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I conti della sanità del Lazio: una bella gatta da pelare per Rocca

Dovrà lavorare bene e tanto per la sanità della Regione Lazio, oberata di debiti, pare oltre i 22 miliardi, e in procinto di essere commissariata ex art. 120, comma 2, della Costituzione. Forse, la migliore soluzione per l’ex presidente della Croce Rossa italiana, perché gli permetterebbe una maggiore agilità amministrativa nel restaurare le cose.

26 APR -

Il presidente Francesco Rocca avrà una bella gatta da pelare. Dovrà lavorare bene e tanto per la sanità della Regione Lazio, oberata di debiti, pare oltre i 22 miliardi, e in procinto di essere commissariata ex art. 120, comma 2, della Costituzione. Forse, la migliore soluzione per l’ex presidente della Croce Rossa italiana, perché gli permetterebbe una maggiore agilità amministrativa nel restaurare le cose.

Il tentativo non propriamente ideale

Con la conversione del decreto legge 34/2023, quello noto come il “decreto bollette”, si è tentato un emendamento, rubricato al n. 9.012, a firma dei deputati Benigni, Cannizzaro e Aruzzolo, strumentale a dare una mano a Lazio e alle altre Regioni in piano di rientro, in un modo quantomeno improprio e contra legem.

Insomma, si è tentata una sorta di (orribile) legge ad personam che - questa volta non divenuta tale perché l’emendamento è stato dichiarato inammissibile perché estraneo per materia alla conversione in atto - troverà verosimilmente posto in altro esame parlamentare. Una eventualità, questa, non affatto condivisibile né tampoco augurabile, attesa la deprecabile ratio della proposta, senza ombra di dubbio ingannevole dei principi di buona amministrazione e non affatto garante della chiarezza, della verità, della correttezza e della trasparenza dei bilanci nonché alle regole costituzionali che pretendono l’ossequio dell’equilibrio economico.

L’ammissione di un dramma e di “bugie” contabili seriali

Per altri versi, considerando l’emendamento bocciato come l’effetto di un preciso mandato delle Regioni interessate, è da rilevare che esso integra una chiara confessione delle illegalità commesse dai “mandanti” nella tenuta della contabilità pubblica funzionale a rappresentare una buona prassi piuttosto che il contrario nella gestione della spesa e, con questo, evitare la chiamata a responsabilità della filiera dei committenti. Non solo da parte del giudice contabile.

Di conseguenza, solo che si voglia rispristinare la legalità nelle contabilità dei sistemi sanitari regionali compromessi da esperimenti contabili disdicevoli, occorrerebbe non ricorrere a strumenti simili bensì rintracciare una disciplina di bonifica dei conti maltenuti con chiara espiazione delle sanzioni previste per i responsabili. Non farlo, si continuerà così ad libitum creando danni intergenerazionali e alimentando disappunto e sfiducia nelle generazioni future.

Il problema è certificato, va tratto il dado

Quanto a situazioni da rimediare, il presidente Rocca avrà tanto da fare per sistemarle.

D’altronde, la Corte dei conti laziale lo ha sottolineato e sollecitato da oltre un anno con chiarezza e precisione ineguali.

Le deliberazioni della Sezione regionale di controllo n. 30 (rel. D’Ambrosio) e 31 (rel. Sucameli) del 9 febbraio 2022 hanno infatti stigmatizzato i comportamenti contabili tenuti, rispettivamente, dall’Azienda sanitaria locale Roma 2 e da quella di Latina riferiti alle annualità 2017-2019. Dall’attento esame dei giudici contabili, è venuto fuori una situazione inimmaginabile e del tutto illegittima, concretizzatasi nel corso della gestione politica regionale capitanata da Nicola Zingaretti.

E’ venuta fuori una applicazione tecnica della tenuta dei conti strumentale a generare l’inconcepibile, ove ogni atto di indirizzo regionale è servito a determinare il peggio in termini di rispetto delle regole, costituzionali e non, al solo scopo, si presume, di conseguire convenienze politiche e non già di utilità pubblica.

Tutto questo ha reso inagibili i bilanci del sistema sanitario laziale sul piano della rappresentazione chiara e veritiera, tanto da arrivare a fornire risultati di gestione contraffatti, nel senso di essere stati esentati da pesanti componenti straordinarie negative.

Nel triennio esaminato dalla Sezione di controllo romana, è infatti emerso un ricorrente stralcio di debiti e crediti insussistenti, con particolare riferimento a note di credito da ricevere da erogatori privati per extra budget corrisposti, non affatto contabilizzate come corrispondenti insussistenze positive e negative, impiantandole invece direttamente, ma indebitamente, a livello patrimoniale nel fondo di prima dotazione. Un modo, questo, per eludere artatamente i risultati economici di periodo – dovuti agli utenti in forma assolutamente veritiera anche sulla base delle vigilanze previste - cui dovere dare altrimenti rimedio attraverso i normali mezzi finanziari resi disponibili dall’ordinamento.

Ciò che non andava fatto e un monito

Una brutta “abitudine” che ha avuto origine con il deprecabile assunto recato dal DCA a firma Zingaretti n. 521/2018 ove si individuava la “soluzione” nell’evitare l’appostazione nel conto economico delle insussistenze dell’attivo tra i componenti negativi di reddito ma di spesarle con la contrapartita innocua di “fondo di dotazione” destinato così a perdersi nel tempo. Il tutto ricorrendo tra l’altro a note di credito scollegate dalla realtà contabile perché prive di titolo sottostante, in quanto tali funzionali a mascherare erogazioni effettuate dai privati senza copertura ma retribuite ai medesimi attraverso il ricorso al sistema cosiddetto del castelletto fatture.

Agli ispiratori dell’emendamento, il consiglio di ripristinare nelle loro Regioni le regole nel rispetto non solo della Costituzione ma anche di ciò che spetta alla collettività in termini di verità, chiarezza e consapevolezza.

Ettore Jorio



26 aprile 2023
© Riproduzione riservata

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