpretazione “evolutiva” dello stesso Decreto, l’appropriatezza, in epoca di risorse scarse, diventa un obiettivo, direi, etico, per tutto il sistema, seppure da coniugare con le esigenze e le prerogative di una professione, quella del medico, che deve poter contare sulla ineludibile libertà di scelta degli strumenti diagnostici.

4) Disegno di legge sulla responsabilità professionale, che ha generato, e continua ad alimentare, un serrato confronto e un dibattito che comunque è uscito dalle aule del Parlamento e ha proattivamente interessato tutti gli stakeholders, su un tema di grandissimo impatto nel mondo sanitario, fondamentale per ricucire una frattura culturale tra esercenti le professioni sanitarie e cittadini. E’ stata stabilita, altresì, in sede di legge di stabilità 2016, l’obbligatorietà, in via immediata, per le aziende sanitarie, di istituire apposite strutture di gestione del rischio clinico all’interno della propria realtà organizzativa.

5) Piani di rientro per le aziende ospedaliere in deficit, da estendere successivamente anche alle aziende sanitarie locali sede di ospedali, sia sotto il profilo della sostenibilità economica che dei risultati del monitoraggio PNE, che indurranno le strutture ed i loro professionisti a misure di riequilibrio complesse ma, purtroppo, inevitabili.

6) I nuovi Lea, con particolare attenzione alle malattie croniche e alle malattie rare, seppure con finanziamento molto ridotto rispetto alle effettive esigenze dell’innovazione tecnologica.
 
7) Il già citato schema di decreto legislativo sugli incarichi di vertici nelle aziende sanitarie, istitutivo di un apposito elenco Nazionale dei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere e di una rigorosa valutazione dei risultati, anche se, attraverso lo strumento delle decadenze automatiche (si pensi anche a quella prevista dalla citata legge di stabilità 2016 in caso di prima valutazione annuale negativa all'interno del termine triennale del piano di rientro aziendale), i direttori generali - e solo loro - sembrano diventati il “punto di caduta” di un sistema tra i più complessi da gestire anche per la mancanza di strumenti di governance e controllo coordinati ed efficaci . Al riguardo, in disparte la circostanza che, allo stato, non è previsto un omologo meccanismo di verifica e “sanzione” automatica per il direttore amministrativo e il direttore sanitario, componenti inscindibili e fiduciarie della unitaria direzione strategica aziendale, gli stessi vigenti CC.CC.NN.LL. della dirigenza SPTA e Medica prevedono la possibilità di revoca dell'incarico di un dirigente di struttura, mediante anticipazione della verifica e valutazione da parte del Collegio tecnico, solo a partire dalla seconda valutazione negativa consecutiva, il che vuol dire un periodo temporale di almeno tre anni, tra assegnazione obiettivi, tempi tecnici di monitoraggio degli stessi, valutazioni dell’Organismo indipendente di valutazione e del Collegio Tecnico. E’ evidente che questo disallineamento temporale, rispetto alle decadenze del direttore generale, rende spuntata qualunque arma a disposizione del direttore generale, che, in realtà, sembra l’unico a “dover pagare”.
 
Gli items della nuove sfide sono, quindi, evidenti: qualità delle cure, appropriatezza, gestione del rischio clinico, sostenibilità del sistema e individuazione dei finanziamenti necessari, che implica a monte scelte di politica di welfare, ricerca di una classe manageriale adeguata.
 
In questo quadro, dopo anni di blocco, sta per riaprirsi la nuova stagione della contrattazione collettiva, sia per la dirigenza che per il comparto, in un contesto legislativo di profonda revisione dei complessivi assetti della dirigenza pubblica tramite la legge Madia che, peraltro, ha opportunamente mantenuto la specificità e la distinzione della dirigenza medica e sanitaria, con le discussioni che ancora fervono sul comma 566 della legge di stabilità 2015 e sull’articolo 22 del Patto per la Salute. Il CCNL del 2000 è stato un punto di snodo fondamentale, che ha creato, com’è normale per un CCNL, una propria peculiare cultura organizzativa, in un periodo nel quale, tuttavia, la complessità organizzativa del sistema e le connesse criticità di finanziamento non si erano ancora manifestate in modo così rilevante e, per certi versi, drammatico (la prima normativa nazionale sui piani di rientro è la legge finanziaria 30 dicembre 2004 n. 311). Le ulteriori tornate contrattuali sono state marginali e di scarso valore aggiunto, se non per la prospettata equivalenza tra incarichi “gestionali” ed incarichi di profilo e competenze “professionali”, dalla quale oggi occorre ripartire per “coltivare”nuovi modelli organizzativi.

Dal 2000 ad oggi la realtà organizzativa della sanità è profondamente cambiata: le professioni sanitarie oggi sono demotivate, invecchiate, a causa del basso turn over, stressate, specie nelle regioni in piano di rientro, impaurite dall'eccessivo carico della responsabilità professionale correlatamente ad una enfasi spesso ingiustificata sulla med-mal. Lo stesso personale medico universitario strutturato nelle aziende ospedaliere deve rispondere, oltre che delle responsabilità di profilo assistenziale, anche di impegni, sempre più pressanti, in materia di didattica e ricerca, rispetto ai quali viene valutato dall’Anvur. Le direzioni, a loro volta, rischiano di dover stressare ancor più l'apparato, sotto la scure della loro decadenza automatica in caso di mancato rispetto degli obiettivi legati alla sostenibilità economica e alla qualità clinica del sistema.

In questo contesto, proprio i CCNL del Comparto Sanità e dell'Area della Dirigenza Medica e Sanitaria, che stanno per essere discussi, potrebbero rappresentare un formidabile strumento in grado di alleviare le ferite del nostro sistema in crisi attraverso un nuovo sistema di alleanze: occorre una forte alleanza tra il Paese e quelle professioni sanitarie che hanno reso il nostro SSN uno dei migliori al mondo; occorre rafforzare la certezza di tutti i ruoli professionali in campo, uscendo, tuttavia, dalla logica delle “barricate” e delle gelosie corporative; occorre implementare il vigente assetto contrattuale (anche in termini di valorizzazione di posizione e sistema premiale) in modo da conformare gli incarichi alla logica dei “processi”, piuttosto che a quella delle “strutture” (si pensi, in tale prospettiva, alle aree di degenza organizzate per intensità di cura, alla necessità di raccordo tra ospedale e territorio per la continuità assistenziale, all’organizzazione per processi e pdta), valorizzando altresì il coinvolgimento della dirigenza e, più in generale, del personale sanitario, in un percorso condiviso di gestione del rischio clinico; è indispensabile, ora più che mai, favorire una rinnovata alleanza tra competenze specialistiche del comparto sanità e quelle della dirigenza medica, nel quadro, altresì, di un nuovo ed inclusivo patto culturale ed etico tra professioni sanitarie e cittadino, anche attraverso una nuova modalità, non solo formalistica, di comunicazione; occorre, soprattutto, in tale prospettiva, condividere una sinergia profonda tra le professioni sanitarie e le direzioni aziendali, nello sforzo comune e consapevole verso la sostenibilità, senza rinunciare all’innovazione.

In ballo c’è il welfare e nessuno di noi si può tirare indietro. Se non saremo in grado di superare gli inutili steccati e di buttare il cuore oltre l’ostacolo, verso una nuova flessibiltà organizzativa e culturale, perderemo tutti e per sempre una battaglia di equità e di civiltà. 
 
Tiziana Frittelli
Direttore Generale del Policlinico di Tor Vergata di Roma

28 giugno 2016
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