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E se il cambiamento in sanità venisse dal confronto con le altre professioni?

20 MAG -

Gentile Direttore,
da decenni (da sempre?) sia la comunità scientifica, sia la sanità pubblica si interroga sulle prospettive e sulle decisioni utili per un miglioramento della qualità della ricerca e delle cure. Questa incessante attività di riflessione avviene quasi esclusivamente all’interno di queste enclave di professionisti: raramente aprendosi al dialogo con persone competenti in altre discipline. A pensarci bene, però, le sfide – come anche le opportunità – della sanità riguardano grandi temi come la sostenibilità del sistema con riferimento ai costi e all’impatto sull’ambiente, l’efficacia delle scelte di politica sanitaria in rapporto alla capacità di ridurre le disuguaglianze di salute e promuovere l’equità, l’appropriatezza delle decisioni cliniche in relazione alla qualità della formazione, la praticabilità di una cura improntata alla solidarietà che non esponga i professionisti al rischio di burnout, la necessità di ripensare l’assistenza sanitaria in una cornice di ripensamento complessivo delle politiche sociali. E si potrebbe continuare.

Prendere atto della modestia dei risultati raggiunti da una riflessione interna al sistema sanitario potrebbe coincidere con un rilancio del dialogo con altre professioni, promuovendo la crescita di un’intelligenza collettiva che ha nella rete e nelle connessioni tra esperienze diverse il principale motore per il cambiamento.

La docente di urbanistica al politecnico di Milano Elena Granata ha proposto un’affascinante similitudine paragonando la città del futuro a una spugna: “Se in Cina vanno le città spugna, da noi vanno le città impermeabili: in Italia abbiamo impermeabilizzato i suoli in maniera sistematica. Ad esempio, non abbiamo strade che sono lasciate a sterro, come invece succede a Parigi. L’asfalto e il cemento impediscono la porosità e la spugnosità delle nostre città. La città impermeabile, che ai tempi ci sembrava più sicura, più pulita e più asettica, oggi diventa pericolosa perché non assorbe le piogge” spiega su PlanetB

Ma pensando alla sanità come a uno spazio – o a un insieme di spazi e di percorsi – potremmo lasciare andare l’immaginazione fino a considerarla anch’essa potenzialmente porosa, capace di accogliere esperienze e proposte che giungessero da ambiti assai più prossimi di quanto non possiamo immaginare.

Una “sanità non impermeabile” dialogherebbe con i fisici che studiano i sistemi complessi, persone capaci di disegnare scenari come strumenti di ragionamento – come li ha definiti Alessandro Vespignani su Le Scienze – e non come elementi capaci di dirci inequivocabilmente cosa accadrà. Si trascura il rischio che – provando in ogni modo a evitare di considerare il margine di incertezza insito in tutte – o quasi – le attività concernenti la salute – si preferisca tirare a indovinare in base a preconcetti o ideologie. E non è certamente la cosa migliore.

Dalla determinazione delle priorità negli investimenti per il Piano di ripresa alle politiche per il coinvolgimento dei cittadini nella ricerca e nella cura domiciliare, il settore sanitario è in forte evoluzione. L'invecchiamento della popolazione, i progressi tecnologici e l’emergere di nuove malattie sono fattori che contribuiscono a orientare la direzione in cui il sistema deve muovere: come abbiamo imparato da cinque anni di lavoro al progetto Forward dell’assessorato della Regione Lazio, l’innovazione soffre i confini di specialità e discipline, è affascinante e irrequieta.

Chiede di aprirsi a un confronto attivo con il lavoro, la ricerca, lo studio di chi è solo apparentemente distante da sanità e salute, cercando di far tesoro dell’esperienza e dei successi in altri settori per valutarne una possibile applicazione nel proprio. Quello che può realmente cambiare gli scenari futuri è la convergenza tra discipline diverse, perché niente può riuscire ad avere maggiore impatto di un insieme diversificato di persone che vogliano andare verso un obiettivo comune. Una diversità di esperienze, un’originalità di sguardi: con la consapevolezza di poter imparare di più dalle persone con cui, apparentemente, abbiamo meno in comune.

Antonio Addis e Tiziano Costantini

Dipartimento di Epidemiologia SSR Lazio



20 maggio 2022
© Riproduzione riservata

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