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Liberalizzazioni. Intervista a Racca (Federfarma): "Le ragioni della nostra protesta"

di Lucia Conti

Nessuna lotta di lobby, ma una difesa dei diritti dei farmacisti di fronte a "interpretazioni punitive" che rischiano di far chiudere moltissime farmacie e di lasciare senza servizio un milione di cittadini. Parla Annarosa Racca, presidente di Federfarma e spiega le ragioni dello sciopero del 29 marzo

23 MAR - Uno sciopero proclamato per il 29 marzo, una diffida alle Regioni ad applicare la normativa prevista dall’art.11 secondo l’interpretazione fornita dal ministero della Salute in quanto il parere è “errato, illegittimo” rischia di “compromettere gravemente” la categoria dei farmacisti e l’accesso ai farmaci del cittadino, una lettera al presidente della Repubblica per chiedere di valutare le preoccupazioni della categoria e un’Assemblea straordinaria convocata martedì prossimo, 27 marzo, per decidere ulteriori iniziative di protesta.
Sono queste alcune delle azioni messe in campo da Federfarma negli ultimi giorni contro il decreto Liberalizzazioni fresco di approvazione da parte del Parlamento. O meglio, contro l’interpretazione del ministero della Salute sulle norme contenute nell’art. 11 del decreto riguardante le farmacie e, in particolare, sulla norma relativa all'obbligo di lasciare la direzione della farmacia al compimento dei 65 anni di età e al concetto di “zona” che, secondo il ministero, si tradurrebbe in abolizione della pianta organica.
 
Presidente Racca, Federfarma ha proclamato lo sciopero per il 29 marzo, ma l’Autorità Garante ha segnalato la mancanza di preavviso. Sciopererete comunque?
Sì perché i farmacisti non possono aspettare. Avremmo voluto rispettare i 10 giorni di preavviso previsti dalla normativa, ma la legge prevede anche che non possano essere indetti scioperi nella settimana precedente e successiva ad alcune festività, come quelle pasquali. Rispettare i giorni di preavviso, quindi, avrebbe voluto dire posticipare la nostra protesta alla metà di aprile. Un’attesa che non ci possiamo permettere, perché nel giro di pochissimi giorni molte farmacie saranno già a rischio chiusura.

Per via del comma 17 dell’art. 11 che prevede che il farmacista 65 enne debba lasciare la direzione della farmacia?
La nota del ministero della Salute che fornisce l’interpretazione del comma prevede che tutti i titolari di farmacia che al momento dell’entrata in vigore della legge avranno compiuto 65 anni di età dovranno nominare un farmacista direttore. Questa interpretazione è controcorrente rispetto a quanto succede nel Paese, dove l’età pensionabile continua ad essere posticipata. I farmacisti, in pratica, saranno gli unici professionisti ad essere penalizzati in maniera iniqua e costretti a lasciare la direzione della propria azienda. Ma questa interpretazione è anche pericolosa per il cittadino. Come farà, infatti, un collega di 65 anni che dirige una farmacia in zone rurali o non redditizie a trovare nell’immediato un farmacista che possa sostituirlo alla direzione? Le difficoltà non sono legate solo alla disponibilità dei colleghi ad assumere la direzione di una farmacia in una zone isolata e non redditizia, ma anche alle difficoltà economiche dello stesso titolare, che potrebbe non essere in grado di retribuire un farmacista direttore perché si tratta, con ogni evidenza, di farmacie a basso reddito. Quella farmacia, quindi, sarebbe per legge costretta a chiudere, lasciando la popolazione completamente sfornita di servizio farmaceutico. Abbiamo stimato che ad essere colpiti, nel giro di pochi giorni, potrebbero essere più di un milione di cittadini, a cominciare da tutti coloro che risiedono in migliaia di piccoli Comuni di Italia.

L’auspicio è che lo sciopero richiami l’attenzione della popolazione su questi rischi?
Ci auguriamo che richiami l’attenzione del ministro della Salute, dei politici e dei cittadini tutti. Ci hanno spesso accusato di essere una lobby che difende i propri privilegi, ma non è così. Il sistema farmaceutico forse ha bisogno di essere ammodernato, ma i farmacisti hanno già dimostrato di volere essere fautori di questa evoluzione, come nel caso della farmacia dei servizi, nella quale crediamo fortemente. Abbiamo chiesto anche di rinnovare la convenzione per creare nuove opportunità di lavoro. Ma ci ribelliamo a riforme che sfaldano il sistema e vogliono rottamare i farmacisti.

Nessuna battaglia di lobby, ma difesa dei diritti, quindi.
Difendiamo la nostra professione, e anche il cittadino, perché i diritti dei farmacisti e quelli della popolazione sono strettamente connessi. Federfarma condivide ogni logica che sia finalizzata a migliorare il servizio, e l’abbiamo dimostrato in questi mesi. Ma diciamo no alle norme e alle interpretazioni punitive, come quelle contenute nella nota interpretativa del ministero. Un’interpretazione che potrebbe incidere, in maniera penalizzante, su moltissimi farmacisti, che il sindacato ha il dovere di difendere. I farmacisti, ripeto, sarebbero l’unica categoria ad essere rottamata a 65 anni, un’età in cui si è ancora pienamente attivi e capaci di dirigere la propria farmacia.

Quindi non protestate contro il decreto Liberalizzazioni, ma contro l’interpretazione del ministero?
Federfarma non protesta contro l’ammodernamento del servizio farmaceutico e del Paese. Né protestiamo per la scelta di aprire più farmacie. Stiamo protestando per un’interpretazione ministeriale che va a stravolgere e ad appesantire gli effetti di alcuni commi dell’art. 11, in particolare il comma 17. L’interpretazione del ministero ignora tutte le letture elaborate da Camera e Senato e dai loro Servizi Studi. Ignora, in pratica, il Parlamento e le interpretazioni sulle basi del quale le Camere hanno approvato il decreto.

Sul comma 17 avete sollecitato sia l’attenzione del presidente della Repubblica che quella delle Regioni, giusto?
Abbiamo sottolineato alle Regioni il fatto che la lettura effettuata dall’Ufficio Legislativo del ministero della Salute è per noi errata e illegittima. Ci auguriamo che le Regioni comprendano le nostre ragioni e diano un’applicazione corretta della normativa. D’altra parte le conseguenze che ne deriverebbero rappresenterebbero anche un problema per le Regioni, che devono garantire il servizio.

Secondo il documento del ministero il decreto Liberalizzazioni stabilirebbe anche l’abolizione della pianta organica. È così?
No. Si tratta anche in questo caso di un’interpretazione errata e divergente rispetto a quella del Parlamento. Sembra, peraltro, che non ci si renda conto del danno che ne deriverebbe. Senza pianta organica, le zone periferiche e meno redditizie rischierebbero di rimanere completamente sfornite del servizio farmaceutico.

Vincerebbe la logica commerciale…
Contro la quale io ho intenzione di lottare ancora. Il servizio farmaceutico rappresenta un valore fondamentale, che deve essere basato sui principi della tutela della salute e dei maggiori servizi possibili su tutto il territorio. Una logica sanitaria, insomma, non certo una logica commerciale. E voglio sperare che il Paese intero sia ancora guidato da questo valore.

Avete espresso le vostre preoccupazioni al ministro della Salute?
Abbiamo chiesto al ministro Balduzzi un incontro su queste criticità, ma non ci è stato concesso. Ci siamo invece visti recapitare questa interpretazione, che ha acuito i nostri timori.
 
L’articolo 11, comunque, non è piaciuto alle farmacie fin dalla sua emanazione da parte del Consiglio dei Ministri. Qual è l’opinione di Federfarma sul testo definitivo approvato dal Parlamento?
Il provvedimento è stato profondamente modificato dal Senato rispetto alla sua formulazione originaria. Questo è anche una dimostrazione di quanto sia stato difficile e duro il confronto sul decreto nel corso di tutto il suo iter. Federfarma sperava che questo riordino, perché di riordino stiamo parlando, fosse fatto in modo più approfondito e con i tempi necessari, piuttosto che in poche settimane così come poi avvenuto. Purtroppo le numerose modifiche apportate non sono riuscite a risolvere il problema delle parafarmacie. Ci proccupa molto anche la liberalizzazione degli orari, che mettono a rischio i turni di notte, che rappresentano invece un servizio importante per il cittadino. E ci preoccupano le difficoltà che le farmacie avranno di fronte all’aumento del numero di esercizi in una situazione di costante decremento del fatturato. Ci chiediamo, inoltre, se la liberalizzazione del prezzo porterà davvero vantaggi al cittadino. Sinceramente ho dei dubbi: ho visto cosa è accaduto con la liberalizzazione del prezzo della benzina e non mi sembra proprio che sia diminuito.
 
Lucia Conti



   
 


23 marzo 2012
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