Covid e sicurezza sul lavoro. L’esempio del Consiglio di Stato
di Domenico Della Porta
Dalla magistratura amministrativa uno dei primi aggiornamenti dei Documenti di Valutazione del Rischio per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori e contenere, parimenti, il rischio sanitario da eventuali contagi da Sars-Cov-2. IL DOCUMENTO
02 GIU - Uno dei primi aggiornamenti/integrazione dei Documenti di Valutazione del Rischio (VDR) è stato elaborato agli inizi del mese di maggio, all’indomani dell’emanazione dei provvedimenti per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori e contenere, parimenti, il rischio sanitario da eventuali contagi da Sars-Cov-2, dal Consiglio di Stato per le proprie sedi istituzionali di Roma, ponendosi come esempio virtuoso da tenere assolutamente presente.
Nel rispetto rigoroso delle indicazioni diramate, è significativo l’immediato adeguamento delle proprie norme, senza esitare, superando dubbi e perplessità tutt’oggi ancora presenti, non soltanto tra gli imprenditori privati, ma anche in numerose realtà della Pubblica Amministrazione, il Consiglio di Stato ha dimostrato massima efficienza e non comune sensibilità per la salvaguardia della salute e sicurezza sul lavoro del proprio personale e dei frequentatori esterni degli uffici.
“Il contagio da COVID-19 essendo una pandemia globale non è propriamente un rischio che sorge sul luogo di lavoro e, pertanto, la valutazione che si è effettuata, è precisato nel DVR, riguarda il possibile rischio di innalzamento della possibilità di venire al contatto con il virus nell’espletamento dell’attività lavorativa. Essendo stata effettuata una valutazione di tipo “qualitativo”, si è proceduto ad una prima verifica sul possibile incremento del rischio di contagio, utilizzando la metodologia proposta nel documento INAIL “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione”.
Secondo la metodologia proposta il rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili:
- esposizione: la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.);
- prossimità: le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità;
- aggregazione: la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.). Tali profili di rischio possono assumere una diversa entità, ma, allo stesso tempo, modularità, in considerazione delle aree in cui operano gli insediamenti produttivi, delle modalità di organizzazione del lavoro e delle specifiche misure preventive adottate. La metodologia di valutazione proposta è basata sul modello sviluppato sulla base dati O’NET del Bureau of Labor of Statistics statunitense (fonte O*NET 24.2 Database, U.S. Department of Labor, Employment and Training Administration) adattato al contesto lavorativo nazionale integrando i dati delle indagini INAIL e ISTAT (fonti Indagine INSuLa 2 e dati ISTAT degli occupati al 2019) e gli aspetti connessi all’impatto sull’aggregazione sociale.”
Volutamente abbiamo segnalato tale attenzione da parte del Consiglio di Stato per sottolineare l’importanza di procedere al più presto all’aggiornamento/integrazione degli strumenti di prevenzione e protezione dei lavoratori, senza tentennamenti, trattandosi di un’azione da avviare tempestivamente soprattutto in questa fase di ripresa di tutte le attività, considerata dal Governo, non casualmente, come il periodo di convivenza con il virus.
E’ il caso di evidenziare, come anche in una recentissima sentenza della Corte di Cassazione del 20 febbraio 2020 viene ricordato il principio affermato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261105), secondo cui, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio dì prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare ed individuare, secondo la propria esperienze e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento/integrazione il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 D. Igs. n. 81 del 2008: all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Nella stessa sentenza si riafferma “il principio che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza, è gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro. E' stato altresì precisato che, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore, al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile.
Come si diceva, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento/integrazione il documento dì valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 D. Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale deve indicare in modo specifico (e non generico) i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata.
Tutto questo con una sola avvertenza. L’aggiornamento/integrazione deve riguardare rischi ragionevolmente prevedibili, (come quelli legati al contagio da Sars-Cov.2), di rischi, quindi, che possono essere individuati “con la diligenza richiedibile al datore di lavoro”.
Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali Università degli Studi Salerno
02 giugno 2020
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