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Spending review. Sigo: "Chiudere ospedali con meno di 500 parti all'anno"


Il suggerimento è venuto direttamente dal presidente, Nicola Surico, che ha spiegato come in questo modo "aumeterebbe  la sicurezza delle madri e dei nascituri, ci sarebbe un risparmio della spesa pubblica e si aprirebbero nuove possibilità di impiego per i ginecologi in strutture più grandi".

06 LUG - "I punti nascita in cui si effettuano meno di 500 parti l'anno dovrebbero essere chiusi e rientrare nel decreto sulla spending review". E' questo il pensiero del presidente della Società italiana di ginecologia (Sigo), Nicola Surico, che ha sottolieanto come la chiusura, già prevista nel piano varato con l'Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010, comporterebbe un aumento "aumento della sicurezza di madri e nascituri, un risparmio della spesa pubblica e nuove possibilità di impiego per i ginecologi nelle strutture più grandi, dove, infatti, aumenterebbe il numero delle nascite e servirebbe più personale".

Un circolo virtuoso, dunque, di grande valore considerando il delicato momento di crisi che si sta vivendo. "Non solo - ha proseguito Surico - l'accorpamento degli organici potrebbe rappresentare una soluzione al problema della cronica carenza di specialisti in ginecologia".
I punti nascita con meno di 500 parti l'anno sono l'8% del totale. "Una casistica insufficiente per per poter garantire la sicurezza delle nostre pazienti»", ha ricordato la Sigo. I cambiamenti prospettati potrebbero realizzare un sistema più moderno e più adatto alle esigenze delle madri. "Circa il 67% delle nascite avviene in ospedali con almeno 1.000 parti annui - ha spiegato Surico - dovremmo aumentare questa percentuale almeno al 90%".

Risulta indispensabile, per i ginecologi, impegnarsi nell'attuazione del piano approvato nel 2010. Lo stesso eccessivo ricorso al cesareo, come evidenziato da Surico, è il frutto di carenze organizzative: "Il parto per via chirurgica è spesso utilizzato per compensare le carenze di punti nascita non adeguati. Il tasso dei cesarei nel nostro Paese, pari al 38%, è il più alto d'Europa ed è il chiaro segno di problemi organizzativi".

La riforma, secondo la Sigo, dovrebbe, però, avvenire in maniera virtuosa senza prevedere tagli al personale, che anzi andrebbe potenziato. "Vanno uniti gli - ha concluso Surico - e chi attualmente lavora in piccoli centri dovrà supportare le équipe di quelli più grandi". 

06 luglio 2012
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